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Nuovo giorno, nuove cose da scrivere sul blog.

Ci stavo prendendo la mano a fingermi scrittore ormai, ma più che altro avrei voluto vedere fin dove la presunzione di Park Jimin sarebbe arrivata.

Di cosa posso parlare oggi?

Avevo pensato, come se mi stessi veramente interessando a quello che stavo facendo, ma questo pensiero si sfocò dopo poco, ricordandomi quanto in realtà odiassi tenere questo blog.

'la musica è sempre stata una mia vecchia e cara amica, fin da piccolo è stata in grado di tenermi compagnia nelle mie giornate ricche di solitudine.

Prendevo lezioni di piano private, il mio maestro era severo e mi incuteva molto timore, aveva dei baffi grigi, il corpo slanciato ed alto, un portamento a dir poco regale.

Diceva che era stato il piano a renderlo così, diceva che suonare uno strumento è qualcosa capace di farti scoprire come funziona il tuo corpo e di modificarlo.

La leggiadria con cui attuava la pressione sui tasti se l'era portata appresso anche nelle cose quotidiane, perfino quando mia madre gli porgeva del caffè, lui premeva sul manico della tazzina come fosse un la minore.

Mi diceva sempre di esercitarmi e arrivai ad un punto delle mie giornate in cui passavo otto ore attaccato a quel pianoforte marrone.

Per me non era una sofferenza o una costrizione, mi sentivo libero, libero di lasciare che il mio corpo si muovesse senza troppi disagi e pensieri, io che lo avevo sempre odiato, dalla forma del mio mignolo al mio braccio troppo sottile, mi sentivo bene, mi sentivo quasi bello a stare a contatto con quell'oggetto.

Ci si può innamorare di un qualcosa di inanimato?
Rispondo io a questa stessa domanda, sì.
Avrei dato la mia vita per quel pianoforte, mi sarei fatto ammazzare se solo esso avesse potuto parlare e chiedermelo.

Era diventato un rapporto viscerale, stava ruotando tutto attorno a lui, quando mangiavo, con la mano sinistra mi picchiettavo sulla gamba i movimenti delle scale che avrei dovuto fare per esercitarmi.

Mentre porgevo la mano fuori dal finestrino, travolta dal vento fresco, muovevo le dita nell'aria sentendo nella mia testa la precisa melodia.

Era tutto meraviglioso vicino a quel pianoforte, come se esso inondasse di luce qualsiasi cosa lo toccasse, io mi sentivo luce, mi sentivo vita.

Dopo aver letto la mia stessa descrizione sentii una strana sensazione, come se qualcosa di bagnato mi volesse uscire dagli occhi, non lo fece anche se io non mi trattenni e mi accontentai comunque.

Fino ad allora non mi ero mai ricordato di quanto la musica fosse stata importante nella mia vita, avevo guardato assente il mio pianoforte, che mi ero prontamente portato nel nuovo appartameto, per molto tempo, senza mai toccarlo, solo perché era una specie di faro nella mia vita, come qualcosa di stabile e sicuro che mi faceva sentire protetto.

Ma non mi ero mai azzardato a toccarlo con mano, nonostante sapessi di non aver scordato niente.
Semplicemente non avevo la forza, avvicinandomi mi sentivo debole, come se quella luce che amavo ora mi facesse male, come quando ti svegli da un lungo sonno e quel sole ti fa bruciare gli occhi.

Probabilmente era l'unica cosa sentita che avessi mai scritto su quel fottuto blog, non avevo nemmeno più minimamente pensato alla risposta improbabile di Park Jimin.

E mi sorprendevo di me stesso, di aver scritto una cosa così intima della mia vita su internet, un covo di gente affamata di notizie.

Ma lo pubblicai comunque, infondo aveva ragione quel Park, ci siamo solo io e lui ad aprire questo blog.

Raccontami delle tue giornate grigieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora