1.1.1 | Make you feel my love

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Ho sempre odiato essere triste, da bambina credevo che sarei stata sempre felice come nei film, ma invece mi ritrovai a guardare il mio ragazzo venire trasportato su una barella in ospedale.

Non lo dimenticherò mai..:il suo sguardo felice prima che accadesse tutto questo, la sua felicità stampata sul viso dopo avermi riabbracciata, il riecheggiare degli spari nel vicinato e il suo corpo che cadeva a terra inerme..

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«There's nothing i wouldn't do
to make you feel my love»

Uno dei paramedici si avvicinò a mia madre che si era appoggiata sull'uscio di casa mia a fissare la scena sconvolta, gli disse qualcosa e mi fissó sforzando un sorriso.

Cosa gli aveva detto? Volevo sapere! DOVEVO sapere!

Mi avvicinai scansando i poliziotti intenti a circondare l'area e salii i gradini con le braccia conserte.
"È morto, vero?" dissi rassegnata.

"Forse c'è una speranza tesoro, ti porto in ospedale, magari sentirti vicina lo aiuterà e forse aiuterà anche te." disse mia madre abbracciandomi.

Aiutarmi? Nessuno poteva aiutarmi.

Prendemmo la macchina e partimmo per l'ospedale; durante il tragitto mia madre cercò di tirarmi su il morale ma il mio pensiero fisso era Cole.
"Allora tesoro." disse mia madre mentre guidava "raccontami un po' di lui, magari ti aiuterà ricordare i momenti belli." disse provando ad attaccare bottone.

"Non ora, mamma." dissi appoggiandomi al finestrino.
Lei ispirò e pose il suo sguardo fisso sulla strada, mentre io osservavo le case illuminate con dentro le persone che vivevano indisturbate le loro vite.

"Siamo quasi arrivate, sta tranquilla tesoro." disse sorridendomi leggermente.
Deglutii cercando di trattenere le lacrime e annuii.

Appena girata la curva, l'ospedale si ergeva proprio di fronte a noi, di fronte all'ingresso vidi l'ambulanza con i lampeggianti ancora accesi che sostava con gli sportelli di dietro aperti e notai che era vuota.

"Scendo qui." dissi  a mia madre;
"Fammi sistemare la macchina, scendiamo insieme e andiamo dentro." disse con tono autorevole.

Mia madre parcheggiò la macchina e scesi di corsa.

"Selena, aspetta!" gridò mentre la chiudeva con la chiave.
La ignorai e corsi dentro la struttura.

Attorno a me c'era gente che mi fissava, che pregava o che semplicemente aspettava il proprio turno per poter essere visitata; mi bloccai per qualche secondo:  ero confusa e spaventata ma mia madre mi raggiunse subito e mi mise le mani sulle spalle da dietro sussurrandomi:
"Ora parlo io con l'infermiera, mi farò dire dove l'hanno portato e ci andremo, tu però vai a sederti."
"Si, mamma." risposi con tono freddo per poi andarmi a sedere.

Mi sedetti su una quelle sedie scomode e fredde che di solito si trovano nelle sale di attesa di qualsiasi ospedale e incominciai a fissare la punta delle mie scarpe pensando che non avrei più visto Cole in piedi.

Ogni tanto guardavo mia madre parlare con quell'infermiera, ci volle una buona mezz'ora a convincerla a dirci dove era Cole, ma alla fine, la continua insistenza di mia madre, ebbe i suoi frutti.
L'infermiera andò a chiamare una sua collega, le disse di accompagnarci al quarto piano e di avvisare il responsabile di quest ultimo, lei annuii guardandomi e si avvicinò a mia madre:
"Potete seguirmi, da questa parte." disse con tono gentile.

Io mi alzai di scatto, raggiunsi in tutta fretta la donna con il camicie e insieme a mia madre le andammo dietro per tutto il corridoio.
Le luci deboli che lo illuminavano lasciavano intravedere qualche lettino buttato così a caso, qualche paziente che dormiva sulla propria sedia a rotelle in attesa del consulto da parte di un medico oppure delle persone che pregavano dentro delle piccole stanzette dalle pareti bianche.

"L'ascensore è quello." disse la donna dal camicie bianco con tono gentile "Dovete recarvi al quarto piano, lì vi indicheranno la camera del ragazzo." continuò mentre ci indicava l'ascensore grigio infondo al corridoio.

"Grazie" disse mia madre sorridendogli.
L'infermiera ricambiò il sorriso, si giró e se ne andó chissà dove con il suo portamento elegante e sicuro.

Mia madre chiamó l'ascensore tramite il freddo bottone attaccato al muro.
"Quarto piano,giusto?" mi chiese con il suo fare vispo.
"Si, mamma, quarto piano." risposi fissando la porta grigia in attesa che si aprisse e ci permettesse di entrare.
"Bene." disse premendo insistentemente il bottone.

Qualche minuto dopo l'ascensore arrivó al nostro piano e si aprí.
Premetti velocemente il bottone con inciso il "4" sopra ed esso si illuminó di un colore giallo intenso.

Le porte si chiuseró quasi subito e l'ascensore partì.

1... 2...

Non pensavo ci impiegasse così tanto, eppure gli ascensori sono fatti per pssare da un piano all'altro piú velocemente.

3...

Il mio cuore mi arrivò in gola, la mie mani pallide iniziarono a tremare, ma non volevo fare vedere a mia madre la mia agitazione: odiavo attirare l'attenzione, tanto-meno volevo che qualcuno provasse pietà per me.

4...

La cabina dell'ascensore si fermó, ma prima di aprire le sue porte e rivelare il fatidico quarto piano emise un lieve tintinnìo per segnalare il suo arrivo.
Le porte finalmente si aprirono e iniziammo a percorrere un brevissimo tratto di corridoio fino a quando trovammo un'altra infermiera seduta dietro un bancone che compilava qualche scartoffia al computer:

"Salve, ci hanno mandato dal piano terra." disse mia madre con tono serio.

"Si, siamo stati giá avvisati." disse l'infermiera bionda interrompendola improvvisamente "Chi cercate?" disse mentre continuava a guardare lo schermo del computer.

"Richards." rispose mia madre. La giovane infermiera inizió a pigiare violentemente i tasti della testiera nera.
"Stanza 67." disse in modo gentile " Vi devo chiedere di lasciare un documento prima di andare." continuó.

"Certamente." disse mia madre iniziando a trafficare con le mani nella sua borsa bordeaux.

"Ecco, le nostre carte di identità." disse consegnando i nostri documenti.

"In fondo al corridoio e poi a destra." replicó l'infermiera sporgendosi da bancone indicandoci un altro corridoio poco illuminato.

"Sei sicura, Selena?" disse mia madre portandosi alla mia altezza.

"Si mamma,sono sicura." risposi con decisione.

"Allora andiamo." disse.

Ci incamminammo per un altro corridoio poco illuminato, anche questo odorava di candeggina e disinfettanti di qualsiasi tipo. Ai nostri lati c'erano stanzette con finestre tutte oscurate da tapparelle chiuse con cura.

Girammo l'angolo come indicatoci dall'infermiera pochi minuti prima e iniziai a guardare subito i cartelli blu affianco alle stanze situate sul lato destro..

61... 63... 65... 67.

***Spazio autore
Hei people, scusate se ci sto mettendo secoli per aggiornare ma voglio dare il meglio per rendere questa storia degna di essere letta. Come vedete non è la solita fanfiction come può sembrare dai primi capitoli (almeno lo spero). Nelle bozze originali avevo pensato di accennare solamente al fatto dell'ospedale etc., ma ho deciso di sviluppare questa parte con qualche capitolo extra. Spero davvero che vi stia piacendo perché ci tengo moltissimo a questa storia. Come sempre, lasciate un voto, un commento e se vi va condividete la storia

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