2.0 - La prima guerra mondiale

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- Luke's pov -



«Sì, ma ancora non ti ha detto che ti ama?!».

«Non è importante, Ash! Abbiamo fatto finalmente l'amore, possiamo concentrarci su questo?», borbottai sottovoce, facendo sospirare rammaricato Ashton.

«Uffa. Capisco che a te interessi solo il sesso, ma puoi concentrarti sulla parte importante della relazione? Cioè sul fatto che lui ti dica che ricambia i tuoi dannati sentimenti?», sbottò prima di prendere un lunghissimo sorso di caffè - avrebbe avuto bisogno di davvero un sacco di energie, per prendersela con me quel giorno.

Dopo la nostra conversazione post-coito - in cui Michael mi aveva confessato implicitamente i suoi sentimenti per me - mi ero reso conto che era inutile starci male se Michael ancora non aveva detto di amarmi. L'importante era ben altro, non due parole dette tanto per dirle; certo, ammettevo che mi sarebbe piaciuto sentire Michael dichiararsi a me, anche per caso, ma alla fine non potevo forzare la cosa. Come non avevo forzato il sesso tra noi due, così non avrei forzato un ti amo che detto sotto costrizione non avrebbe avuto valore. Sarebbe accaduto tutto in modo naturale, com'era giusto che fosse.

Ashton non voleva capirlo, comunque, e insisteva affinché convincessi Michael a dichiararsi a me. Non capivo perché fosse così interessato alla mia relazione con Michael; forse aveva così poco da fare nella sua vita che doveva farsi gli affari degli altri - oppure, aveva fatto comunella con Sabrina per sapere i dettagli della mia vita con Michael. Non lo escludevo, di solito Ashton faceva tutto ciò che Sabrina volesse.

«A Michael serve tempo per dirlo, da quanto ho capito non ha un bel passato per quanto riguarda l'amore», spiegai, uscendo dall'aula professori con Ashton che ancora mi fissava indispettito, «E poi non mi serve che me lo dica. Me l'ha fatto capire benissimo che mi ama».

Ashton sospirò. «Cercherò di crederti sulla parola, dai. Oggi a che ora stacchi? Avrei bisogno di una spalla su cui piangere».

Alzai un sopracciglio. «Fammi indovinare: Sabrina?», chiesi, ottenendo l'ennesimo sospiro rammaricato.

«Sabrina e Andreas», confermò Ashton, «Ti dico solo di controllare su Facebook. Io sono troppo depresso per parlarne ancora».

Diedi una pacca sulla spalla ad Ashton. «Su, oggi andiamo nella tua caffetteria preferita e piangerai davanti ad una fetta di cheesecake. Oggi finisco alle cinque, comunque - ho il corso doposcuola con la quinta... con la quinta G. Cazzo».

Sì, me n'ero dimenticato. Così con la testa tra le nuvole avevo completamente dimenticato le mie responsabilità e i miei problemi - problemi che potevano essere riassunti in un'unica parola: Wendy. Ancora non avevo capito come fare per risolvere la situazione, se mi capitava di pensarci andavo in paranoia e già mi vedevo dietro le sbarre quindi evitavo il pensiero come la peste. Ma sapevo, in cuor mio, che prima o poi avrei dovuto affrontare la cosa, risolverla e salvarmi. Ed era meglio prima che poi - per quanto ne sapessi lei poteva anche aver già fatto il mio nome, mandandomi completamente nella merda.

«Quel momento sarebbe arrivato lo stesso, lo sai», commentò Ashton, ridendo di me mentre io mi imbronciavo, «Divertiti con la giovane Hitler, mi raccomando».

Alzai gli occhi al cielo. «Prega che riesca a sopravvivere, altrimenti ti perseguiterò dall'oltretomba».



***


Il mio peggior nemico || MukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora