Capitolo 25

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Rilasciai un lungo respiro, guardandomi in torno, non aveva neppure acceso la luce, così mi avvicinai all'interruttore, avendo una visione più chiara di quello che mi circondava.
Come già avevo notato, quella stanza, era appartenuta, o forse, apparteneva ancora ad una ragazza.
Emanava un odore molto dolce e delicato, ma non essendoci alcuna foto, non avrei mai capito, di chi si trattasse.
"Ecco", la sua voce, mi fece sobbalzare.
Aveva fra le mani, una maglia bianca e nient'altro.
"Posso andare in bagno?". Esitante, mi avvicinai a lui, recuperando ciò che aveva fra le mani.
"La prima porta sulla destra", breve e conciso.
"Grazie", sussurrai a capo chino, sorpassandolo.
Non mi guardai indietro, mentre attraversavo il corridoio, ma la sensazione che mi stesse osservando, era più forte che mai.

Lo scorcio caldo sulla mia pelle, fu un toccasana.
Riuscì, per quanto possibile, a rilassarmi e a godermi quei pochi minuti di pace, fin quando qualcosa o meglio qualcuno, mise fine a questi.
Uscì dalla doccia, avvolgendomi in un telo che avevo trovato sul lavandino, avvicinandomi alla porta.
"Sei impazzito?". Jered.
La sua presenza, mi agitava parecchio.
Temevo quel ragazzo, così come anche Piper, insieme erano un'accoppiata micidiale.
"Sono cazzi miei", sbottò Damon, di qualunque cosa stessero parlando, non dovevano essere molto d'accordo fra di loro.
"Sei caduto così in basso, Dam", replicò lui.
"Mai quanto te", urlavano come se non ci fosse un domani.
"Non ce la voglio in casa nostra", strabuzzai gli occhi, quando il motivo della loro discussione, mi apparì più chiaro che mai.
"È solo per stanotte, se non ti sta bene, puoi anche dormire in macchina".
Feci un passo indietro, quando un forte tonfo, si sentì oltre la porta.
Jered, era andato via o meglio, era quello che io pensavo dopo le parole di Damon.
"È solo arrabbiato con il mondo", c'era anche Thomas e questo, in parte, mi tranquillizzò.
Sembrava essere il più stabile fra i tre anche se, la sensazione di protezione che mi dava Damon, era insostituibile.
Era folle pensarlo, dopo tutte le cose che avevo scoperto su di lui e, indubbiamente, ve ne erano ancora altre, ma non riuscivo a negare di stare bene con lui, almeno quando non fingeva di essere qualcun altro.
Mi feci coraggio e dopo aver indossato la sua maglietta, abbastanza lunga, data la mia altezza, uscì dal bagno.
"Non è l'unico", ora la voce di Damon, mi appariva più limpida e chiara, ma anche spaventosamente triste.
Non sapevo che fare, così prima di essere scoperta, mi avviai in camera, ma qualcosa andò storto.
"Hey, Krystal", Thomas, mi aveva vista e forse era vero, che non ero molto discreta e silenziosa, quando mi muovevo.
"Ciao", mormorai, mantenendomi con la mano allo stipite della porta che dava al loro salotto.
La testa di Damon, scattò nella mia direzione, nei suoi occhi c'era ancora rabbia, ma quando questi perlustrarono il mio corpo, impregnato del suo odore, cambiarono, assumendo un aspetto quasi, malizioso.
"Qualcosa da bare?". Domandò Thomas, alzando la bottiglia di birra che aveva fra le mani.
"N-no, grazie", balbettai, arricciando le dita dei piedi. "Vado a dormire, buonanotte", sorrisi appena, ero a disagio, mentre lui, continuava a mangiarmi con gli occhi.
Non era poi così discreto.
"Buonanotte, Krystal", ovviamente questa risposta, non arrivò da Damon.

Continuai a rigirarmi fra le coperte, era strano dormire in un letto, non mio.
I tuoni, non mi permettevano di rilassarmi, la pioggia battente, colpiva ripetutamente la finestra posizionata al fianco del letto sul quale stavo dormendo.
Accesi la piccola lampada sul comodino al mio fianco, notando dal mio cellulare che erano appena le tre di notte.
Jered era tornato, ma non da solo.
I versi osceni di una ragazza, che capì chiamarsi Jennifer, perseguirono per oltre mezz'ora, fin quando, non molto gentilmente, la cacciò via.
Speravo per lei, che riuscisse ad arrivare a casa sana e salva con quel tempaccio.
"Che situazione", mormorai.
Tate, non aveva risposto al mio messaggio, ma in compenso, avevo ricevuto una chiamata da parte di Carl, non conosceva Damon, quindi mi evitai una ramanzina da parte sua, a quell'ora della notte, ma sapevo che l'indomani, ne avrei ricevuta un'altra.
Avevo la gola secca da troppo tempo ormai, così scostai le coperte dal mio corpo, sperando di non fare spiacevoli incontri, una volta uscita da quella stanza.
Il cigolio della porta, mi fece quasi pentire della mia idea, ma avevo troppa sete, così in punta di piedi, uscì, lasciandola socchiusa.
Mi addentrai nel buio del corridoio, tirando un sospiro di sollievo quando, grazie alla luce, proveniente dai fari della strada, riuscì a vedere qualcosa.
Tuttavia, arrestai i miei passi, quando notai il frigorifero aperto e qualcuno che vi stava guardando dentro.
"Rumorosa", quel qualcuno si alzò e per poco non mi strozzai con la saliva, quando notai, Damon e torso nudo e con solo un paio di boxer neri, mentre afferrava una confezione di qualcosa che non riuscì ad identificare.
"Oh", sobbalzai. "Avevo sete", dissi avanzando di un passo.
Non era la prima volta che lo vedevo, mezzo nudo, ma questa mi sembrava una situazione, decisamente diversa.
Indicò, con un cenno del capo il frigo, prima di raggiungere una sedia e poggiare tutto sul tavolo.
"Che mangi?". Domandai, afferrando una bottiglia d'acqua fra le tante birre.
"Pane, prosciutto e formaggio, vuoi?". Non mi guardò nemmeno, parlava, ma sembrava essere da tutt'altra parte.
"Mh si, non ho cenato oggi", dissi, andandomi a sedere al suo fianco ed a quel punto, sembrava che avessi tutte le sue attenzioni su di me.
"Che c'è?". Dissi, notando che mi stesse ancora fissando.
"Niente", scosse il capo, passandomi il suo panino, preparandosene un altro.
"Mi dispiace che tu abbia litigato con Jered", ammisi.
Erano amici, molto amici e avevo l'impressione che io, in qualche modo, stessi minacciando il loro rapporto anche se, sapevo di non aver fatto mai nulla di male, per fare accadere ciò.
"Non mi importa", disse, dando un generoso morso al suo panino.
"È tuo amico, certo che ti importa".
"Ho detto di no", si rabbuiò, lanciandomi un'occhiataccia.
"Sei così suscettibile", sbuffai, continuando a sgranocchiare la mia cena.
"Sono cose che non ti riguardano", mormorò, distogliendo lo sguardo.
"Mi odia, quindi credo di essere io il problema". Ero stanca di passare per la stupida di turno, avevo sentito tutto.
"Non sei così importante, da compromettere la nostra amicizia", sbottò.
La sedia, strisciò contro il pavimento, provocando un rumore fastidiosissimo.
"N-non ho detto questo", balbettai in difficoltà.
"Bene, perché non è così", sputò, gettando il suo panino nel lavandino.
"Aspetta", mi alzai.
"Cosa vuoi ora?".
"Scusami, anche per prima", abbassai il capo. "Non volevo offenderti con la storia della macchina ed è stato stupido quello che ho detto su Jered".
Lo sentì sospirai rumorosamente.
"Non tutti meritano le tue scuse", si girò, andando via, lasciandomi sola con le mie mille incertezze.
La fame, era come scomparsa.
Accartocciai il mio panino in un fazzoletto, lasciandolo sul tavolo, prima di tornarmene in stanza.
Mi immobilizzai sul posto, quando trovai Damon, davanti la porta della mia stanza a fissare quel letto, dove avrei dovuto dormire io.
"Damon", sussurrai, posando una mano sulla sua spalla.
"Cosa?". Saltò sul posto, spalancando gli occhi, quando mi vide.
"Stai bene?". Mi accigliai, aveva gli occhi lucidi, ma controllati.
"No", fece per andarsene, pronto per raggiungere la sua stanza, ma non potevo lasciarlo così.
"Posso fare qualcosa per te?". Si girò di scatto, non avevo previsto tutto questo.
Afferrò il mio viso a coppa fra le sue mani, poggiando la sua fronte contro la mia.
"Ci sono tante cose che potresti fare per me", sussurrò sensualmente.
"Dam-on", ansimai.
"Ma a quel punto sarebbe impossibile". Disse, respirando sulle mie labbra.
"Cosa?". Domandai decisa. Avevo così tanta voglia di baciarlo, da star male.
"Salvarti da me", le sue mani, lasciarono di botto il mio viso.
Indietreggiò, chiudendosi alle spalle  la porta della sua stanza, con un tonfo.

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