Manchester era una città favolosa.
La signorina Morris, aveva deciso che per il nostro secondo giorno di permanenza lì, avremmo potuto visitare la città, che ci avrebbe ospitato per ancora molti anni.
Ero entusiasta di questa cosa e come al solito, non perdevo occasione di riempire di domande le nostre istitutrici su tutto quello che i miei occhi riuscivano a vedere."Ho mal di testa Kry, potresti smetterla di essere così curiosa?"Tate sbuffò, poggiandosi contro un muretto.
Ci era stato concesso di fermarci in un bar a prendere qualcosa da mangiare, il cibo era fantastico, sicuramente diverso da quello, che ero abituata a mangiare nella mensa dell'orfanotrofio.
"Va bene la smetto", sospirai, andando al suo fianco.
Era una splendida giornata di fine estate, il giorno dopo avremmo iniziato il quarto anno di liceo. Non potevo ancora crederci.
"Stasera andrò ad una festa", bisbigliò nel mio orecchio, per non farsi sentire dalla bambine più piccole, che amavano portare la spia.
"Una festa? Come hai fatto ad organizzarti?" Le chiesi.
Eravamo state la maggior parte del tempo insieme, non riuscivo davvero a capire come fosse venuta a conoscenza di una festa, per quella stessa sera.
"Per questo esistono i cellulari, Kry", alzó gli occhi al cielo. "Dovresti averne uno anche tu", aggiunse, portandosi le dita sotto al mento, con fare pensiero.
"Penso sia inutile", mormorai, un po triste, per questa cosa.
"Non è affatto inutile", si girò, posando le sue mani sulle mie spalle. "Metti caso, che un ragazzo voglia il tuo numero, che gli dici?".
"La verità, che non ho un cellulare", scrollai le spalle.
"Assolutamente no, è da sfigati non avere un cellulare", era così seria, mentre spiegava la sua tesi.
"Beh, considera, che non ho neppure un cognome".
"Beh, neanch'io", mi sorrise.
"Anche questo è da sfigati?" Chiesi, mordicchiandomi le labbra.
Tutto l'entusiasmo per l'inizio della scuola, stava per essere sostituto dall'ansia.
"Ma, no", fece un gesto con la mano. "Quello è figo".
"Speriamo", mormorai pensierosa.
"Hey non preoccuparti Kry, so che è strano detto da me, ma andrà tutto bene".
"È bello sentirtelo dire", le sorrisi.
"Non abituartici, comunque ti va di venire?".
"Cosa? No, ovvio che no" risposi di getto.
"Mmm, non avevo dubbi", ridacchiò. "Ma prima o poi riuscirò a convincerti", aggiunse, assottigliando lo sguardo.
Quando Tate si metteva qualcosa in testa, era difficile dissuaderla dal suo obbiettivo, ma in quel caso, si sarebbe dovuta arrendere, non sarei mai scappata, in piena notte, dalla nostra stanza come una ladra, mi sarei sentita troppo in colpa e a me non piaceva affatto quella sensazione.
"Sai che non sarà così", chiarì, prima che potesse mettersi strane idee in testa.
"Staremo a vedere Krystal", scandì il mio nome, lettera per lettera, allontanandosi per poter andare a fumare, l'ennesima sigaretta della giornata.Sul tardo pomeriggio, rientrammo. Il sole era ancora alto in cielo ed avrei dovuto aspettare ancora qualche ora, per poter guardare la luna.
Avevo ragione, da lì la vista era spettacolare e non volevo immaginare quanto potesse essere bello vederla sulla riva di un fiume, magari con al fianco il mio libro preferito."Rossa o nera?".
Tate, uscì dal bagno dopo circa un'ora, era arrivato il momento della scelta dell'outfit.
"Ma dove le prendi?" Chiesi, guardando quelle gonne, a mio parere, indecenti.
"Nei negozi", scrollò le spalle.
"Ok, ma con quali soldi?"Aggrottai le sopracciglia.
Mensilmente avevamo diritto ad una esigua somma di denaro, per poter comprare qualcosa, io non avevo mai speso nulla, se non per comprare libri.
"Con i miei, oppure...", arricciò il naso. "Oppure, le rubo", ridacchiò, dinanzi alla mia espressione sgomberata.
"Tate", urlai. Lei rise ancora di più.
"Su, non fare la guastafeste", alzó le due gonne. "Quale metto?".
"La nera, è meno appariscente".
"Ti piace? Se vuoi, posso prestartela?".
Le piaceva indubbiamente prendersi gioco di me.
"No, grazie", le feci una linguaccia. "Piuttosto, fà attenzione e non tornare tardi".
"Va bene, mamma", mi scoccò un bacio sulla guancia, prima di dedicarsi ai vestiti e al trucco.
Tornai a stendermi sul mio comodo letto, immergendomi nella lettura di uno degli ultimi libri acquistati a Londra, in quelle poche righe c'era tutto quello che avrei voluto dalla vita.
Chissà, se un giorno, tutto questo fosse accaduto.
Rilasciai un sospiro, quando i due protagonisti pronunciarono le loro promesse di matrimonio, dopo tanta fatica erano riusciti a coronare il sogno d'amore e per poco, non mi misi a piangere.
"Hai intenzione di passare anche quest'anno così?" Chiese Tate, spruzzandosi un po di profumo sui polsi.
"Così come?" Abbassai il libro per poterla guardare, non era di certo la tipologia di abbigliamento che io avrei indossato, ma su di lei, calzava a pennello. Era, indiscutibilmente, una bellissima ragazza, molto particolare, mentre io, beh, io ero fin troppo anonima con i miei capelli neri, i miei occhi azzurri ed il mio metro e sessanta di altezza.
Per non parlare del mio fisico, così minuto, da essere quasi paragonata ad una bambina di a mala pena tredici anni.
"A fantasticare su storie inesistenti", rispose con tono ovvio, infilandosi un paio di converse nere.
"Non sono inesistenti e poi io...io non fantastico proprio su nulla", mi indispettì.
Mi piaceva leggere, ma questo non significava, che non sapessi distinguere la vita vera, da quella che invece sognavo.
"Sarà", scrollò le spalle. "Lascia la finestra aperta".
"Ricordati che domani c'è scuola", urlai, quando ormai aveva già superato la staccionata della finestra.
Non ottenni risposta.
Alle volte, non capivo davvero perché si comportasse così, diceva di non fidarsi di nessuno, ma poi si lasciava trasportare in posti, il cui sol pensiero, mi metteva i brividi.
Certo, non avevo una reale idea di dove andasse, ma da quello che mi raccontava, in quelle discoteche, succedeva davvero di tutto. Non volevo essere come loro, mi piacevo così com'ero, nella mia semplicità e nel mio essere noiosa.
Posai il libro sul comodino al mio fianco, era arrivato qual momento che tanto amavo.
Raggiunsi il davanzale della finestra, beandomi di quello spettacolo, che solo la natura era in grado di produrre, avevo sentito dire che il mese prossimo ci sarebbe stata la luna piena, non me la sarei persa per nulla al mondo.
"Chissà, se pensate ancora a me", sussurrai al vuoto.
Non piangevo da ormai tanti anni e non lo avrei fatto neppure in quella occasione, ma non potevo negare a me stessa, di sentire un forte peso all'altezza del pezzo, come se...come se qualcosa stesse per accadere.
Scossi il capo, allontanando quegli inutile pensieri, tornai a letto, volevo essere al massimo delle mie forze il giorno seguente e fu così che in poco tempo, caddi in un profondo sonno, ricco di sogni.
Ne avevo tanti.
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Sweet
Romance"La sua dolcezza è stata la mia rovina". Un anno di riformatorio non era bastato a cambiare, quelle che erano le abitudini di Damon. Qualcuno, avrebbe persino detto, che quel ragazzo, dagli occhi di ghiaccio e dai capelli costantemente in disordine...