0.9 | La mente di un criminale

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***ATTENZIONE: Questo capitolo è scritto sia dal P.O.V. di Selena  (se volete "vivere" il rapimento)che sia da quello di Cole (per i dettagli del salvataggio), tranne che per la parte finale che è solo da quello di Selena ma si ricollega con entrambi.

Il passato riaffiora per un motivo, non c'è mai nulla di casuale durante la nostra vita e questo Cole lo sapeva benissimo.

Non si è mai preoccupato di cosa potesse pensare la gente di lui o della sua famiglia, era un ragazzo cresciuto in fretta e forse l'ha rovinato anche questo. Non sapeva valutare il rischio o le conseguenze di un'azione precipitosa ,ma questo, l'avrebbe imparato presto.

Il suo corpo giaceva affianco ai gradini di casa mia,  le mie mani dal rosa pallido erano macchiate di un rosso scuro che alla luce della luna sembrava quasi nero, tutto attorno c'era il panico dei vicini, bambini che piangevano, luci rosse e blu che illuminavano la strada.. ma facciamo un passo alla volta.

***P.O.V. Selena***

Ricordate quando sono stata rapita? Bene, da lì è iniziato tutto.

Il camioncino rosso era ancora in movimento quando mi svegliai imbavagliata ne

l suo cofano stretto, l'odore della benzina e il suono delle ruote sull'asfalto erano le uniche cose che riuscivo a sentire. Non respiravo quasi più, il mal di testa era sempre più forte e ogni minuto che passava speravo quell'inferno sarebbe finito in poco tempo e qualcuno si accorgesse della mia assenza.

La strada era turbolenta, nonostante le piccole dimensioni di quel cofano buio venivo scaraventata leggermente ad ogni curva o ad ogni buca che incontravamo; appena arrivati sentii dei passi pesanti avvicinarsi sempre più.

"Aprite." disse una voce profonda e probabilmente consumata dal troppo fumare. Sentii il cofano dare due scatti rapidi per poi essere accecata dal sole sopra di me :
"Bene, bene.. si è lei, ottimo lavoro, ora potete andare." continuò.

Due mani possenti mi presero dai fianchi per poi caricarmi come un sacco su una spalla:
"Portatela nello scantinato e lasciatele il cellulare, aspetto il suo salvatore." disse di nuovo quella voce con tono sarcastico. I miei occhi si riabituarono alla luce del sole e finalmente riuscivo a vedere chiaramente: quella voce era del padre di Cole, l'uomo che avevo conosciuto la sera prima ora era colui che  mi teneva prigioniera nella sua vecchia e trasandata casa.

"Perchè gli fate q-questo?" dissi con un filo di voce;
"Zitta! Non sei nelle condizioni di parlare, ragazzina. Un'altra parola e sarà l'ultima."  disse con tono minaccioso.
"Liberatevi di lei, buttatela nello scantinato e gettate la chiave" disse innervosito.

Detto fatto: entrata dalla porta che il giorno prima mi inquietava mi trovai davanti un salotto buio e invaso dalla puzza di fumo di sigaretta.

"Perchè prima non ci divertiamo un po', eh papà?" disse Joseph con il suo sguardo da pazzo.
"No, controllati, poi ci divertiremo con entrambi, intanto portatemi la pistola, Cole sarà qui per cena." disse ridendo.

Avevo ancora il telefono ma non avrei chiamato Cole,  era una trappola ed io ero l'esca.

"Walter! Vieni qua!" urlò l'uomo.
"Si, papà?" disse il ragazzo.
" Portala nello scantinato e tienila d'occhio,  se inizia a darti fastidio sei libero di ucciderla, viva o morta, Cole verrà a riprendersela comunque." continuò.

Lui annuii e mi trascinò in una porta gialla, poi per delle scale di legno scricchiolanti e infine mi fece sedere su uno sgabello.

"Non muoverti, non voglio farti del male, ma se mio padre scopre che sei fuggita ucciderá te e poi me." disse sottovoce.

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