Anniversari

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Ho paura. Per la prima volta nella mia vita ammetto di aver paura di pubblicare una storia e in particolare questo capitolo.
L'idea di questo racconto è nata verso febbraio eppure ho sempre avuto il timore di pubblicare, del vostro giudizio, di quello che potreste pensare.
Però poi mi son detta: queste storie altro non sono se non la massima espressione della mia creatività e della mia fantasia e non posso fermarmi solo perchè i personaggi che utilizzo portano il nome di Claudio e Mario.
Quindi vado, mi spingo oltre. Spero di non ferire nessuno
Se non vi piace vi prego solo di non lasciare commenti offensivi, non siete obbligate a continuare la lettura. Va benissimo così.
Per le più coraggiose invece.. vi prometto che andrà tutto bene. E sarà tutto meno quello che vi aspettate.
Fidatevi di me, lasciati scorrere questi primi capitoli e capirete, ne sono sicura.

grazie



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"Ho sceso
dandoti il braccio
almeno un milioni di scale
e ora che non ci sei
è il vuoto
ad ogni gradino."

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Era il giorno del nostro quinto anniversario insieme. Il due dicembre, data da ricordare.
Lo guardai prepararsi impacciato appoggiato sul ciglio della porta.
Il suo naso  era la cosa che più di tutte mi faceva impazzire, lo baciavo ogni volta che ne avevo l'occasione.
Mi sembrava così fragile, pronto ad inciampare sui diversi ostacoli della vita e proprio quando il mio cuore tremava all'idea di vederlo scivolare lui diventava un leone e sbranava le difficoltà lasciandomi senza parole.
Lo conobbi in un periodo della mia vita che ad oggi definirei buio, nonostante all'epoca ero convinto di essere semplicemente libero, giovano, folle, spensierato.
Mi importava lasciare il segno, farmi ricordare, sentirmi bello e la maggior parte delle volte ero troppo ubriaco per capire chi mi portassi a letto.
Poi ho incontrato il suo sguardo e lui era così puro e genuino che mi sentii improvvisamente sporco di fronte al suo sorriso.
Lo corteggiai fino a portarlo allo sfinimento perchè mi innamorai follemente, tanto da spostare il baricentro della mia vita intorno a lui che con una sola parola aveva la capacità di farmi perdere l'equilibrio.
Sorrisi perchè alla fine era tutto quello che potevo fare: sorridere alla vita per quello che mi aveva donato.

E quando distrattamente osservò la mia espressione nel riflesso dello specchio si voltò verso di me squadrandomi.
"Mi deridi perchè non sono in grado di acconciarmi i capelli?", domandò fissandomi con quei grandi occhi neri e io allargai ulteriormente il mio sorriso.
Perchè Mario non lo capiva.
Io provavo a spiegarglielo ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo ma proprio non riusciva a comprendere quanto io lo amassi e quanto lui fosse meraviglioso per me.
Continuava a guardarmi e a guardarsi oltre il riflesso di quello specchio come se non ci fosse niente di buono in lui.
Lo abbracciai forte, strinsi le mie braccia muscolose intorno al suo bacino e baciai dolcemente il suo collo attento a non rovinare il colletto della sua camicia blu che gli stava così tanto bene da farmi girare vorticosamente la testa.
"Mi piacciono i tuoi capelli spettinati.", sussurrai nel suo orecchio e lo senti tremare forte tra le mie braccia.
"Smettila di provocarmi.", mi rispose fulminandomi con uno sguardo tremendamente provocante.

Perchè il mio Mario era anche questo, era capace di sembrare la cosa più tenera e indifesa al mondo e un istante dopo di farmi vibrare di passione sotto le sue mani.
"Dobbiamo per forza andare fuori? Non possiamo rimanere qui?", domandò ancora arricciando le sopracciglia.
"No!", lo sgridai aiutandolo a sistemare il colletto della camicia.
"Sono cinque anni che ti sopporto."
"O che io sopporto te!", rimproverò lui con aria severa.
"Ecco, appunto per questo ti meriti la torta al cioccolato più buona di tutta Roma!" e lui mi sorrise perchè non me lo diceva mai, ma io conoscevo bene i suoi punti deboli.
Amava sentirsi coccolato, sapere che nonostante tutto io non smettessi neanche un attimo di pensare a lui. Amava il fatto che io prestassi attenzione a quei piccoli dettagli che tutti gli altri ignoravano, quei piccoli gesti che per me altro non erano se non ossigeno puro.
E dio solo sa quanto impazzissi per il suo sorriso quando mangiava il suo dolce preferito.
Mi preoccupavo sempre di comprargliene un pezzo quando dovevo farmi perdonare per le piccole discussioni che generava il mio brutto carattere.
Mi vedeva arrivare con la scatola blu che riconosceva a distanza e mi sorrideva soddisfatto perchè alla fine quelle discussioni lo facevano incazzare, si, ma la torta al cioccolato era più importante del suo malumore.
Lui continuò a lamentarsi perchè quella sera non aveva proprio voglia di uscire, anzi, dopo una settimana di lavoro aveva voglia di rimanere a letto e leggere un libro o a fare l'amore con me ma io volevo che si sentisse importante, non volevo che il nostro anniversario passasse in secondo piano.
Volevo festeggiarlo, sempre. Era la festa che preferivo, molto più del Natale, molto più del mio compleanno. E ogni anno in più che passavo con lui sentivo che alla fine non ne avrei avuto mai abbastanza.
Certe volte il mio amore era così forte che temevo mi distruggesse e mi chiedevo come riuscisse il mio corpo a trattenerlo tutto.
E per quanto Mario non fosse così espansivo e dolce non mi importava, mi bastava guardarlo negli occhi per capire che ogni cosa che provavo io a modo suo riusciva a sentirla anche lui.

Dicembre RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora