Capitolo 4

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Cami
Non ho nient'altro da dire se non «Che palle!». Come si può parlare tutta la sera di macchine e motori? Okay, piacciono anche a me, ma ho come l'impressione che Kevin mi abbia scambiata per il suo amico meccanico. Per questo, mentre lui sta snocciolando il suo discorso a senso unico, ho persino il tempo di farmi una partita a Jetpack Joyride e superare il mio record personale. Non si cura nemmeno se lo sto ascoltando oppure no. Quello che gli importa è parlare, parlare e ancora parlare!
Forse ho sbagliato a non dare retta a Elia, quando mi ha detto che questo appuntamento si sarebbe rivelato una vera noia. Kevin mi ha portato in un bar e si sta scolando una birra dopo l'altra e a me non rimane che trangugiare il mio banale thè al limone. Mi sono accorta troppo tardi che il mio documento falso non era al suo posto e a tal proposito dovrò fare quattro chiacchiere con mio fratello, dicendogli di non frugare più tra la mia roba. Comunque, il mio "accompagnatore" non si è nemmeno offerto di comprarmi un po' d'alcol o offrirmi un po' della sua birra.

Mentre continuo a giocare, il cellulare mi squilla tra le mani avvisandomi dell'arrivo di un sms di Haley.

TUTTO BENE?

SE PER "TUTTO BENE" INTENDI NON ESSERE MOLESTATA, SÌ, VA TUTTO BENE.. MA MI STO ANNOIANDO DA MORIRE

SE VUOI TI VENIAMO A PRENDERE

NON È NECESSARIO.. SE HO BISOGNO TI CHIAMO!

La conversazione si interrompe e vengono interrotti anche i miei pensieri quando la barista si avvicina al nostro tavolo.
Questa sera ho capito due cose: la prima, è che Kevin è un ottimo compagno di università. Andiamo d'accordo quando si tratta di lezioni, appunti e cose del genere. Credevo che fosse stato entusiasmante anche uscire insieme, ma si sta rivelando maledettamente noioso. E la seconda cosa che ho capito è che non ha nessun pudore nel provarci con qualcun'altra in mia presenza.

«Posso portarvi qualcos'altro?» chiede la barista.

«Sì, piccola. Va bene un'altra birra per me e un altro thè al limone per la mia amica» risponde Kevin per entrambi.

Anche il fatto che si prenda il libero arbitrio di ordinare per me mi urta. Bevo thè da due ore e l'unico pensiero è quello di andare a fare la pipì.

«No, io sono apposto così» intervengo.

Quando la barista si allontana, mi scuso con Kevin e vado in bagno a dare sollievo alla mia vescica.
Quando mi lavo le mani e mi osservo allo specchio, penso a quanto tempo ho perso a farmi carina per qualcuno che neanche mi ha guardata. Kevin non si è stupito del mio aspetto, nonostante mi abbia vista sempre e solo vestita con un abbigliamento sportivo. Almeno, non mi ha guardata come ha fatto Ethan quando è entrato a casa mia. In quel momento, giuro che mi sono sentita nuda. I suoi occhi erano come incollati al mio corpo e mi sono sentita tremendamente in imbarazzo. È stato strano, anche se è durato una frazione di secondo. Per fortuna, ho grandi capacità di dissimulazione, per cui mi è venuto facile uscirmene con una battuta delle mie e la risposta di Ethan è stata altrettanto deludente. Forse per lo sguardo assassino che gli ha lanciato mio fratello, o solamente perché era davvero disinteressato ad esprimere un parere.

Quando sto per tornare al tavolo, lo trovo vuoto e, quando sposto il mio sguardo verso il bancone, Kevin è lì che passa il suo cellulare alla barista mentre gli sorride con quel fare da Don Giovanni. Alzo gli occhi al cielo e li raggiungo, schiarendomi la voce per attirare l'attenzione del ragazzo che mi ha invitata a venire in questo bar.
Voglio scappare - letteralmente - perché mi sono veramente scocciata. Penso ad una scusa plausibile da inventare al momento, ma non mi viene in mente nulla di originale. Quindi, dico la prima cosa che mi passa per la testa.

«Mi sento poco bene, Kevin. Mi dispiace dovermene andare proprio adesso».

Non è vero, non mi dispiace per niente. La prima cosa di cui mi sono pentita questa sera è essere uscita, e la seconda non avere la mia moto a disposizione. Pensare di essere presa sotto casa, sembrava una cosa romantica, ma quando il tuo appuntamento va male e tu non vedi l'ora di andartene, è abbastanza snervante sapere che l'unico mezzo che hai a disposizione per scappare sono i tuoi piedi con tacco dieci.

«Okay, ti accompagno» si offre lui.

«No, faccio una passeggiata. Tu rimani pure qui, mi dispiace di averti rovinato la serata».

Kevin, di fronte alla mia proposta, non insiste più di tanto, così mi saluta velocemente e ritorna alla sua conversazione con la barista e io scendo in strada, diretta verso casa.

Faccio i primi metri e, non appena giro l'angolo, tiro fuori il cellulare e chiamo mio fratello. La cosa che mi stupisce di più è che non risponde, così provo nuovamente. Gli lascio cinque chiamate prima di chiamare Haley, ma entrambi i loro cellulari sembrano irraggiungibili.

«Chiamami se vuoi essere venuta a prendere. Maledetto Elia e le sue stupide promesse!» impreco a bassa voce, togliendomi le scarpe con rabbia e camminando a piedi scalzi.

Un passante mi osserva accigliato e scuote la testa. Sicuramente avrà pensato che sono pazza.
Continuo comunque a camminare e chiamare Elia. Tutto in questa serata sembra un vero fallimento, anche il fatto che sono uscita di casa senza cenare, aspettandomi che Kevin mi portasse a cena fuori. Invece, mi ritrovo alle undici di sera da sola per strada, con i piedi doloranti, la vescica piena - di nuovo - e lo stomaco che brontola.

Stanca di continuare a chiamare mio fratello, mi fermo nel primo McDonald's che incontro e ordino un menù McChicken grande con tanto di McNuggets a parte. Divoro tutto in meno di un quarto d'ora e, quando finisco, riprendo la mia camminata verso casa con in mano le scarpe e la mia Coca Cola gigante.

A metà strada mi fermo e sbuffo sonoramente. Mi siedo sul primo gradino che trovo e riprendo in mano il cellulare. Chiamo Ethan che risponde al primo squillo.

«Cami?» risponde.

«Ehi, spero di non averti svegliato. Si può sapere dove sono mio fratello e Haley? Sto provando a chiamarli da mezz'ora!» mi lamento.

«Sono in camera loro a fare...» inizia, ma lo interrompo prima che possa finire la frase.

«Che schifo, non dirmelo! Ascolta, sono in mezzo ad una strada, potresti dirgli di venirmi a prendere, per favore?».

«Non credo che sia una buona idea interromperli proprio adesso. E poi, perché sei in mezzo ad una strada?» chiede.

«Poi ti spiego, ma adesso ho bisogno che qualcuno mi venga a prendere».

«Sto arrivando. Dove sei esattamente?».

«Non lo so. Ti mando la posizione esatta» dico. «E, Ethan?».

«Sì, principessa?».

Perché mi sciolgo tutta quando mi attribuisce certi nomignoli?
Scaccio il pensiero e chiedo: «Prima che esci di casa ho bisogno che tu vada in camera mia e prendi un paio di calzini e le scarpe da ginnastica. Credi di potercela fare?» chiedo divertita.

«Ti stupiresti di sapere quante cose sono capace di fare».

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𝗙𝗼𝗿𝗴𝗶𝘃𝗲 𝗮𝗻𝗱 𝗙𝗼𝗿𝗴𝗲𝘁Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora