Chapter 02.

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"Se avete notizie di Ross Lynch, vi chiediamo gentilmente di telefonare al numero qui sotto riportarto. È sparito sabato sera, dopo essere stato ad una festa e da allora non si hanno più sue notizie. La sua famiglia è molto preoccupata.
La polizia è ancora impegnata nelle ricerche e si..."
"Smettila di osservare quel programma." Disse Bert, sorseggiando del té, da un'orrenda tazzina da caffè rosa, con delle margherite sopra.
"Voglio sapere perché continui a fingere di bere del té, se sai che non lo puoi fare." Non lo degnai di uno sguardo, poiché ero troppo occupato a fissare l'ologramma davanti a me.
La reporter parlava alla videocamera, con in mano un microfono. Si trovava davanti al vialetto di casa mia, mentre mia madre piangeva disperata sullo sfondo, abbracciando mio padre.
"Signora Lynch, vorrebbe dire qualcosa?" Lei scosse la testa, coprendosi gli occhi, ma le lacrime erano chiarissime comunque. Mia sorella afferrò il microfono dalle mani della donna e si schiarì la voce, pronta a parlare. "Non so cosa sia successo a mio fratello. Se lo abbiano rapito, se gli sia successo qualcosa e se si sia allontanato di sua iniziativa. Se dovesse essere l'ultimo dei casi... Ross, torna a casa... ti prego... ci manchi e s-siamo preoccupati..." La voce di mia sorella mi sembrò quella di un'altra persona. Era roca e sul punto di spezzarsi, a causa delle lacrime che faticava a trattenere. I suoi occhi gioiosi e vispi erano lucidi e pieni di dolore. Sentii come una sensazione di rammarico, ma non ne fui certo.
La morte faceva schifo. Mi aveva portato via tutto. La mia famiglia, la mia casa e, per quanto ridicolo fosse, anche le mie abitudini. Non potevo mangiare niente, non potevo bere. Non sentivo gli odori e non sentivo più l'aria dentro i polmoni. Respiravo di tanto in tanto; ma era diverso da quando ero vivo. Perché sì, ero morto. L'auto che mi aveva investito mi aveva anche ucciso. Ora ero semplicemente un morto bloccato nel mondo dei vivi.

Lanciai un'occhiata a Bert, che stava sfogliando un giornale, datato 1944. Le pagine erano gialle e l'inchiostro era quasi del tutto rovinato.
"Non hai niente altro da leggere?" Gli chiesi, inarcando un sopracciglio.
L'uomo ricambiò il mio gesto, senza rispondermi. Sbuffai, annoiato.

Mi riguardai il servizio del telegiornale, per almeno altre tre volte. Sarei voluto tornare a casa mia. Avrei voluto abbracciare mia madre.
Avrei voluto abbracciare i miei genitori, almeno per un'ultima volta. Sarei voluto morire, con la consapevolezza che i miei genitori mi avessero stretto fra le loro braccia, un'ultima volta.
Invece ero morto in una strada desolata, sotto la pioggia, mentre la mia famiglia mi cercava, disperata. Ero morto senza neanche poter vedere la mia famiglia un'ultima volta.
Se solo avessi preso le chiavi di casa.
Se solo non fossi andato al bagno di quel piano.
Ero morto a causa di alcuni istanti. Se avessi camminato più velocemente. Se la macchina mi avesse visto un istante prima.

Sentii il bisogno di piangere, poiché la tristezza che aleggiava intorno a me e dentro la mia testa era quasi insopportabile. Ma le lacrime non uscirono dai miei occhi, li sentii solamente bruciare. Odiai anche questo. Non potevo piangere. La morte non me lo permetteva.

"Ragazzo, non serve a niente continuare ad infliggerti tutto questo dolore." Bert posò la tazzina su un piattino da caffè abbinato e poggiò la mano sulla mia spalla, stringendola appena, affettuosamente. Mossi appena la testa, per evitare di incontrare il suo sguardo.
"Come ci riesci?" Gli domandai, chiudendo gli occhi.
"A fare che?"
"Ad andare avanti così. Siamo solo delle anime intrappolate su questo pianeta, che non ci appartiene neanche più."
Lui sorrise, alzando solo il lato sinistro delle labbra. "Io ci sono abituato, ragazzo."
"Ma io non voglio abituarmici." Risposi, sospirando pesantemente. O almeno, credetti di aver sospirato, poiché mi sembrò di non aver espirato neanche un minimo d'aria.
"C'è un modo per non fartici abituare, ma devo chiedere il permesso al consiglio degli anziani." Disse lui, abbassando il braccio.
"Fai quello che devi. Io non so che fare."
Bert si alzò, ripiegando il suo giornale. Prese la tazzina vuota ed il piattino e li mise nella tasca interna del suo gilet nero. Si incamminò lungo il sentiero del grande giardino, nel quale ci trovavamo, con il giornale sotto braccio.
Lo osservai andarsene, senza muovermi. Rimasi seduto sulla sedia di ferro, picchiettando le unghie contro il tavolino davanti a me.

Another Chance || A Raura Fanfic.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora