Apatia

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"Supponiamo una stanza
tu mi aspetti già da un po'
il telefono squilla
dico forse non verrò.
Sapresti tacere il dolore
e non portarmi rancore?"


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E così cercammo una soluzione a tutto.
Una soluzione per rendere la casa adatta per due persone: bastava scegliere i proprio spazi.
Cercammo una soluzione per vivere insieme: imparammo a conoscerci a vicenda.
Io mi abituai alla sua emotività e lui si abituò alla mia freddezza e al mio stile di vita sregolato.
Cercammo una soluzione per lui giungendo all'apice del problema: perchè era li? Cosa lo collegava a me? Perchè io potevo vederlo e soprattutto perchè ricordavamo di appartenere a due vite differenti?

Non fu facile rispondere alle ultime domande e la soluzione giunse inaspettata un giorno di gennaio quando ripercorremmo insieme tutto ciò che ci accomunava e tutto quello che ci rendeva diversi.
Scoprimmo l'anello di congiunzione che legava ancora il vecchio Claudio al nuovo Claudio, il motivo che spingeva Mario a rimanere ancora nel mio mondo.

"Non c'è altra spiegazione!" urlò in preda ad una crisi di emozioni, forse panico, forse euforia.
"Deve essere per forza così Clà, lo capisci? Io sono qui ma tu non ricordi niente di me perchè non esiste il mio Claudio in un mondo in cui io non esisto!"
Arricciai lo sguardo e mi grattai la testa. "Sei riuscito a contattare..insomma, i tuoi amici.. non so come chiamarli." scossi la testa e mi alzai dalla sedia.
"Ti sentono!" sussurrò portando il dito indice sulle labbra, poi sospirò e continuò: "Si. Ho parlato con chi è in questa dimensione di passaggio già da un po'. E' come se fossi bloccato tra la vita e la morte. E' per questo che riesco a vedere sia voi che ancora siete effettivamente vivi che loro che invece sono morti da un pezzo."
Rabbrividii, non avevo mai affrontato conversazione più strana di quella.
"E perchè riesco a vederti solo io? Perchè ricordiamo due vite diverse?"
Sospirò.
"Secondo loro è successa una cosa molto strana, a tratti rara. Sei sicuro di volerlo sapere?"
E cosa non lo era in tutto ciò? Condividevo la mia casa con uno spirito da quasi un mese, mi raccontava di una vita che non avevo mai vissuto, sapeva tutto di me.
Cosa poteva ancora sconvolgermi?
Lo incitai a continuare spalancando le braccia e facendole cadere di peso sui fianchi.
"A quanto pare io e il mio Claudio eravamo anime legate. Così tanto da dipendere l'uno dall'altro.
Io non posso esistere in un mondo in cui Claudio vive senza di me.
E lui non può essere Claudio in un mondo in cui io non esisto.
Per tale motivo dopo la mia morte questo equilibrio è venuto a mancare. Il mio passaggio nell'aldilà ha alterato la vita terrena.
E' per questo che tu non ricordi nulla. E' come se io non fossi mai esistito per questo mondo, di conseguenza è come se non ci fossimo mai incontrati."
Avrei dovuto capire qualcosa e invece mi sentii solo più confuso rispetto a prima.
"Claudio tu vivi la tua come se non mi avessi mai incontrato. E se il nostro incontro non fosse mai avvenuto, io non sarei mai esistito.
Io vivo perchè tu ci sei."

"E il tuo compito qui quale sarebbe?" domandai accendendo una sigaretta.

"Questo non lo so." scosse la testa, i suoi occhi si spensero e il viso cambiò espressione.
Si affacciò alla finestra e io mi avvicinai a lui sistemandomi alle sue spalle.
Alzai un braccio, pronto forse a toccare la sua schiena, ma a quel punto mi ricordai del limite che avevo imposto tra di noi.
Mi ricordai di non averlo mai toccato e di non aver mai sentito la consistenza della sua pelle sotto le mie dita.
E di scatto mi allontanai continuando a fumare la mia sigaretta.

"Mi vorrai bene anche se un giornò non riuscirai più a vedermi?" mi domandò sedendosi al mio fianco quando presi la chitarra tra le mani.
"No.", risposi secco, scocciato.
"Dai Claudio.."
"Io non voglio bene a nessuno, te l'ho detto. Sono settimane che te lo ripeto. Io non so provare sentimenti per le persone figurati per i.." mi bloccai abbassando lo sguardo.
"Per i fantasmi? Già, immaginavo."

"Dai Mario non volevo dire questo, lo sai."
Non mi rispose e io non infierii, la verità è che con le parole non sono mai stato molto bravo e non avrebbe avuto senso continuare.
Così suonai, le mie dita sottili accarezzarono le corde di quella chitarra e la mia voce sussurrò una canzone mai cantata prima che Mario conosceva a memoria e cantò con me e questo non mi meravigliò.

"Secondo me non è vero ciò che dici." interruppe la melodia.
"Io non ti credo neanche un po'!" continuò richiamando la mia attenzione.

"A cosa non credi?"
"Al fatto che non riesci a provare sentimenti, che non sai amare, che non sei in grado di provare emozioni.
Io ti vedo, sai? Ti osservo. E lo so cosa hai dentro.. fai solo fatica a tirarlo fuori, ne sono convinto."
I suoi occhi si illuminarono mentre i miei si scurirono, poggiai la chitarra per terra e mi alzai di scatto. Non mi piaceva affrontare quell'argomento.
Ma la mano di Mario mi bloccò e il suo tocco su di me, quell'afferrarmi, quell'impedirmi di andare via aprì porte della mia mente che non credevo neanche potessero esistere.
"Claudio." lo pronunciò quasi come un sospirò impercettibile. Però io lo sentii e arrivò forte come un urlo.
"Voglio solo aiutarti."

"E se non ci fosse nessun modo per farlo? Chi ti dice che voglio essere aiutato Mario?
La verità è che non voglio. Non voglio provare emozioni, non voglio rompere questo ghiaccio di apatia. Non voglio amare, non voglio neanche provare affetto. Non voglio niente di tutto ciò.
Voglio essere solo, aiutarti a risolvere i tuoi problemi e poi abbadonarmi ai miei."

"Lasciale vivere." sussurrò ancora fissandomi coi suoi grandi occhi neri e tirandomi sempre più verso di lui. "Lasciale vivere queste emozioni, fallo o ti ammazzeranno."
E cosa poteva importarmi, in fondo? Cosa mi importava di essere fatto fuori.
Non mi aveva fatto fuori nessuna sostanza che aveva provato, non mi avevano fatto fuori le centinaia di bottiglie che avevo buttato giù. Come potevano farmi fuori proprio loro?

"Io non voglio provare niente invece. Io non voglio essere come voi, io voglio essere vuoto. Quindi lasciami stare."
Afferrai il mio pacchetto di sigarette e mi trascinai a fatica verso la terrazza, sbattendo la porta alle mie spalle.

Osservai le stelle e provai anche a contarle e poi mi chiesi il perchè: me lo ripetevano in continuazione, tutti. Ero sbagliato per gli altri perchè non sapevo provare quello che loro provavano. Ero sbagliato perchè non sentivo la necessità di avere una famiglia tutta mia e perchè non avevo mai sentito sentimenti.
La mia apatia era perenne oggetto di discussione. Ma io ci stavo bene nella mia insensibilità, mi proteggeva dal mondo, mi aiutava a non cadere in maledetti e dannati errori.
Gli esseri umani sono così fragili, pensai. Io sono più forte. Io sono un diamante e nessuno può scalfirmi.

Rimasi solo per un po', solo davvero. Mario non mi raggiunse e io finalmente smisi di sentirlo al mio fianco.
E nella solitudine un po' mi ritrovai. Così, raccolsi i pezzi di me che quel cielo stellato aveva frantumato e li risanai, tornando ad essere il vecchio vuoto Claudio.

Quando rientrai buttai giù un sonnifero e anestetizzai le mie turbe interiori con qualche sorso di whiskey. Qualche volta era necessario per mettere a tacere i pensieri.

Mi fermai sulla porta del mio salotto quando il mio sguardo cadde sul divano.
I miei occhi accarezzarono il profilo di Mario, si soffermarono sul suo sguardo corrucciato e sui suoi capelli spettinati.
E così, semplicemente, sentii la necessità di avvicinarmi e coprirlo con la mia coperta e lui nel sonno strinse quel telo a se accocolandosi in quel calore.
Sorrisi rassegnato: ero sempre stato una persona vuota e quanto mi piaceva l'idea di esserlo. Solo in quel momento realizzai che forse i vuoti, certe volte, sono fatti per essere riempiti. Che io a differenza di tutte le altre persone intorno a me, tutte quelle persone così piene di cose da dire e emozioni da provare, potevo offrire il mio nulla. Mi fermai a pensare: così tremendamente vuoto avevo tutto lo spazio dentro di me per fargli posto.

Così, nell'istante esatto in cui sistemai la coperta sul suo corpo per coprirlo dal freddo, mi ritrovai faccia a faccia con una sensazione che non avevo mai provato prima di quel momento: la consapevolezza di provare qualcosa.

E tutte le emozioni uscirono fuori in un istante.

Dicembre RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora