Presenze

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Sono mesi che scrivo racconti. Ne ho scritti di tutti i tipi, con ogni tipologia di personaggio. Claudio cattivo, Mario buono. Mario buono, Claudio cattivo. Ho scritto di falsi tradimenti e di scommesse. Ho scritto di prime e ultime volte. Ho scritto di amori impossibili e amori destinati ad essere.
Ho scritto di persone che partono e vanno via e di persone che tornano.
E in ogni racconto mi sono soffermata sull'amore che lega due persone, amore più forte di ogni cosa, amore folle. Amore grande.

Dicembre Roma è diversa da tutto ciò che ho scritto fino ad oggi.
Dicembre Roma nasce dalla necessità di dire qualcosa, di invitare la gente a soffermarsi su pensieri che certe volte ignoriamo.
Dicembre Roma nasce per scoprire i lividi e le cicatrici di ognuno di noi.
Nasce per tirare fuori gli scheletri dall'armadio.
Non nasce perchè Claudio e Mario prima o poi si innamoreranno (questo lo ripetiamo in ogni racconto!) ma nasce perchè spesso è necessario prendere una pausa dalla vita che tutti i giorni ci inghiotte per fermarci a pensare.
Quindi, per una volta, mettete da parte l'amore di due personaggi e concentratevi su tutto il resto.
Questo racconto (che preferisco pensare come un viaggio dentro se stessi) deve fare male, male davvero.
Solo allora vi sarà arrivata l'essenza di questa storia.

E a me dispiace, in genere mi piace far ridere la gente.
Ma "è dal dolore che viene la conoscenza" e qualche volta, per imparare a conoscersi, è necessario stare male.

Grazie a tutte voi



--

"All'aria aperta vidi i tuoi occhi sì
trasparenti che mi parve di poter
vederci dentro sino all'anima.
Trasparente eri tutta, anche la tua
pelle, persino il rosso delle tue
labbra e tutto sorrideva, sorrideva
a me."

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Non chiusi occhio, non chiusi occhio neanche un istante.
Trascorsi il tempo a rimuginare sulle cose che avevo detto e su come mi ero comportato alternando fasi di "non me ne frega nulla di lui" a fasi di "come faccio a ritrovarlo?".
Eppure lo sentivo. Mario era li, tra quelle pareti e non era solo una sensazione. Lui era li e mi osservava in silenzio, se chiudevo gli occhi potevo sentire il suo respiro.
Ma l'idea di non poterlo guardare mi infastidiva e il mio orgoglio mi proibiva di pronunciare il suo nome.
Così, dopo aver lavato il mio viso con acqua ghiacciata, mi recai a lavoro come ogni mattina.
Litigai con i soliti dipendenti, urlai con i fornitori e mi presi una pausa dal caos sostando su una panchina di un grande parco.

E mi ritrovai li, con il caffè caldo tra le mani e il sole di dicembre che tramonta sempre troppo presto, come la vita di una persona: era davvero giusto quello che stava succedendo?

Pensai di essere pazzo, per la prima volta nella mia vita mi sentii così.
Avevo creduto alle parole pronunciate da una voce che probabilmente esisteva solo nella mia testa e mi ero lasciato convincere da un'immagine che nessuno poteva vedere, nessuno oltre me.
Io, Claudio, che non avevo mai creduto a queste storie neanche da bambino. Che avevo sempre ignorato i racconti horror perchè non mi toccavano.

Come potevo essere finito a condividere la casa con una presenza? Con un qualcosa che forse non esisteva?
E perchè Mario - o quel che di lui rimaneva – doveva tormentare proprio me?
Era colpa di quelle mura? Dovevo cambiare casa?
O era solo il maledetto ricordo che portava del suo vecchio Claudio che in realtà non era mai esistito?

Mi lasciai cullare dal movimento di una altalena vuota spinta da un bambino alto poco più di un metro.
Lo osservai: parlava da solo e la spingeva come se sopra ci fosse effettivamente qualcuno.
E così immaginai di sentirmi al di fuori: folle, pronto a parlare con il muro, riempiendomi di un qualcosa che faceva parte solo della mia testa.

Il bambino si allontanò, lasciò perdere l'altalena che lentamente cessò il suo dondolio fermandosi e prese posto accanto a me, sedendosi su quella panchina.
Accesi una sigaretta, avrei potuto coccolarlo e fargli tante domande come fanno in genere gli adulti. Ma io a differenza degli altri non sapevo provare empatia neanche per i bambini così lo trattai come un semplice essere umano, ignorandolo e lasciandolo ai suoi pensieri.

"Lo sai che se continui a fumarle prima o poi muori?" mi domandò voltando la testa verso di me.
Che novità, pensai. Certo che vi educano proprio bene i vostri genitori, pronti a farvi puntare il dito contro chi fuma una sigaretta.. tanto diventerete grandi anche voi un giorno e capirete che la vita uccide per molto meno.
"Moriremo tutti prima o poi." risposi apatico fissando il vuoto, aspirando l'ennesima boccata di fumo.

"Non hai paura di morire?"

"Perchè dovrei?" incalzai guardandolo questa volta nei suoi occhi azzurri come il cielo.
Le guance gonfie arrossirono e si colorarono di un color pesca che mi fece quasi sorridere.
"Perchè quando muori poi finisce tutto e gli altri si dimenticano di te!"

"Perchè, credi che in vita qualcuno si ricordi comunque di te? Siamo solo mangime per vipere, siamo uno scarto. Siamo destinati ad essere dimenticati."

L'innocenza sul suo volto sparì e lentamente anche il rossore sulla guance che si trasformó in tristezza e malinconia.
Nonostante non riuscissi a sentire i suoi sentimenti, a immedesimarmi nella sua visione della cose, mi sentii piccolo.
Piccolo per avergli aperto gli occhi troppo presto, piccolo per aver messo bocca sulla sua ingenuità.
Così sospirai e: "Dai, scherzavo. Certo che ho paura di morire." ma il bambino non commentò e ricominciò a fissare l'altalena vuota.

"Chi spingevi prima?" gli domandai ancora indicandola.

"Mia sorella." e il mio sospiro si bloccò.

"Si chiamava Anna. E' andata via un po' di tempo fa. Non stava tanto bene, spesso vomitava e passava più tempo in ospedale che a casa.
Così un giorno è andata via, me l'ha detto la mamma.
Però poi è tornata e adesso sta sempre con me. Solo che riesco a vederla solo io."

Fissai quell'altalena e per qualche istante mi sembrò di vederla li, seduta con un vestito rosa e le lunghe trecce bionde.

"Loro ci sono, sai.." continuò lui guardandosi intorno.
"Sono sempre con noi. Anche se tu non riesci a vederli. Ti tengono la mano quando hai paura e ti stanno accanto nei momento di difficoltà. Sorridono con te quando stai bene. Sono solo nella stanza accanto, tu non puoi vederli ma questo non vuol dire che loro non ci siano.
Loro sono sempre li, hanno lo stesso nome, lo stesso volto e sono nascosti proprio dietro l'angolo.

Certe volte ti sfiorano la mano, altre si lasciano guardare. E quando lo fanno, in genere, è perchè devono aiutarti in qualcosa. Poi tornano ad essere trasparenti, ma non vanno via. Mai. Sono sempre li al tuo fianco."

Ripensai a lui e rividi il suo volto nelle parole di quel bambino.
Mario era li per me, in un modo che io non riuscivo a capire, ma era li per cambiare la mia vita e solo molto tempo dopo capii realmente il significato della sua comparsa.

"E perchè Anna è tornata?", azzardai a domandare, facendo attenzione a non oltrepassare la linea limite che quel bambino mi aveva imposto per non turbare i suoi pensieri.
"Perchè la mamma non sta bene da quando lei non c'è più e allora non si prende cura di me e ogni tanto si dimentica e mi lascia solo.
Non ha tanta voglia di parlare, preferisce rimanere chiusa a casa con la luce spenta e mi chiede spesso di andare via.
Così Anna è tornata per rimanere al mio fianco quando mamma non c'è. Mi ha detto che un giorno starà meglio e che quel giorno ci saluteremo perchè lei andrà via. Però mi ha promesso che rimarrà sempre con me, anche quando smetterà di vederla. Lei ci sarà sempre."

Guidai per le strade di Roma per un tempo indefinito finchè finalmente trovai ciò che stavo cercando.
Salii le scale del condominio, spalancai la porta di casa.
"Mario?" urlai cercandolo in cucina ma di lui nessuna traccia.
"Mario vieni, esci fuori!" continuai girandomi intorno finchè la sua figura si materializzò alle mie spalle.
Lo sentii, avvertii la sua presenta e sorrisi voltandomi lentamente verso di lui.

"L'ho trovata!" esclamai sventolando la scatola blu in aria.
"Ho trovato la torta al cioccolato più buona di tutta Roma!"

Il suo viso si illuminò e ai lati dalle bocca comparvero le sue fossette.

Sospirai e: "Allora, facciamo pace?"

Dicembre RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora