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In tutte le specie animali, tra cui l'uomo, spostarsi è sempre stato indispensabile, per procurarsi il cibo e sfuggire ai pericoli.
Questi spostamenti hanno, tra l'altro, una funzione genetica: infatti, l'introduzione di individui provenienti da luoghi lontani, e dunque non collegati consanguineamente con le popolazioni locali, serve ad inserire geni diversi, aumentando la varietà e diminuendo notevolmente la possibilità di malattie genetiche.
Anche la diffusione dei nostri antenati nella zona eurasiatica è stata una migrazione, che ha permesso alla specie umana di diffondersi e plasmarsi a seconda del territorio in cui si è sviluppata. I fenomeni migratori hanno trasformato le terre e i continenti e la composizione biologica, etnica e linguistica dei loro abitanti.Negli ultimi 400 anni, le grandi ondate migratorie sono state principalmente operate dai caucasici, ma altre popolazioni vi hanno contribuito ed esistono documenti antichi che certificano migrazioni di interi popoli.
Le basi biologiche di questo spirito migratorio sono presenti in tutte le specie animali e sono legate, a livello individuale, alla ricerca del partner o di mezzi di sussistenza, a livello collettivo, alla ricerca di migliori fonti alimentari e di condizioni climatiche ideali.
Nell'uomo, i movimenti migratori possono anche essere il risultato di pressioni, motivate da differenze economiche fra popoli. Le tendenze migratorie di una popolazione possono essere stimolate quando le risorse disponibili sul territorio sono state ridotte a causa di disastri climatici o di altre calamità. Un altro importante fattore scatenante é l'eccessiva crescita della popolazione.
E' possibile classificare i flussi migratori in quattro categorie:· I movimenti migratori tribali e la conquista di nuovi territori;
questo processo in epoche attuali ha la sua continuità nelle occupazioni militari e nella colonizzazione· Il trasferimento forzato di popolazioni, inclusa l'acquisizione di prigionieri, la traslazione di schiavi e l'espulsione di minoranze per ragioni politiche o religiose
· la migrazione di persone per contratti di lavoro ottenuti all'estero o per accordi prefissati
· Il libero spostamento di individui. Il termine di migrazione viene generalmente riferito al libero movimento di individui, ma gli altri tipi di movimento stati forze altrettanto importanti nel determinare la distribuzione attuale delle popolazioni umane sul Globo."
Se quella economica è ed è stata la causa primaria dei movimenti migratori, di certo non è l'unica: guerre, conflitti sociali, intolleranza religiosa hanno provocato nei secoli spostamenti di massa. Dalla diaspora del popolo ebraico, causata dalla conquista romana della Palestina, fino al recente genocidio dei curdi, la storia del genere umano è sempre stata segnata da questi, spesso dolorosi, spostamenti collettivi.
Risalendo alla preistoria, nell' era quaternaria, con la fine delle glaciazioni, si recarono in Europa nutriti gruppi provenienti da Asia e Africa. Nel II millennio a. C. i due fenomeni migratori più importanti sono legati a due gruppi etnici: i semiti e gli indoeuropei. I primi, provenienti forse dalla Penisola Arabica, penetrarono in Mesopotamia sottomettendo le popolazioni sumeriche. Da allora in poi, l' elemento semita fu quello prevalente in Oriente, influenzando le lingue di quell'area. Gli Indoeuropei provenienti dal nord-est europeo si sovrapposero e si mescolarono alle popolazioni indigene dell'Europa centrale e meridionale, dando origine a grandi civiltà come quella greca.
Il crollo, nel 476 d. C, dell'Impero Romano d'Occidente, fu preceduto da quasi quattro secoli di consistenti migrazioni dal nord Europa, che presero il nome di "Prime invasioni barbariche" a causa delle scorrerie perpetrate da questi.I "barbari", letteralmente "balbuzienti", erano molto meno colti, nel senso comune del termine, perciò non apportarono grandi arricchimenti alla società dell'epoca, ma con l'enorme fermento che crearono la privarono della ridondante autocelebrazione che caratterizzava l'operato romano, fornendo il presupposto per il crollo dell'Impero e l'avvio dell'Europa verso il Medioevo.
Dal III all'VIII secolo, la Spagna e parte del Sud Italia subirono la "seconda invasione barbarica", da parte delle popolazioni provenienti dalla Penisola Arabica e, successivamente, dei normanni. Al contrario, questi popoli apportarono elementi significativi della propria cultura, di cui sono tuttora presenti numerosi esempi in tali territori.
Durante il Medioevo, i principali flussi migratori furono quelli che, dal Nord Europa e da diverse regioni asiatiche, si spinsero verso le terre centro-meridionali del continente, e che per alcuni secoli provocarono conflitti anche cruenti con le popolazioni locali.. Dalla seconda metà del secolo XIV i Turchi entrarono in Europa, riuscendo ad arrivare fino a Vienna prima di essere fermati dall'esercito polacco guidato da Giovanni III Sobieski.
La scoperta-conquista delle Americhe attivò un flusso continuo di immigrati dall'Europa, che crebbe di intensità a partire dal primo Ottocento. Si calcola che dal 1820 al 1914 circa 40 milioni di europei siano sbarcati negli Stati Uniti. Lo sviluppo industriale aveva portato al rapido declino della società rurale che per secoli era stata alla base del sistema sociale europeo. La diminuzione del tasso di mortalità e una tendenza al sovrappopolamento, la nuova offerta di lavoro nelle città industriali e la frantumazione del sistema socio-economico del villaggio rurale spinsero i contadini ad abbandonare la terra per avventurarsi nelle grandi città americane. In Irlanda una carestia dovuta ad un fungo nocivo alle patate (unico cibo per 1/3 della popolazione) causò la morte di più di 1.000.000 persone e ne spinse all'emigrazione verso il Nuovo Mondo circa un milione e mezzo. Le pesanti tasse e le violente persecuzioni contro i cattolici e i presbiteriani da parte del governo inglese indussero circa il 72% degli Irlandesi, nel periodo dal 1851 al 1901, ad emigrare. Negli ultimi anni dell'Ottocento, anche l'Italia fu coinvolta in questo flusso, tanto che circa 7 milioni di italiani lasciarono le regioni agricole del sud e del nord-est della Penisola per tentare la fortuna oltre oceano.
Nonostante la scarsità di dati e fonti attendibili per quanto riguarda gli impieghi svolti, si può stabilire con certezza dalle testimonianze che la maggioranza degli italiani che emigravano all'estero svolgessero lavori di manodopera poco qualificati. Di conseguenza, essi ebbero due alternative: dirigersi verso le grandi campagne del Sudamerica, Argentina e Brasile, dove non erano soggetti a discriminazioni razziali e trovavano un contesto sociale ed un clima molto simile a quello a cui erano abituati, sebbene più economicamente prospero, o contribuire alla creazione della classe proletaria nei quartieri più poveri delle grandi città statunitensi. Anche il Veneto contribuì massicciamente a questi fenomeni emigratori: dal nord-est italiano provenne infatti circa un terzo dell'emigrazione italiana di quegli anni. Nel solo periodo 1876/1901, secondo le stime ufficiali dell'epoca, lasciarono definitivamente la regione più di 400.000 persone, mentre 1.500.000 emigrarono temporaneamente: la regione subì uno spopolamento del 15%.
L'emigrazione riguardò in particolare le zone di pianura: emigrarono soprattutto i piccoli proprietari e coloro che pur essendo contadini non possedevano una proprietà. Il più delle volte, se ne andavano intere famiglie.
Le destinazioni preferite dai contadini veneti furono l'Argentina e il sud del Brasile, Paesi che necessitavano di manodopera da destinare alla coltivazione della terra.
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