KISS, KISS: FLASHBACK

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La classe di inglese è piccola, ci saranno più o meno 15 banchi; il mio posto è sempre libero: nella prima fila a sinistra, contro la parete con le finestre e i caloriferi.
Sospiro e preparo il banco per la lezione: una penna con un pezzo di carta e il pesante libro di grammatica.
Poi mi incanto nei miei pensieri.
Questa è stata la coppia di banchi dove io e Abigail siamo rimasti seduti per un mese.
Dove ho conosciuto delle particolarità del suo carattere agghiaccianti e al contempo eccitanti.
La psicologa mi dice di non perdermi nei pensieri che la riguardano, ma non me ne frega niente.
Perchè ai miei pensieri voglio bene e stanno perfettamente nella mia mente come lei ed io vogliamo.
Penso, rifletto, ricordo.
È un sabato mattina di Novembre come tutti gli altri solo che c'è il sole e fa abbastanza caldo.
Le finestre dell'aula di matematica filtrano la luce in modo eccessivo dato che non è consentito abbassare le taparelle, altrimenti si rompono.
Questa luce si irradia fra i suoi capelli rendendoli biondissimi e mi consente di studiare ogni suo riccio, di studiare il suo sguardo assorto che rivolge alla lavagna.
È persa nei suoi pensieri proprio come lo sono io.
I suoi occhioni, di solito marroni come la nutella, vengono travolti dalla luce del sole calda e splendente...così risaltano le screziature verdi ereditate dalla madre.
Li osservo, li studio: sono brillanti, ma vacui, non riesco ad intercettare il suo pensiero.
Di solito sono palesemente decifrabili, quando la guardo capisco ogni cosa del suo umore, ma oggi no.
Oggi sono diversi.
Sono pianeti in cui entri per caso ed esci in punta di piedi.
La sedia sembra diventare bollente e mi muovo a disagio su di essa.
È una bellissima giornata....

Le lezioni finiscono e torno in camera senza aver ottenuto nulla se non i compiti di matematica.
Sbuffo e riordino gli appunti sulla scrivania, poi prendo il telefono e fisso per un quarto d'ora la sua chat.
Le scrivo o no?
Fanculo, si.
Apro WhatsApp e digito le parole che mi fremono impazienti fra le dita:
'Ci vediamo al parco oggi? Alle 3?'.
L'ansia mi attanaglia lo stomaco, sospiro e guardo la schermata di blocco.
'Certoooo'
Mi ha risposto.
Niente paura Andrew, andrà tutto bene.
Mi alzo e guardo l'ora, sono le due.
L'ansia aumenta e vado a farmi una doccia.
L'acqua scorre fredda e senza sosta sul mio corpo mentre resto sotto il getto per 10 minuti a pensare.
Penso a quanto ci tengo a questa situazione, a questa situazione di stallo per la quale non so decidere e sbilanciarmi al momento giusto, nel modo giusto.
Sussulto al pensiero del mio cuore che trema, pulsa come non mai nella gabbia toracica, scaldandomi il petto immobile accarezzato dall'acqua gelida.
Neanche una goccia di vapore si insinua nella piccola cabina della doccia, solo qualche nuvoletta tremolante dei miei respiri riesce a condensarsi in tempo per poi confondersi immediatamente con l'acqua.
L'altro giorno....con Arianne parlavo di 'Philofobia' riguardo alla mia esitazione persistente in questo periodo.
Si. Ho paura ad innamorarmi.
Ho paura dei suoi pensieri.
Delle sue azioni e dei suoi atteggiamenti.
Non so come comportarmi.
Ho paura di lei, del mio amore che ogni giorno si intensifica a tal punto da diventare quasi pericoloso.
Geloso.
Possessivo.
E allo stesso tempo impaurito e frenato da quel qualcosa di più grande di me.
Qualcosa che è stato creato incondizionatamente da Dio: sempre e solo l'amore.
Che parola armoniosa pensata e stretta fra i denti.
"Mi sono innamorato" mormoro guardandomi i piedi ormai simili a delle prugne secche.
Quanto tempo è passato?
Esco dalla cabina dopo aver spento l'acqua e vengo avvolto dal terpore familiare e rassicurante dell'asciugamano che mi sono avvolto sulle spalle e che, di conseguenza, ha circondato tutto il mio corpo.
Blu notte, morbido e di spugna mi tiene compagnia nel bagno freddo e desolato.

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