XXV. Alleanza d'elementi

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Si risvegliò pigramente il figlio del Sole, cullato e stimolato da una dolcissima fragranza di fiori appena sbocciati. Un profumo più unico che raro in quei Mondi morenti. Al principio pensò che fosse un sogno, un’allucinazione. Non ricordava esattamente cosa fosse successo. Tentò di concentrarsi ma non ci riusciva, la mente era annebbiata e confusa così come tutti i suoni che udiva risultavano ovattati e filtrati.

Forse sono morto pensò, dopo che in un rapido flash gli si parò davanti la scena del processo, con lui che stupidamente insultava tutte le divinità presenti. Non era male la vita dopo la morte allora…perché, assieme al profumo dei fiori, sentiva anche dolci aromi di cibo e prelibatezze che aveva ormai dimenticato. Annusò l’aria e sorrise, tenendo gli occhi chiusi. Aveva provato ad aprirli ma aveva scorto solo ombre e luci, niente di particolarmente rilevante.

Quando ormai si era convinto della sua dipartita, avvertì un lieve formicolio alla gamba che divenne, gradatamente, dolore. Subito realizzò che, nella vita dopo la morte, non dovevano esserci sensazioni spiacevoli come quella che provava in quel momento e perciò era ancora in vita. Ma allora…dov’era e cosa era successo? Aprì gli occhi di nuovo e si sforzò di mettere a fuoco attorno a sé. Una voce, o un’altra allucinazione, lo chiamava e forse qualcuno lo stava scuotendo. Rosa…vedeva del rosa. Color carne o forse una tonalità più scura ma non di molto…

“Marinditi-ya!” realizzò, spalancando gli occhi e girando la testa.

“Mi hai riconosciuto dalle tette?” ridacchio lei.

Si era chinata sul fratello maggiore, forse per rianimarlo, e tutto il rosa che Rikarathör aveva visto era, evidentemente, quello della scollatura vertiginosa della sorella minore.

“Io…” balbettò lui, non sapendo dove rivolgere lo sguardo.

“Stai tranquillo. Guarda che lo fanno tutti…” sghignazzò lei, dando una mano al fratello a mettersi seduto, lentamente.

“Cosa è successo?”.

“Al processo non ne ho idea. Dimmelo tu…”.

“Non ricordo esattamente ma…” gemette e si sfiorò la gamba.

La sorella gli bloccò il braccio e lo rimproverò: “Non la toccare! Era stata trapassata da una delle frecce delle guardie di Ansuz. Sei fortunato che ti abbia solo colpito la gamba e non qualche altro punto vitale. Così facendo sono stata in grado di aiutarti. Devi ringraziare la tua buona stella lassù. Saresti morto, sai!”.

“Ma non lo sono. E non ho chissà che stelle da ringraziare…”.

“Sei uno scapestrato”.

“Non farmi la predica anche tu!”.

“Temevo di perderti…” confessò lei, con quegli occhi color del miele ed il viso truccato, abbracciando il figlio del Sole con forza e dolcezza.

“Mi hai salvato? Grazie, sorellina…”.

“Ti ha salvato la fortuna, non io. Forse il Destino è dalla tua parte”.

“Dubito, dopo quello che gli ho detto. Forse la Morte, se Kevihang ci ha messo una buona parola”.

La Semidea della Terra gli appoggiò una mano sulla gamba ferita, subito sopra il ginocchio, dove aveva realizzato un’accurata fasciatura con un bel fiocco, e sorrise.

“Ti ho preparato qualcosa da mangiare” disse, allontanandosi per un attimo.

Porse un piccolo fagotto al fratello, che lo scoprì e si sentì subito meglio. Marinditi-ya gli aveva preparato del buon pane caldo.

“Oh, sorellina…ma è difficilissimo trovare gli ingredienti per una cosa del genere!”.

“Difficilissimo, ma non impossibile per la Semidea della Terra!” esclamò lei, raggiante, ed invitò il fratello a mangiarlo per dirle se era buono.

La città degli Dei 3 - La linea di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora