Epilogo

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Richmond,
un mese dopo.

Ethan
Osservo la lapide della mia madre biologica. È semplice e con il suo numero giusto di parole.

JOCELYN ANNE HOOK
Moglie devota e madre affettuosa
1972 - 2018

La foto la ritrae sorridente e posso riuscire a notare la nostra somiglianza. Aveva i capelli biondi, come i miei e i miei stessi occhi chiari. Era bella e Nicole sembra la sua versione giovane. I miei occhi sono concentrati su quel "madre affettuosa", che purtroppo non saprò mai, ma Nicole mi ha assicurato che lo è stata. Vorrei dirle mille cose, ma l'unica cosa che riesco a pensare è: «Sì, ti perdono». Ho capito i motivi per cui sono stato dato in affido e, vedendo la mia situazione attuale, non posso che ringraziare la mia madre biologica. Mi ha tolto da un destino quasi tragico e mi ha regalato una vita migliore. Forse l'ho sempre saputo che la fortuna è stata dalla mia parte. Ero un povero bambino solo che è riuscito a guadagnarsi l'affetto di due persone meravigliose. E nonostante fossi solo un bambino, mi ricordo ancora perfettamente quando mamma e papà passavano del tempo con me e gli altri bambini all'orfanotrofio. Credo che quelli siano i ricordi più belli che custodisco nel mio cuore.

«Sei pronto ad andare?» chiede Cami alle mie spalle.

Annuisco e mi asciugo gli occhi umidi poi, prendo le rose rosse che ho comprato per lei e li metto nel vaso lì accanto.

Quando raggiungo Cami, lei mi abbraccia e mi tiene stretto. Poi ci incamminiamo verso casa di Nicole.

Sapere di aver vissuto nella stessa città di mia madre mi fa un po' strano. Sono stato qui per anni e avremmo potuto incontrarci, avere un rapporto di qualsiasi genere, ma evidentemente il destino ha voluto altri progetti per noi. Ad oggi, sono contento di aver trovato una nuova famiglia. Il padre di Nicole, Rupert, è una persona meravigliosa. Sono contento che mia madre abbia trovato una persona come lui dopo l'uomo che mi ha messo al mondo. Anche il marito si Nicole, James si è dimostrato una brava persona. Credo che sia un bravo padre. A proposito, mia sorella ha partorito un paio di settimane fa una splendida bambina e l'ha chiamata Annabel, in memoria di nostra madre.

Nei giorni successivi Cami e io rientriamo a casa nostra. La mia quasi moglie era parecchio nervosa negli ultimi tempi e bastava una piccola discussione a farla crollare e piangere come una bambina.

Un giorno, stufo delle sue continue paranoie, sono stato parecchio duro con lei e quando le ho detto di essermi stancato, mi ha detto una frase - in lacrime - che mi ha fatto stringere il cuore.

«Mi fai sentire colpevole di non essere migliorata».

Lì mi sono sentito una stronzo, perché è vero che a volte Cami sa essere esasperante, ma mi rendo conto che devo essere io ad aiutarla a cambiare la nostra situazione per rendere la nostra vita migliore.

«Non volevo farti sentire in colpa, amore. È solo che se continuo a fare così, finiremo per rovinare ciò che abbiamo di bello».

«Io non voglio rovinarlo».

«E nemmeno io».

Da quel giorno in poi, le cose migliorarono visibilmente. Cami aveva represso la paura e stavamo da Dio. Lavoravamo, viaggiavamo e facevamo l'amore. Finché un giorno quello che mi disse mi sconvolse, letteralmente.

«Ethan, sono incinta».

Quello fu il giorno più bello e più brutto della mia vita. Ero felicissimo di avere un figlio da lei - dopotutto, era quello lo scopo della mia vita. Volevo una famiglia con Cami - ma tremavo dentro perché non sapevo da dove iniziare. In poco tempo, quella paura andava dissolvendosi, perché le cose migliori della vita si trovano proprio lì, oltre la paura. E oltre la mia paura ho trovato le cose migliori che la vita potesse offrirmi come una nuova famiglia, una moglie e infine un figlio.

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