6 -Are you sure?

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Era arrivato sabato, il giorno fatidico. Il giorno che più temevo da quando avevo chiamato l'ospedale.

Mi svegliai presto e cercando di fare il più silenzio possibile, mi lavai, mi vestii e poi uscii dalla casa di Gigi che si era gentilmente offerta di ospitarmi finché a casa non si sarebbero calmate le acque.

Come previsto Louis era parcheggiato lì vicino con la sua auto, sforzai un sorriso andandogli incontro e lo abbracciai, avevo bisogno di forza per quello che stavo per fare. «Grazie ancora»

«Di niente, sali» mi lasciò un bacio tra i capelli e mi aprì la portiera. Mi sedetti sui comodi sedili di pelle e aspettai che salisse.
«Mamma oggi mi ha chiesto dove ti sei "trasferita"»

«All'improvviso le importa?» chiesi mordendomi la lingua. Ero ancora abbastanza demolarizzata dalla sua reazione e non volevo neanche sentir parlare di lei.

«Penso che si stia preoccupando, dice che non rispondi alle sue chiamate»

Alzai le spalle. «Non le voglio parlare per ora» Magari la perdonerò tra 10482939202 anni.

Il resto del viaggio lo passammo in silenzio con la musica della radio in sottofondo, c'era abbastanza tensione nell'aria e nessuno dei due voleva iniziare una discussione.

Quando ci fermammo davanti all'ospedale l'unica cosa che mi disse fu: «Sei sicura?»

«N-non lo so» guardai di nuovo l'ospedale e poi la mia pancia, era ancora piccola, sarebbe cresciuta verso il quarto mese... Se ci fossi arrivata.

«Andiamo» uscii dall'auto a testa bassa e aspettai che Louis fosse di fianco a me prima di incamminarmi verso l'interno, tenni stretta la sua mano. Avevo paura, forse fin troppa.

Stavo per uccidere il mio bambino...

«Eccoci» disse mio fratello facendomi uscire dal mio trance, eravamo davanti alla reception. Sospirai e mi feci avanti.

«Salve, ho un appuntamento» mormorai sentendo un nodo alla gola.

«Nome?» chiese la donna dietro il bancone.

«Daphne, Daphne Tomlinson»

«Oh, sì! Mi ricordo della sua chiamata» mi sorrise dolcemente. «Non avere paura cara, sono cose che capitano. Sali al secondo piano e vai nel reparto pediatrico»

«La ringrazio» non provai a sorridere, non ci riuscivo. Infilai le mani nelle tasche della felpa di Louis che mi aveva prestato e insieme raggiungemmo l'area indicata.

«Guarda Daph!» esclamò Louis indicandomi una vetrina, mi avvicinai e vidi quello che mi avrebbe fatta crollare del tutto.

Bambini.

Tanti bambini appena nati messi nelle culle che dormivano, qualcuno di loro si stava muovendo e alcuni piangevano leggermente. Erano così belli, piccoli e indifesi...

«Hey, non volevo farti piangere» sentii le forti braccia di Louis avvolgermi per evitare che cadessi a terra e singhiozzai sulla sua spalla, di nuovo.

«Cosa faccio? Se lo tengo non avrò una vita semplice, ma se abortisco ucciderò il mio bambino» singhiozzai. «Cosa posso fare?»

«Fai quello che ti senti» mi accarezzò la schiena delicatamente. «Io non ti giudicherò, nessuno lo farà. Ma se cambierai idea, sappi che io e gli altri ti aiuteremo»

«Grazie» cercai di asciugarmi gli occhi nonostante gli occhiali, sospirai di nuovo staccandomi dall'abbraccio e tornai a guardare i neonati.

Mi sarebbe piaciuto tenerne uno in braccio... Sembravano così piccoli e delicati. Ormai sentivo il mio cervello in pappa.

«Daphne Tomlinson?» chiese un uomo uscendo da una porta nel corridoio, probabilmente era lì che avrei dovuto abortire. Che contro senso, la sala era proprio di fianco a dove mettevano i neonati.

«Sono io» senza pensarci più andai dal dottore in camice.

«Sei pronta?»

«In realtà, vorrei farle una piccola domanda...»

**

«È così piccolo che quasi non si vede» disse per la milionesima volta Louis guardando l'ecografia.

«Sarò zia, mi sento così fiera» Gigi fece finta di asciugarsi una lacrima.

«Calma le parole, qua l'unico zio sono io» rispose mio fratello guardandola male, lei sbuffò alzando gli occhi al cielo ma non parlò.

«Gelosone» lo rimbeccai dandogli un pugno scherzoso sulla spalla.

«Quindi hai cambiato la visita per l'aborto in una per l'ecografia?» chiese ancora incredula la mia amica sedendosi di fianco a me sul suo letto. Visto che mi ospitava ancora a casa sua.

«Esattamente, il dottore è stato molto gentile» sorrisi e posai una mano sul mio ventre. «Non sarei mai riuscita a farlo, non al mio bambino» ridacchiai.

«Che dolce, ma ora io devo andare. Ho un lavoro che mi aspetta» Louis si alzò e mi lasciò un bacio sulla fronte. «A domani sorellina»

«Ciao!» lo salutai e quando uscì mi sdraiai sul letto.

«Non gli hai detto chi è il padre, vero?» domandò Gigi passando una mano tra i miei capelli.

«E mandare a fanculo la sua amicizia? No, lo saprà... Beh, quando lo saprà il diretto interessato» sbuffai. «Non voglio dirlo neanche a lui, non saprei neanche come»

«Prova a dirglielo implicitamente, dagli degli indizi e lascia che sia lui a scoprirlo» consigliò alzando le spalle.

«Magari fosse così facile» d'un tratto il mio telefono iniziò a squillare e mi allungai a prenderlo sul comodino. «Parli del diavolo e spuntano le corna» commentai leggendo il nome sullo schermo.

«Harry?»

«Chi altro?» risi. Risposi e portai il telefono all'orecchio. «Pronto?»

«Daphne, ho bisogno del tuo aiuto» sembrava agitato.

«Calmati e spiega» mi misi seduta, cosa poteva essergli successo di tanto grave da dovermi chiamare? Lui non era uno che si agitava per tutto.

«Ho invitato Melanie sta sera al locale, sai quello con il karaoke? Ecco, quello. Lei ha accettato ma non so come comportarmi» spiegò velocemente.

«Ah»

«Come "ah"? Sei la mia migliore amica! Aiutami, consigliami!»

«Cosa vuoi che ti dica? Sii te stesso, sii gentile, non masticare con la bocca piena e bum. Ciao» dissi annoiata, mi aveva seriamente chiamata per questo?

Melanie dovrebbe togliersi dalle palle.

«Ti prego, vieni anche tu»

«Io? A fare la terza in comodo?»

«No, starai lontana a guardarci e se vedi che va male intervieni, per favore!»

«Non lo so» guardai Gigi che era confusa visto che non stava seguendo l'intera conversazione.

«Ti prego!» mi pregò di nuovo.

«Va bene, verrò» sbuffai irritata.

«Perfetto! Alle 8 al locale!» e chiuse la chiamata, senza salutare o ringraziare.

Quella sera gli avrei fatto capire che non ero solo la puttana di scorta.

Incinta Per SbaglioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora