Nonostante fossero passati tre giorni da quell'incontro ravvicinato con Damon e con il suo amico Jered, senza che accadesse altro, non potevo comunque dire, di sentirmi al sicuro al cento per cento.
In quella settimana, non si fece vendere né in piscina, né tanto meno a scuola.
Stessa storia, anche per i suoi amici. Quando sparivano, sparivano insieme e quando vedevo anche solo uno dei tre, ero più che sicura che in qualche altra parte della scuola, ci fossero gli altri due. Erano, come uniti da una sorta di filo invisibile e se da una parte questo poteva simboleggiare un aspetto tenero dalla loro amicizia, dall'altra, lo trovavo abbastanza inquietante.
Ero riuscita ad evitare le varie supposizioni da parte di Tate, che a detta sua mi vedeva strana, nervosa e sempre a guardarmi le spalle.
Se solo avesse saputo la verità....
Con Jacob, la situazione era stabile, chiacchieravamo molto, mi abbracciava e spesso uscivamo insieme dopo le lezioni, tuttavia i suoi atteggiamenti con il passare dei giorni, si fecero più spinti. La mano che prima posava sulla mia spalla, ora accarezzava lentamente i miei fianchi, non che questo mi desse fastidio, ma non ero neppure del tutto rilassata, ma lui fortunatamente non se ne accorgeva.
Ero riuscita ad evitare varie situazioni, in cui normalmente fra due ragazzi che si stavano frequentando, sarebbe scappato un bacio, ma come avevo ripetuto più e più volte, anche alla mia amica, non mi sentivo pronta, non ero a mio agio."Stasera esco con un tipo", bisbigliò Tate nel mio orecchio, mentre io cercavo di prendere appunti su quella che era stata la vita di Dante Alighieri, a differenza sua che ovviamente li avrebbe copiati da me.
"Chi?". Domandai, cercando di non perdere quello che la prof stava dicendo, era interessante, ma Tate non la pensava allo stesso modo, dato che mi strappò la penna di mano, nascondendola nel suo astuccio.
"Puoi prestarmi attenzione un attimo?". Sbuffó. "Che ti frega di quel nasone? Tanto è morto".
"E si starà ribaltando nella tomba in questo momento", alzai gli occhi al cielo, dinanzi al suo poco interessamento verso tutto ciò che riguardasse la scuola.
"Beh, non è un mio problema", storse le labbra. "Comunque si chiama Carl, non lo conosci, è francese", sorrise a trentadue denti.
"Wow, allora saprà baciare", ridacchiai.
"Sicuramente meglio di te, non capisco cosa tu stia aspettando per lasciarti andare con quel povero ragazzo", borbottò, rigirandosi una ciocca di capelli fra le dita.
"Quel povero ragazzo non si sta affatto lamentando, a differenza tua", replicai, guardandola di sottecchi.
Avevo i miei tempi e se a Jacob andavano bene, non capivo perché proprio Tate, dovesse lamentarsi.
"Ancora per poco, di questo passo lo farai scappare".
"E che scappasse, se è solo un bacio quello che vuole da me, non posso accontentarlo", sbottai.
Sapevo che Jacob non fosse così, ma ero stanca di sentirmi dire sempre le stesse cose.
"Voglio solo spronarti", mormorò, abbassando il capo.
"Lo so", sospirai, non volevo litigare con lei, l'ultima volta aveva portato a conseguenze disastrose e non mi sembrava proprio il caso di replicare. "Però per favore, non interferire", la supplicai con lo sguardo.
"E va bene, hai ragione, forse sono troppo..."
"Invadente", continuai per lei. "So che cerchi di farlo per il mio bene, ma per una volta, voglio cavarmela da sola".
"Premesso, mi farò da parte", baciò le due dita come segno di giuramento, prima di ripassarmi la mia penna. "Ok, ora puoi tornare a prendere appunti, per entrambe", sghignazzò.
"Simpatica", borbottai. "E dove andrai stasera?".
"Mhhh non so, forse in un pub...tu non esci con Jacob?".
"Deve giocare", risposi e dopo l'ultima esperienza, preferivo di gran lunga restarmene in camera a leggere un libro.Le lezioni finirono e come da ormai inizio anno scolastico, Piper continuava a lanciarmi strane occhiate, non dovevo esserle molto simpatica e sinceramente neppure io nutrivo grande stima nei suoi confronti. Cercavo di starle più alla larga possibile, era stata l'unica il primo giorno ad avvicinarsi a noi, ma ora potevo affermare che era stata falsa fin dall'inizio.
Quel giorno, avevo il corso di nuoto, così dopo aver saluto Tate, mi diressi verso gli spogliatoi.
"Hey piccoletta". Mi girai, confusa, verso quella voce, spalancando gli occhi non appena riconobbi Jered, poggiato contro lo stipite della porta.
La sua presenza, in qualche modo, mi avvisava che una volta oltrepassata quella porta, avrei trovato anche Damon.
Ma un passo per volta, cosa voleva ora questo da me?
"Dici a me?" Mi guardai intorno e a malincuore, constatai di essere sola.
"Non ne vedo altre in giro", sghignazzò, poggiando un piede contro il muro alle sue spalle. Il fatto che non si stava avvicinando, in parte, mi tranquillizzò.
"Ehm, cosa vuoi?". Domandai titubante, con un fil di voce.
"Scambiare due chiacchiere". Tornò serio, non staccando mai gli occhi dalla mia figura.
"Io...io credo che Damon mi abbia già d-detto tutto", balbettai.
"Io invece credo che Damon sia poco convincente, quando si tratta di te", la sua espressione infastidita, quasi sprezzante.
Non dissi nulla, aspettando che continuasse, anche se quella sua frase mi aveva colpita particolarmente.
"Sai che fine fanno le spione?". Il mio respiro si spezzò, quando purtroppo prese ad avvicinarsi.
Scappare, sarebbe stato inutile da parte mia, avrebbe impiegato mezzo secondo ad acciuffarmi.
Potevo aprire la porta della piscina ed entrare dentro, ma in quel caso avrei solo creato danni ed io non volevo che quei tre finissero nei guai, ero stupida, lo sapevo, ma non potevo farci nulla.
"Non dirò nulla", deglutì, quando me lo ritrovai ad una spanna da me. "L'ho g-già detto".
"Perché dovrei fidarmi di te? Perché vorresti pararci il culo eh?" Mi urlò in faccia.
"Io..io non lo so ma credimi, non lo farò" .
"Non me ne faccio nulla della tua parola, piccoletta", si rabbuiò, accovacciandosi alla mia altezza.
Il rumore di una parte che sbatteva, mi fece balzare un metro da terra, chiunque fosse, era molto arrabbiato.
"Ma che cazzo stai facendo?".
Tirai, inspiegabilmente, un sospiro di sollievo, quando riconobbi la sua voce. Come previsto, era in piscina.
"Mettevo in chiaro, alcune cose", replicò Jered, ancora troppo vicino a me.
"Non ti ho chiesto di farlo", abbaiò Damon, afferrandolo per un braccio.
"Volevo solo assicurarmi che la piccoletta qui, capisse che noi non giochiamo", sbottò, guardando male l'amico.
"Stai per caso mettendo in dubbio la mia parola, ti avevo già detto che questa", mi lanciò un'occhiata. "Era una questione già risolta".
Le sue parole furono più taglienti di una lama affilata.
Una questione già risolta.
Questo ero per lui, aveva fatto tutte quelle moine, solo per tenermi buona.
Che stupida illusa che ero.
"Spero sia così", replicò Jered. "In caso contrario, sai quali sono le conseguenze".
"Sta zitto e sparisci", urló Damon, passandosi le mani fra i capelli, nervosamente.
Ero così delusa e triste, da fregarmene delle conseguenze di cui stavano parlando, non avrei detto nulla, ma mi aveva fatto ugualmente male.
Dopo una serie di imprecazioni, Jered andò via, mentre Damon restò lì fermo, a fissarmi.
La voglia di nuotare al suo fianco era pari a zero, recuperai il mio borsone da terra, avviandomi all'uscita.
"Stai sbagliando direzione", mi urlò dietro, ma stavolta fui io, quella che non rispose.
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Sweet
Romance"La sua dolcezza è stata la mia rovina". Un anno di riformatorio non era bastato a cambiare, quelle che erano le abitudini di Damon. Qualcuno, avrebbe persino detto, che quel ragazzo, dagli occhi di ghiaccio e dai capelli costantemente in disordine...