41.

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"Quel momento di esitazione
che parlava
e mi raccontava di te."

La tazza fumante di caffè che tengo fra le dita, mi riscalda le mani, mentre io, rannicchiata su una sedia del tavolo della cucina, tengo lo sguardo fisso su un punto indefinito, pensando un po' a tutto, un po' a niente.
E' da circa mezz'ora che me ne sto qui, rivivo nella mia testa il momento in cui stamattina mi sono svegliata e il cuore ha cominciato a battermi più forte guardando il suo viso completamente rilassato mentre dormiva di fianco me, al modo in cui mi ha tirata e mi ha stretta a sé quando ha sentito la mancanza del mio corpo di fianco al suo.
Penso e rivivo tutto, consapevole che questa sarà l'ultima volta che una cosa del genere accadrà, per il suo bene e per il mio.
Porto la bevanda scura alle labbra e una smorfia prende possesso del mio viso dopo averla ingoiata, data la mancanza di zucchero.

Trattengo il respiro, incapace di non subire il suo fascino, nel momento in cui un Jason assonnato attraversa la porta indossando solamente gli indumenti che ha usato come pigiama questa notte, quella in cui ho dormito con lui, sopra il suo petto, con i nostri respiri che si univano e i nostri corpi intrecciati, quasi come i nostri cuori. Arrossisco e cerco di non darlo a notare abbassando la testa e osservando i miei calzini con delle ciambelle colorate disegnate sopra.

"Buongiorno." Borbotta lui avvicinandosi pericolosamente a me, facendomi restare interdetta una volta che lo vedo deciso a baciarmi le labbra. Giro il viso lentamente facendo in modo che le sue labbra si appoggino sulla mia guancia, provocandogli un'espressione confusa.

"Che succede?" Mi domanda confuso e in parte spaventato, facendomi sentire tremendamente in colpa.
"Nulla." Rispondo semplicemente con un sorriso teso.
"Non prendermi in giro, Lena. Hai appena evitato di baciarmi, cosa succede?" Ritenta diretto, ora decisamente infuriato che spaventato.
"I-io...non succede nulla Jason, solo-" Comincio non aspettandomi da lui una tale rabbia.
"Mi stai prendendo in giro?" Chiede dapprima ancora incazzato.
"Ti prego, dimmi che stai scherzando." Suona quasi come una supplica che mi frantuma il cuore.
"Jas." Sussurro sperando dentro di me che il messaggio gli arrivi senza bisogno di pronunciare parole che non vorrei affatto uscissero dalla mia bocca.
"Va bene, Lena, va benissimo. Preparati partiamo tra cinque minuti." Mi informa amaramente, con una tale freddezza da lacerare tutto quello che era rimasto integro in me.
"Ho già preparato tutto e salutato sia tuo fratello che i tuoi genitori." Gli rispondo allo stesso modo, trattenendomi in tutti i modi dal non scoppiare a piangere davanti a lui, per non fargli capire che in realtà anche io sono distrutta in questo momento.

Ma lui è già uscito, senza nemmeno ascoltare le mie parole, ha lasciato la mia stanza e anche il mio cuore, ora, per la prima volta, capisco cosa voglia dire perdere per sempre una persona e non potrei sentirmi più sola.

-

Abbiamo passato tutto il viaggio in silenzio, un silenzio di riflessione, entrambi persi nei meandri della nostra mente, lui guardando la strada davanti a sé, e io fisando qua e là il paesaggio fuori dal finestrino e quando riuscivo, il suo viso, consapevole che sarebbe stata una delle mie ultime possibilità di vederlo, di averlo accanto a me.
Ma infondo ora può sembrare una catastrofe, ma ci vorranno pochi giorni per vederlo al fianco di un'altra, sorridente e sono certa che solo in quel momento toccherò il fondo.
Per lui non sarà poi così difficile trovare un'altra più bella e brillante di me che lo ami e che lo renda felice come io non sarei in grado di fare.
"Grazie." Mormoro riconoscente nel momento in cui scarica la mia valigia dal portabagagli della macchina e la posa davanti a me senza nemmeno guardarmi, spazzando via anche le ultime briciole del mio cuore rimaste nel petto.
"Di nulla." Mi risponde freddo e distaccato, senza farmi intuire i suoi veri sentimenti. Ha alzato i suoi muri, di nuovo, li ha alzati a me. Deglutisco rumorosamente e sento il tremendo bisogno di piangere.
Tutto questo resterà solo un ricordo, mi ripeto mentalmente, cercando di essere positiva e pensare che dimenticherò tutto questo dolore.
"Allora, ciao, Jason." Afferro la valigia e, nervosa, ne stringo forte il manico.
Alza lo sguardo, puntando i suoi occhi ghiacciati, nei miei, con una stupefacente intensità. Resto impassibile, senza dare a vedere le emozioni contrastanti che stanno combattendo una guerra infinita dentro al mio cuore, ma mai mi abituerò alle sensazioni che lui suscita in me.
"Ciao, En." Scandisce bene, un saluto che suona quasi da addio, distaccato, freddo, ma pur sempre un addio.
Il nomignolo utilizzato mi fa rabbrividire e contorcere lo stomaco, suona così giusto pronunciato da lui, da far quasi spavento.
Una parte di me, mi urla che sono un'idiota, di baciarlo, di smettere di preoccuparmi per tutto e di vivere a pieno tutte le mie emozioni, l'altra però mi dice che tutto quanto ha un suo tempo, e il nostro non c'è mai stato, probabilmente perché siamo state le persone giuste al momento sbagliato, il momento in cui mio padre ha causato la morte di suo sorella e io potrei causargli altrettanto dolore.

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