Capitolo VIII

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Erano entrati in auto nel silenzio più assoluto.
Una certa tensione riscaldava l'aria: Simon era pensieroso, non destava neppure lo sguardo alla donna che al contrario, lo fissava da capo a piedi.
«E lui chi sarebbe?» il barista da quella affermazione ne era piuttosto infastidito, era introverso e odiava essere notato.
«Sono Simon, Simon Pearson» Natalie gli aveva sorriso dolcemente ma egli le aveva immediatamente volto le spalle.
«Dunque, di cosa hai bisogno in cambio del tuo aiuto?» aveva detto Mike tra una manovra e un'altra.
«Potrei chiedere dei soldi, una casa, una vita normale nel cuore di Float Hall come voi mi avete proposto, ebbene no, io vi chiedo semplicemente di rendermi partecipe alle indagini, niente più niente meno»
Anastasia continuava ad essere sospettosa, non riusciva a capire il motivo per qui quella donna fosse tanto strana; chi non avrebbe accettato del denaro?
Natalie era così legata indissolubilmente a Jamie che non faceva altro che attaccarsi a ciò che era rimasto di lui in questa dimensione materiale e immorale.
Infatti, Mike aveva notato dallo specchietto retrovisore lo sguardo sempre abbassato della donna, e curioso le aveva chiesto: «A cosa va tutta questa attenzione?»
«La sua foto...perché lo hanno ucciso?Perché?» aveva iniziato a piangere dando la vecchia e rovinata immagine ad Anastasia che la osservava con sguardo impassibile.

perché lo hanno ucciso?Perché?» aveva iniziato a piangere dando la vecchia e rovinata immagine ad Anastasia che la osservava con sguardo impassibile

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Era lui.
Lui era il temibile Jamie McCartney.
«È l'unica cosa rimasta di mio marito, mi hanno portato via qualsiasi cosa che me lo ricordasse...»
Quelle parole avevano fatto rabbrividire tutti nella vettura.
Natalie soffriva, era vuota, il suo cuore era stato clinicamente asportato e frantumato in mille pezzi.
I suoi occhi non brillavano, erano spenti, opachi.
Viveva per abitudine, senza una ragione; vi era solo Amaro Dolore.
Quest'ultimo era ciò che ognuno in quell'attimo di soli singhiozzi, era in grado di percepire.
Il viaggio proseguiva così, nella tortura e nello strazio causate dalla perdita di qualcuno.
Erano arrivati dopo circa mezz'ora fuori alla situazione di polizia.
Da quella massa deforme, Logan Climber era riuscito a riorganizzare degli ordinati schieramenti di volontari.
Aveva creato la lista di sei gruppi composti ognuno da 20 volontari.
«Eccovi» aveva detto Logan vedendoli arrivare a passo veloce.
«Anastasia e Mike siete nel Gruppo D, chi è lei?»
«Un'altra volontaria, puoi inserirla?» aveva aggiunto all'unisono.
«Questa volta chiuderò un occhio.
Ora, VOLONTARI, da adesso in poi niente cambi di programma e niente scherzi.
Qui si tratta della più grande operazione investigativa del paese, e io sono fiero di voi.
La morte di Tania, causata da una profonda ferita da oggetto contundente nel petto, è solo l'inizio della fine.
Insieme potremo salvare il resto degli ostaggi che stanno implorando il nostro aiuto.
Liberiamo Golden Lake!» quel discorso aveva fatto venire i brividi ad Anastasia, era arrivato quel momento.
Adrenalina a mille, voglia di scoperta e di vendetta.
Curiosità e bramosia di trovare il tassello mancante.
«Liberiamo Golden Lake!» si era alzato un grido di guerra, erano tutti pronti per la battaglia.
Natalie aveva baciato la foto di suo marito e l'aveva riposta nella tasca del cappotto, sperando invano, nel suo aiuto.
Una volta distribuite le attrezzature tutto poteva avere inizio, ma in quel caso solo l'indomani sarebbero potuti partire.
«Qualche domanda? Potete rispondere per alzata di mano.» aveva richiamato l'attenzione di tutti un uomo in divisa.
«E il montepremi?» si era levata al cielo la prima mano.
«I migliori del gruppo A,B,C,D,E ed F saranno sorteggiati e di conseguenza il vincitore riceverà i 250,000$»
«In base a cosa si diventa "il migliore" del proprio gruppo?» se ne alza un'altra.
«In base alle proprie capacità di controllo ed autocontrollo, saper mantenere la calma è uno dei principali requisiti»
Tutto sembrava essere ben organizzato, tutti sembravano essere sicuri al cento per cento senza alcun timore.
Si erano congedati e mano mano quello spazio era ritornato deserto come di consueto.
Anastasia aveva invitato Natalie a casa sua, non aveva molto spazio ma era certa di fare qualcosa di buono per la propria coscienza.
Una volta arrivati lì, aveva preparato la cena ed il divano letto, Natalie aveva sussurrato un "grazie" per poi rimanere in silenzio tutta la serata.
Simon e Mike s'erano accertati che tutto fosse apposto prima di salutare ed andarsene, così la serata era passata velocemente e, con una certa preoccupazione, s'erano messi a letto.

Il giorno seguente, 5:00 A.M

Con uno zaino pesantissimo in spalla, Mike, Natalie ed Anastasia s'erano dati appuntamento al bar Gjimo per un caffè.
«Buona fortuna ragazzi, confido in voi» aveva detto Simon mentre serviva loro la colazione.
Anastasia lo guardava, lo vedeva più triste e diverso dal solito.
«Simon» -lo aveva chiamato in disparte- «Cosa ti succede?»
«Sono preoccupato, io ti amo e non posso minimamente pensare che tu possa ferirti o che possa succederti qualcosa» l'aveva baciata per poi stringerla in un forte abbraccio.
Si erano guardati a lungo, quasi con le lacrime agli occhi, disperati.
Era come aprire un vaso di Pandora, essere curiosi senza sapere cosa esso in realtà contenga.
Mike era piuttosto silenzioso in quel momento, era nervoso e tentava a tutti i costi di sembrare il più sicuro della situazione.
«Allora cosa stiamo aspettando?» aveva sospirato gesticolando insistentemente, si sentiva imbarazzato e piuttosto ingelosito da ciò che aveva appena visto fra i due piccioncini.
«Sei tu l'unico che sta ancora mangiando qui» aveva detto Natalie sorridendo.
«Ora non più» aveva lasciato il conto e la mancia sul bancone per poi andarsene senza salutare.

«Ora non più» aveva lasciato il conto e la mancia sul bancone per poi andarsene senza salutare

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