Capitolo 3

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Avevo passato la notte sul quel pavimento, incapace di muovermi e stremato per l'intera situazione.

Volevo soltanto che finisse tutto quanto, che Jungkook non mi avesse mai tradito, che il mondo tornasse semplicemente come prima.

Avevo male alle gambe, dolori persistenti alle spalle per la posizione scomoda, che mi era stata imposta dalle corde strette intorno ai polsi.

Ero persino stanco, ma nonostante questo il desiderio di dormire non mi aveva nemmeno sfiorato l'anticamera del cervello.

Lo ammettevo a fatica, ma avevo paura che Taehyung mi ammazzasse veramente; il suo ultimo sguardo, ovvero quello che mi aveva rivolto prima di uscire dalla stanza, mi era sembrato pieno d'odio, intinto di una voglia malsana di uccidere.

Nei momenti in cui aveva sorriso, anche se sadicamente, mostrando quell'espressione piuttosto discutibile, mi era parso di aver già visto il suo viso, in particolare i suoi lineamenti delicati.

Mi sarei dovuto inquietare per questo, eppure le emozioni legate a quel vago pensiero erano soltanto la confusione e, seppure mi sembrasse troppo strano, la serenità.

Per non parlare del suo fisico snello, che aveva catturato la mia attenzione fin da subito, così slanciato e perfetto da farmi dimenticare momentaneamente che fosse il mio peggior rivale.

Per colpa sua avevo fallito nella mia missione più importante, e quindi doveva pagare.

In effetti il piano che avevo attuato per vendicarmi stava funzionando alla perfezione, l'unico problema era che i ruoli si fossero invertiti.

Un lieve brontolio nella pancia mi fece imprecare a denti stretti: mancava soltanto la fame a stingermi la bocca dello stomaco, perfetto.

Non poteva andare peggio di cosí.
Forse, alla fine, sarebbe stato meglio arrendersi e consegnare la mia Organizzazione a Taehyung, nella speranza che rivalutasse l'idea di lasciarmi vivo.

Ripensando al mio comportamento della sera precedente, in particolare alle frasi acide che avevo usato contro di lui, realizzai di essere veramente pazzo.

Taehyung era conosciuto per l'impassibilità con cui ammazzava le sue vittime -un po' come me-, quindi non si sarebbe fatto nessun problema a riservarmi la stessa fine.

Aveva avuto il pretesto per uccidermi due volte, ma non lo aveva fatto.

Forse stava soltanto attendendo il momento ideale, magari prima voleva riservarmi delle torture per assicurarmi una morte lenta e dolorosa.

"Buongiorno, Jimin"
Rabbrividii involontariamente a quel tono cupo e per poco non rilasciai un piccolo gemito, che fortunatamente intrappolai tra le pareti della gola.

Non mi ero nemmeno accorto della presenza di Taehyung nella stanza, il che mi portava a credere di essere peggiorato ancora di più dal punto di vista mentale e fisico.

"Non ti hanno insegnato che rispondere ad un saluto é educazione, Jimin?"
Accennai una smorfia irritata, cercando di mascherare in ogni modo il lieve tremolio in tutto il corpo.

Ero rimasto esattamente nella stessa posizione per tutta la notte, ovvero accasciato sul pavimento -tralasciando l'avere una sedia attaccata alla schiena e al sedere-, e rispondere alle sue provocazioni non era ovviamente il mio primo pensiero.

"Cosa succede, non rispondi?"
Non capivo perché continuasse a stuzzicarmi, il suo principale obiettivo era entrare in possesso della mia Organizzazione e, di conseguenza, avrebbe dovuto escogitare i peggiori modi per farmi arrendere.

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