Chapter 23.

211 29 5
                                    

Ci sono degli istanti nella nostra vita che ci distruggono. Quando per sbaglio leggi qualcosa che avevi sempre cercato di evitare, quando vedi qualcosa che non ti saresti mai aspettato di vedere, ma ormai l'hai fatto, ormai quella cosa è lì, nascosta in un angolo della tua mente e non la puoi cambiare. Allora cosa fai quando non puoi cambiare qualcosa che ti ha sconvolto in peggio? Cerchi di dimenticarla. Cerchi di fingere che essa non sia mai esistita. La seppellisci nel profondo, sperando che altre cose la sovrastino.
Ma più cerchi di dimenticare, più ricordi.

La mia camera era diventata uno studio, nel quale erano stipati molti libri ed altrettanti plichi di fogli.
Fissai la stanza, in preda alla disperazione.
Per alcuni minuti pensai che i miei genitori si fossero sbarazzati delle mie cose e che avessero cercato di dimenticarmi, poiché sapevano nel profondo che non sarei mai tornato a casa.

Poi però la realtà inizio a diventare più vivida.
Non si erano dimenticati di me. Semplicemente io non ero mai esistito nelle loro vite.
Avevo deciso di rinunciare a tornare in vita e così la morte mi ha concesso di non avere più niente per cui continuare a tentare.
Mi accasciai in un angolo e provai a piangere, ma le lacrime non scorrevano lungo le mie guance, non mi appannarono gli occhi. I singhiozzi non mi scossero il corpo ed il mio respiro non divenne irregolare.
Tentai di piangere, singhiozzando, urlando disperato. Il mio era solo un urlo vuoto e silenzioso per il resto del mondo. Solo io potevo sentirlo, solo io potevo comprendere il mio dolore e nessun altro.

Urlai. Urlai per tutto ciò che stava andando di merda. Ero sparito una volta per tutte. Ross Lynch non esisteva più.
Non vi era alcun Ross Lynch, nato il 29 dicembre del 1995 in Colorado. Non vi era alcun Ross Lynch che aveva vinto le più importanti gare di hockey degli anni di college.
Non vi era alcun Ross Lynch che era sparito durante la prima notte di primavera.
Non vi era alcun Ross Lynch, semplicemente.
Urlai ed urlai ancora.
La mia più grande paura era diventata un incubo reale.
Non ero più nessuno.

Passai in rassegna ogni foto che era all'interno della casa. Vi era una foto dei miei genitori, insieme ai miei fratelli da piccoli. In quella foto ricordavo che Rocky mi teneva per mano, per aiutarmi a stare in piedi. Però, in quella nuova, lui aveva le mani conserte ed io non c'ero.
C'erano tantissime foto, molte più di quelle che mi sarei aspettato.
Vi erano dei vecchi giornali, ripiegati nella libreria del sottoscala, in cui parlavano dei miei genitori. Di come Mark e Stormie Lynch fossero orgogliosi genitori di Riker, Rydel, Rocky e Ryland Lynch. I miei fratelli avevano formato un gruppo musicale. Gli R4 e suonavano per tutto il paese.
Erano conosciuti ed amati.

Sapevo che non sarei mai dovuto venire...

Lasciai la casa, allontanandomi con passi lenti e incerti, come quelli di chi è stato sconfitto, una volta per tutte.
Non riuscivo a pensare. Sapevo solo che non ero più niente. Non ero più nessuno.
Non ero nemmeno più un ricordo, non ero niente.

Niente.

//

"Dove sei stato?" Sentii tuonare una voce, poco lontano da me.
Alzai lo sguardo e lo puntai verso la cima delle scale e vidi Laura. Mi stava fissando in cagnesco ed il suo sguardo era talmente cupo che le mancavano solo delle nuvole grigie intorno alla testa per farla apparire come un temporale.
"Io..."
"Ross Shor Lynch dimmi dove cazzo sei stato?! Sei sparito per ore! Ore!" La ragazza quasi si fiondò giù dalle scale e mi preoccupai che si scapicollasse nel farlo.
"Sai che mi metti ansia quando sparisci così a caso, senza dirmi dove vai!" Mi rimproverò lei. "Ho avuto paura che non saresti tornato." Aggiunse in un mormorio, per poi abbracciarmi, cingendomi la vita con le braccia.
Istintivamente ricambiai la stretta, poggiando la guancia fra i suoi capelli.
Avrei voluto dirle la verità, raccontarle di come stavo, di quello che stavo provando e di quanto avessi bisogno di sentirmi umano.
Io però ero fatto così: mi chiudevo in me stesso e non mi permettevo mai di crollare davanti a qualcuno. Crollavo quando ero solo, poiché non ero abituato a sfogarmi. Non ne avevo mai avuto bisogno. Ora avevo solo bisogno di quello.
Allora strinsi Laura fra le mie braccia, sperando che il dolore passasse.

Another Chance || A Raura Fanfic.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora