Roccia

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Scusatemi per l'assenza ma ho avuto dei giorni intensi.
Da ora in poi pubblicherò con meno frequenza perchè devo ricominciare a studiare per un esame di settembre 😔
Non ho molto da dirvi.. solo grazie.




A chi va via ma è sempre qui.
È solo un arrivederci.
M ⭐️



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"Ecco, (...) quei due,
così come sono, sono
reciprocamente necessari.
E pensò: ecco, questo modo
d'essere è l'amore."

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Sistemai il colletto della mia camicia e mi guardai nel riflesso dello specchio.
"Sembro un cameriere!" esclamai spettinandomi i capelli.
"Stai benissimo!" e mi voltai verso di lui, pronto a fissarmi sull'uscio della porta.
Non entrava mai nella mia camera da letto, neanche per sbaglio. E lo faceva per rispettarmi, non voleva varcare i miei limiti e dimostrarsi invadente.

"Non mi ci vedo in queste vesti, sono più tipo da jeans e t-shirt!"
"Ti ameranno, ne sono sicuro." mi avvicinai a lui allungandogli una cravatta che sistemò al mio posto annodandola delicatamente al mio collo.
Lo osservai a quella distanza ravvicinata mentre con lo sguardo concentrato maneggiava quel cordone nero stretto al mio collo. Avrebbe potuto tirare di più e soffocarmi ma non l'avrebbe mai fatto e io mi fidai delle sua mani.
Non riuscivo a percepire niente di cattivo nel suo sguardo: Mario era il mio esatto opposto. Io ero la natura selvaggia, lui un prato di fiori.
Io la notte buia, lui un raggio di sole.

Sistemò i polsini della camicia rigirandoli a modo e la spazzolò leggermente sulle spalle per tirare via le pieghe.
"A che stai pensando?" sussurro ai mentre i suoi occhi mi scrutarono incapaci di fare altro.
"A niente." rispose abbassando lo sguardo ma io mi avvicinai a lui e ad un passo dal suo viso continuai. "Dai, dimmelo."
Sentii il cuore battere nel petto e per un istante mi sentii vivo. Forse era quella la capacità di Mario, paradossalmente riusciva a farmi sentire umano, vero, capace di sentire qualcosa.
Alzò il viso scontrandolo quasi con il mio, feci un passo avanti, ormai troppo vicini per percepire quella linea di confine che di solito ci separava.
Era stata oltrepassata ed ero ad un soffio dalla sua bocca.
"Ti guardavo." sussurrò tenendo lo sguardo fisso sulle mie labbra e io feci altrettanto con le sue. Rimasi li a fissarle per un tempo che sembrò non passare mai o passare forse troppo in fretta.
E poi lui fece un passo indietro, mettendo fine a quella magia e la bolla che ci aveva estraniato dal mondo scoppiò.
Io tornai Claudio, un umano troppo poco vivo.
E lui tornò Mario, un morto molto più vivo di tanti altri.
Come frastornato da quello che era appena successo portai le mani sul mio viso e lo nascosi sedendomi poi al bordo del letto.
Lui lentamente andò via e per il resto della giornata non toccammo più quell'argomento.

Decisi di aiutarlo: per capire di più di quella strana situazione mi improvvisai agente immobiliare e raggiunsi la sua famiglia.
Il finto lavoro era solo un modo per entrare in casa senza sembrare troppo ambiguo.
Guidai fino a quella strana casa color ruggine. Mario al mio fianco, cambiava le canzoni. Non fu difficile fingere di essere solo perchè in realtà fu quella la sensazione che mi portai addosso per tutto quel tempo.
Lui non mi rivolse la parola se non per chiedermi se ricordavo cosa dire.
"Andrà tutto bene, arriveremo a un punto." lo rassicurai dopo aver spento la macchina poco prima di aprire lo sportello.
Era una promessa: avremmo scoperto di più sul suo conto.
Mario per il mondo era come scomparso o meglio, non era mai esistito.
C'era solo un modo per scoprirne di più: andare all'origine.

Suonai e attesi, qualche secondo dopo avvertii dei passi e la porta si aprì di fronte a me.
"Buongiorno!" esclamai.
"E' mia madre", affermò Mario nel mio orecchio ma ovviamente solo io riuscii a sentirlo.
"Chiedile di entrare per controllare le condizioni della casa."

Dicembre RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora