Girasoli

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Ho letto la vostra perplessità di ieri e ho amato letteralmente tutte le vostre reazioni! Avete ragione ad essere confuse.
Vi anticipo subito che man mano nei capitoli capirete frammento per frammento cosa è successo, cosa ha spinto questi due ragazzi (o forse un ragazzo e un angelo (?)) a incontrarsi. Scoprirete tutto pian piano insieme a Claudio, la voce narrante di questa storia.
Sarà divertente vedere con i suoi occhi da umano (e da vivo!) l'evolversi della storia.. Probabilmente anche questo capitolo vi lascerà un attimo perplesse ma Claudio, il nostro narratore, è il primo ad esserlo dunque come potrebbe spiegarvi qualcosa che non conosce neanche lui?

Mi auguro che la curiosità vi spinga a continuare, grazie per tutto l'affetto e per i messaggi privati e personali che mi inviate ogni giorno, leggo tutto e amo conoscere chi mi legge da vicino.
Non sarebbe lo stesso senza di voi






A chi ha il coraggio di chiederti di restare



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"E inventerà scherzi e smorfie così nuove da ubriacarsi di risate, tutto per smaltire la nebbia di solitudine che gli si condensa nel petto le sere come quella."


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Non era più domenica. Non era più domenica per colpa di uno strano soggetto che aveva dato luce alla sua pazzia fingendosi il mio fidanzato. Non era più domenica perchè per rimediare all'accaduto avevo brindato alla vita aprendo l'ennesima bottiglia di whiskey. Non era domenica perchè il mondo intorno lentamente perdeva importanza mentre i miei occhi si chiudevano.
Quello che però in quel momento non capii davvero è che non sarebbe più stata domenica da quell'istante in poi e che ogni giorno avrebbe avuto un valore assoluto.

E poi fu un attimo, un rumore, una bottiglia di vetro che cade per terra.
"Cazzo", esclamai precipitandomi nella cucina e quando quella figura si materializzò di nuovo di fronte a me pensai capii di aver esagerato davvero con l'alcool.
"Ti prego non mandarmi via!" esclamò il ragazzo chinandosi per terra, impacciato e pronto a raccogliere i cocci di una bottiglia di vino rotta sul pavimento.
"Claudio ascoltami io posso spiegarti tutto, almeno lasciami parlare.."
istintivamente controllai la porta di ingresso e quando mi resi conto che era chiusa esattamente come tutte le finestre, la testa girò vorticosamente forse per colpa del whiskey o dello shock.
Fu proprio lui ad afferrarmi quando le mie gambe persero forza, fu lui a tenermi forte per la braccia aiutandomi poi a sedere su una sedia.
Mi preparò acqua e zucchero e si mosse nella mia cucina un po' come se fosse la sua. Aprì con sicurezza il terzo cassetto consapevole che avrebbe trovato solo li i cucchiaini e non ci fu bisogno neanche che gli indicassi dove prendere lo zucchero perchè lui, stranamente, lo sapeva già.

Quando le mie gambe riacquistarono forza il mio viso prese colore, il ragazzo di fronte a me parlò approfittando di quei secondi di silenzio dovuti al mio stato di lieve incoscienza.
E io lo lasciai parlare senza fiatare e ad ogni parola pronunciata provai a pizzicarmi leggermente la coscia con la mano sinistra per assicurarmi di essere ancora lucido.

"Quindi.. hai capito cosa ti ho detto?"
Annuii schiudendo leggermente la bocca.
Ero diventato pazzo, non c'era altra spiegazione.

"Dunque mi stai dicendo che..tu, insomma.. saresti morto. E che io teoricamente dovrei essere il tuo fidanzato. Che siamo stati insieme tanti anni e che ci amiamo. Il problema è che io non ho assolutamente idea di chi tu sia, ne di cosa vuoi da me, ne del motivo per cui sei entrato della mia vita!"

"Sono qui Claudio perchè non ho altra scelta. E' come se fossi attratto magneticamente dalle mura di questa casa!"

"Marco, Mario.. come ti chiami insomma. Pur volendo aiutarti non saprei in che modo farlo. Mi sono svegliato come ogni mattina e mi sono ritrovato a parlare con un.. come dovrei chiamarti. Fantasma, angelo, spirito?"

Il ragazzo di fronte a me sorrise accogliendo poi la testa tra le sue mani, si coprì il volto e sospirò.
"Sei così simile a lui." e con un cenno indicò il quadro appesa alla mia parete.
"Lo vedi quello?", sussurrò alzandosi delicamente. Osservai i suoi movimenti e mi persi nella sua eleganza.
"Questo l'abbiamo comprato insieme, io e te. L'abbiamo comprato un sabato pomeriggio mentre passeggiavamo vicino al lago. E sai perchè tra tutti abbiamo scelto proprio un campo di girasoli?"
Sospirai scuotendo la testa.
Racconti, racconti che facevano parte di una vita che non conoscevo.
"Perchè mi hai sempre detto che io sono il tuo sole e tu, proprio come un girasole, avrai sempre occhi solo per me."

E io lo ascoltavo, lo ascoltava mentre mi raccontava di quel quadro che secondo lui avevamo comprato sul lago durante una passeggiata.
Mario mi raccontava con la sguardo perso di occasioni che non erano mai accadute e di amori che non avevo mai vissuto.
Io che dell'amore non sapevo niente e che non pronunciavo il suo nome neanche per sbaglio. Io che avevo passato la mia intera vita a scappare dai sentimenti e che certe volte, per metterli a tacere, avevo imparato ad annegarli.
Così fissai quel quadro con i girasoli che nella sua memoria racchiudeva un mondo.
Nella mia, era semplicemente un oggetto che avevo acquistato in un vecchio negozio e la sua unica utilità era quella di coprire la grande crepa sul muro che non avevo mai avuto la voglia di stuccare.

"Non so dove andare." mi confidò poi.
"Non so chi sei, non so perchè sono qui, non so perchè posso ancora parlare. So solo che non esisto da un po' e che probabilmente per questo mondo è come se non fossi mai esistito. So che vorrei il mio uomo indietro, quello che ho sempre amato. Che ha i tuoi occhi e la tua bocca, che ti assomiglia così tanto pur essendo così differente da te.
So che vorrei di nuovo casa mia, quella mia per davvero, e vorrei festeggiare il mio anniversario con lui. Però sono qui.. e non so in che modo andare via. Lo capisci, vero? Che pur volendo non ho scelta? Non posso neanche ammazzarmi.." sorrise abbassando lo sguardo. "Sono già morto."

"E cosa hai intenzione di fare adesso?", reagì alla mia domanda alzando lo sguardo. "Non puoi rimanere qui, Mario. Io vorrei aiutarti ma questa è la mia vita e tu non puoi fiondare da un momento all'altro e stravolgere i miei piani. Io ho le mie abitudini, ho la mia solitudine e la mia apatia che mi accompagnano da sempre. Ho la mia freddezza e le mie bottiglie di whiskey, non c'è spazio per altre persone qui!"

"E dove vado?" domandò con voce rotta mentre una lacrima rigò il suo viso. E solo grazie alla mia totale incapacità di provare empatia per la persone riuscii a rispondere.

"Non lo so. Vai dove ti pare ma non qui."
Per qualche istante rimase in silenzio poi fece forza sulla sue gambe e si alzò in piedi dirigendosi verso l'uscita e io lo accompagnai facendogli strada, nonostante sembrasse appartenere alla mia casa molto più di me.

"Allora..vado." esclamò aprendo la porta e io annuì silenzioso.

"Grazie per avermi ascoltato."
"Grazie a te per non avermi fatto cadere sul pavimento."

Sorrise scuotendo la testa e varcò la soglia di casa. A sguardo basso si avviò scendendo lentamente le scale e io indietreggiai pronto a chiudere la porta e dimenticare quello strano accaduto.

Però qualcosa mi fermò e io non so dire bene cosa fu, cosa mi rese così tremendamente fragile. Ma fu questione di un attimo, spalancai la porta e:
"Mario?" lo richiamai.

"Mario.. dai, ti andrebbe di rimanere qui per questa notte?"

Dicembre RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora