28.

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Grazie a tutti quelli che dedicano un po' di tempo per leggere la mia storia❤️

La casa davanti alla quale Travis ha
parcheggiato è completamente buia se non per la luce del portico, accesa nonostante l'ora.

"Stai sempre vicino a me e non farti vedere da Jason, se ti scoprisse mi ucciderebbe." Mi raccomanda serio.

Ridacchio, si Jason lo ucciderebbe di sicuro, ma solo dopo avermi sgridata per la mia irresponsabilità e invadenza.
Nulla di nuovo, comunque.

Esco dalla macchina cercando di non attirare l'attenzione su di me.
Mi guardo intorno e noto altre tre macchine uguale alla nostra e un furgoncino da cui scende Jason che, vestito completamente di nero, si rigira una pistola in mano.
Deglutisco rumorosamente, spaventata dal fatto che tutte le cinque persone attorno a me siano armate.

"Tieni." Travis mi porge una pistola.

"Cosa succede?" Chiedo confusa. Avevo capito che fosse qualcosa di serio, ma non credevo fino a questo punto.

Il ragazzo mi guarda apprensivo.
"Devi mimetizzarti, prendi questa."

Afferro la pistola, riluttante, dopo tanto tempo che non lo facevo.
Mi giro e do le spalle a Travis infilandomi la pistola nella tasca posteriore dei pantaloni cucita a posta per questo utilizzo.

"Non vuoi sapere come si usa?" Mi domanda accigliato il moro.

"So sparare." Lo informo con una nota di amarezza nella voce.
Non mi piace ricordare di quei momenti, ma forse in fin dei conti è stato utile che mio padre mi insegnasse a sparare quando ero piccola.
Quel giorno era entrato in casa, arrabbiato come al solito, non ricordo tutti nei minimi particolari perché è stato quando ero veramente piccola, quando Jacob era ancora a casa con noi.
Abitavamo a New York e lui, dopo le proteste di mia madre, aveva preso me e mio fratello e ci aveva portati in periferia, in un grande edifico in cui erano presenti tutti i tipi di sale d'allenamento immaginabili, dalle palestre alle sale provviste di archi e manichini dove sparare.
Ci aveva dato una pistola per uno e ci aveva lasciati da soli dicendoci che se al suo ritorno non saremmo riusciti a sparare lo avrebbe fatto lui, alla nostra gamba. Dolce vero?
Jacob si era subito agitato e aveva provato in ogni modo ad utilizzare questo aggeggio infernale, invano.
Io avevo mantenuto il sangue freddo e alla fine ero riuscita a capire come togliere la sicura e sparare. Glielo avevo spiegato e quando era tornato, mio padre, era rimasto piacevolmente stupito.
Io non avevo aperto bocca, avevo solamente puntato la pistola contro il manichino presente dall'altro lato della stanza cercando di prendere la mira per poi premere il grilletto tenendo forte la pistola per evitare di farmi male nel momento in cui il proiettile sarebbe partito.
Ed avevo fatto centro, al primo colpo.
Diciamo che il mio, per qualche strano motivo era sempre stato un talento naturale, sapevo sparare, ma odiavo farlo.

Noto Travis rimanere stupito alla mia affermazione per poi sorridere e riprendere a camminare verso Jason.
"Tu sta' qui e girati di spalle, fai finta di essere attenta a qualcosa." Mi ordina mentre si allontana.

Mi giro verso l'entrata della casa e faccio qualche passo verso la porta.
Una cassetta delle lettere è fissata al muro vicino al campanello, ma, né su una né sull'altro, è presente il nome o il cognome di chi abita qui dentro.
Nemmeno un numero civico, nulla.
A cosa serve una cassetta delle lettere senza un indirizzo preciso?
Un dubbio si accende nella mia mente facendomi venire i brividi.
E se fossero criminali? Se tutte quante le persone qui intorno a me che stringono una pistola fossero assassini?

Mi irrigidisco subito dandomi della stupida per non averci pensato prima, così comincio a formulare delle strane ipotesi e a ricordare i momenti passati con questi ragazzi.

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