XIX. Crocus

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La forza di gravità sotto i piedi era una sensazione che aveva dimenticato. Dov'era finito?Ricordava solo di essere stato risucchiato da una specie di colonna di luce. Lei ancora lo teneva per mano, d'istinto, e lui ne fu confortato. Erano ancora assieme, accovacciati l'uno accanto all'altra. Non erano più ricoperti di luce ma quasi trasparenti, azzurrognoli e simili a nebbiolina. In questo modo lui poteva rivedere tutte le sue cicatrici, dimenticate e lasciate sul suo corpo di carne, e percepiva qualche sensazione, come il freddo sotto i piedi ed il tagliare del vento.

"Luciherus...dove siamo?" domandò lei, guardando in aria.

"Non ne ho idea!" ammise lui.

Solo in quel momento vide quello strano ragazzo dai capelli blu scuro che li fissava, con allucinati occhi arancio, a pochi centimetri dal suo naso.

"E tu chi sei?" sbottò Luciherus, sistemandosi la coda.

"Non fare così, Lucy! Non vedi che è spaventato?!" lo rimproverò Kasday.

"Perché, io no? Che posto è questo?! E questo qui chi è?".

"Io sono Kevihang" rispose il ragazzo "E voi, chi siete?".

"Kevihang? Che bel nome..." si complimentò lei.

"Grazie. Anche se tutti mi chiamano il figlio dei morti".

"A me, più che il nome,  piacciono i suoi tatuaggi. Specie quello a forma di teschio" commentò Luciherus.

"Sono stati la mia condanna quando ero piccolo".

"Sei una strana creatura, ora che ti guardo..." si incuriosì l'antico Demone e si avvicinò al ragazzo.

Appena si mosse, sentì un suono piuttosto sinistro: catene! Ai polsi di lui e di lei c'erano delle catene azzurre che li legavano ai polsi di Kevihang.

"Che storia è mai questa, ragazzino?" si innervosì, dato che odiava più di ogni altra cosa l'idea di essere imprigionato o trattenuto.

"Chiedo scusa. Ho pronunciato un'evocazione per scoprire chi sono i miei genitori e queste catene, spuntate dove sgorgava il mio sangue, devono esserne una conseguenza".

"Noi non possiamo essere i tuoi genitori" commentò Luciherus "Sei troppo piccolo. Noi siamo morti da secoli e secoli...per non dire altro!".

"Purtroppo ha ragione, Kevihang. Fammi vedere il libro. Magari è solo sbagliato un passaggio".

Il giovane porse alla figura femminile il libro rosso e Luciherus trasalì.

"Quel libro! Porta solo guai!" sibilò, riconoscendolo come il libro proibito che gli aveva mostrato ciò che realmente era successo a suo padre, quando era ancora un piccolo angelo.

"È solo un libro! Non morde mica!" lo rimproverò delicatamente Kasday, accarezzandogli il viso con la mano libera dalle catene e sfogliando le pagine del volume con interesse.

Le mani delicate di lei, affusolate e con le unghie curate, scivolavano lungo la carta mentre lei, con gli occhi che guizzavano a destra ed a sinistra, leggeva e rileggeva ogni passaggio della formula e controllava i disegni realizzati.

"Hai seguito i disegni camminando su di essi mentre ne leggevi le parole?" si informò.

"Sì. Ho lasciato una mia piuma ed un ciuffo di capelli, tracciando i glifi con il sangue".

"Il procedimento è corretto...aspetta un momento...Luciherus...guardagli gli occhi. E i capelli. Non ha un'aria familiare? Cioè, intendo...potrebbe essere...".

"No che non può essere, tesoro mio! Questo ragazzino ha sì e no vent'anni e noi...da quanto siamo solo spiriti erranti? Le semplici essenze non fanno figli!".

La città degli Dei 3 - La linea di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora