Capitolo IX

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Simon aveva stretto ancora per un po' Anastasia che, una volta liberatasi dalle sue braccia, era corsa via verso l'uscita seguita da Natalie.
«Cosa ti succede Mike?» aveva detto col fiatone, una volta averlo raggiunto al parcheggio.
«Non ne voglio parlare ok? È arrivato il grande giorno e non vorrei distrarmi con le tue ulteriori stronzate» l'aveva ammutolita.
Nonostante ciò, il solo pensiero che quel giorno sarebbero finiti i suoi tormenti, la rendevano ancor più menefreghista.
La vita di Anastasia era una complessa ricetta i cui ingredienti erano: un'abbondante dose di ingiustizie che erano riuscite quasi del tutto a consumarla, tanto che sembrava quasi che potesse crollare da un momento all'altro.
In bilico fra la felicità, la depressione e la serenità, aveva imparato così l'arte del silenzio,
il cui unico scopo era rendere il dolore un qualcosa di astratto.
A quel punto, i gruppi s'erano riuniti.
Gruppo D nell'apposito mezzo di trasporto: una sorta di furgoncino nero blindato dai finestrini oscurati, aria pesante e pura adrenalina.
Tutti erano stretti come sardine in quel piccolo abitacolo occupato già buona parte dalle attrezzature necessarie alla sopravvivenza.
Mike non faceva altro che fissare un punto indefinito dinanzi a sé, senza badare al vociare confuso che lo circondava e i tanti occhi che lo fissavano.
Natalie era quasi in lacrime, tentava di trattenersi, ma i singhiozzi aumentavano sempre più e nel frattempo, Anastasia tentava invano di consolarla.
«Che ha la tua amica?» aveva indicato un uomo accanto a loro mentre masticava rudemente un chewing gum.
«Piacere Alvin, Alvin Kelley» aveva sorriso.
Alvin a primo impatto pareva un tipo malandato, sciatto.
Indossava una canottiera bianca sporca di terreno, un cappotto di pelle nera con dei pantaloni bucati ed il suo viso, era coperto da una barba non curata e dei capelli disordinati e crespi; insomma pareva provenire da uno dei peggiori ghetti di Float Hall.
L'unica cosa certa era che con il suo fisico portante, era riuscito a superare le selezioni senza alcun problema.
Pareva un tipo alla mano, simpatico e dal grande carisma.
In effetti era così anche se negli occhi, non vi era più un briciolo di luce.
Alvin Kelley aveva dedicato la sua vita all'esercito, al servizio per il suo paese, rinunciando ad una famiglia, alla sua famiglia.
Aveva venduto la sua anima alle armi, alla violenza.
Per quanto possa essere infelice una vita del genere, le sue capacità da soldato lo rendevano uno, se non il migliore, del gruppo D.
«Siamo arrivati» una voce aveva fatto tornare il silenzio all'interno del furgoncino.
Ognuno aveva iniziato a caricare sulle proprie spalle lo zaino, per poi recarsi
all'esterno.
«Cavolo» aveva sospirato Anastasia stupita.
Dinanzi a lei vi era il paradiso, un luogo meraviglioso quanto angusto.
Una foresta verdeggiante e tranquilla, solo pura natura.
Quando il rumore dei motori era cessato, si poteva udire il suono del vento che soffiava tra i rami, componendo così, una melodiosa armonia; mentre il sole, filtrava la sua luce tra quella fitta barriera che teneva al fresco i volontari impazienti.
Avevano iniziato silenziosamente a camminare, ad esplorare, a guardarsi intorno.
Erano appena entrati nel Nist Grove: la foresta più estesa di Middlewere.
Proseguendo lungo quei sentieri, Anastasia e gli altri avrebbero raggiunto finalmente la villa di Golden Lake posta sull'omonimo lago.
In quel momento a parlare era solo la natura perché nessuno riusciva a proferire parola dal terrore.
«Prendete le vostre ricetrasmittenti e collegatele alla rispettiva frequenza, così sarete in contatto con il vostro gruppo» aveva urlato Logan richiamando l'attenzione su di lui.
Anastasia con mani tremolanti aveva impostato il canale in fretta e furia.
Il cammino così poteva iniziare.
In fila indiana, proseguiva il percorso lungo la stradina ricoperta di ramoscelli secchi che si spezzavano al contatto con la suola di chi li caplestava.
Si guardavano intorno tentando in tutti i modi di trovare indizi tra la spazzatura e la polvere.
Anastasia aveva iniziato a rovistare in una busta trovata sotto un albero e rifletteva su quanto la sua vita nel giro di un mese fosse cambiata così tanto.
Pensava a quante persone fossero entrate senza il suo permesso nella sua vita, senza alcun preavviso.
E nel frattempo, continuava a pensare su quanto il passare del tempo fosse impercettibile.
Tra una riflessione e un'altra, Anastasia non aveva trovato nulla nella bustina bianca, se non vecchie bottiglie di birra.
Da quelle prime ricerche il gruppo D pareva svantaggiato perché nessuno era in grado di trovare qualcosa che potesse servire realmente durante l'indagine.
Il gruppo B aveva trovato già ottimi indizi, si vociferava infatti che forse il vincitore del montepremi fosse tra di loro.
Ma nonostante ciò tra Mike, Anastasia e Natalie, Natalie era l'unica con una fiamma che ardeva costantemente dentro: la speranza.
Era sempre stata considerata una pazza, una povera illusa, una donna in grado di amare un assassino.
Più lo odiavano più lei lo amava, più dicevano che fosse colpevole più quest'ultima lo difendeva.
Un amore malato, senza barriere, riusciva addirittura a superare un ostacolo abissale come la morte.
Natalie conosceva i segreti più oscuri di suo marito, i suoi veri pensieri, i suoi reati rimanendo però in silenzio, come se qualcuno la stesse minacciando di tenere la bocca chiusa.
Lei era l'unica che non demordeva, doveva venire a capo di quelle terribili sofferenze.
E mentre camminava tranquilla distaccata dal suo gruppo, un tonfo sotto i suoi piedi l'aveva fatta rabbrividire: una botola.
L'aveva ripulita dalle foglie e dalla terra rivelandone il contenuto: una piccola scatola di alluminio con inciso sopra "Salvate SM e DDS".
«Ho trovato qualcosa!» aveva detto richiamando il gruppo a sé.
Tutti avevano iniziato a correre verso di lei posizionandosi intorno, cercando di capire al meglio di cosa si trattasse.
Natalie lentamente con un coltellino aveva aperto la scatola per poi scoppiare in un mare di lacrime:«Jamie!».

Natalie lentamente con un coltellino aveva aperto la scatola per poi scoppiare in un mare di lacrime:«Jamie!»

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