44.

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È lungo, ci ho messo tutto, spero vi piaccia❤️
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"Il tuo amore
fa più male
di qualsiasi
pallottola"

"Allora, il motivo per cui sono qui." Esordisco a un certo punto nel bel mezzo del tatuaggio cercando di fingere di non provare alcun male.
Jonny ridacchia sommessamente. "Credevo non ti saresti azzardata a parlare dal dolore, sinceramente." Dice mentre passa un pezzo di tessuto per togliere l'inchiostro in eccesso.
Rimette l'ago sulla pelle e mi trattengo dal contrarre il viso in una smorfia.
"Sono qui per un motivo. Voglio delle armi." Arrivo al punto senza girarci troppo intorno.
Il tatuatore si ferma di scatto, inizialmente sorpreso, per poi scoppiare in una risata rumorosa.
"Eh sentiamo, a cosa servirebbe qualche pistola a una bambolina come te?" Domanda beffardo.
"Se mi chiami un'altra volta bambolina te lo mostro." Gli rispondo, infastidita.
"Sempre aggressiva." Sorride mentre continua con il tatuaggio.
"Vedremo cosa si può fare, solo per te, bambolina." Mi fa l'occhiolino staccando per un attimo l'ago dalla mia pelle e io ne approfitto per dargli una pedata sul braccio.
"Niente bambolina, ho detto." Lo rimprovero mentre si massaggia la zona colpita.

-

La sala in cui, dopo rampe e rampe di scale e continue chiamate al telefono ignorate, siamo arrivati mi lascia a bocca aperta, un vero e proprio magazzino di armi di ogni tipo, mi immagino la faccia che farebbe Brent se entrasse in un posto come questo e sorrido debolmente.
"Allora cara, come mai una ragazza innocente come te dovrebbe volere delle armi?" Domanda curioso fino al midollo l'uomo.
"Non so, perché a un uomo dannato come te dovrebbe interessare?" faccio di rimando scatenando una sua risata.
"Comunque, se proprio ti interessa ho una specie di missione, devo verificare se le immagini nella mia mente sono veritiere o se sono frutto della mia immaginazione, diciamo così, lo devo a una persona." Spiego, più che altro per sfogarmi, riferendomi a lui, afferrando una pistola e sbloccando la sicura.
"Che tipo di supposizione?" Domanda curioso, insistendo nonostante sia chiaro come il sole che io non abbia intenzione di dire troppo.
E il mio telefono comincia a squillare di nuovo, mentre io lo ignoro e l'uomo mi guarda sempre più curioso.
"Suppongo che ci sia qualcuno che non è molto d'accordo con la tua scelta." Ridacchia collegando le chiamate che mi continuano ad arrivare alla situazione generale.
"Non ne è proprio a conoscenza." mi lasciò sfuggire mentre afferro un'altra pistola.
"Comunque ho deciso." Lo informo cambiando discorso e alzando lo sguardo su di lui.
"Voglio queste due." Gli comunico alzando le armi che ho tra le mani.
"Mi serve solo un documento per andare di sopra per registrarti." Mi dice porgendoli una mano per afferrare carta d'identità. "Registrare?" Domando confusa. "Sí, e mi serve anche per la fattura per il tatuaggio."Impreco dentro di me, non mi sono portata nessun documento finto, sono costretta a dargli quello reale sperando che non conosca mio padre e che non si accorga di nulla. "Ah, se qualcuno ti chiede qualcosa, comunque, quelle non le hai comprate, ma te le hanno infilate nella giacca dei delinquenti, facendo una faccia spaventata. Ti crederanno." Ridacchia attendendo ancora il mio documento.
Traffico nella tasca davanti dello zaino che ho sulle spalle e estraggo ciò che Jonny sta attendendo così tanto.
"Ecco a te." Sorrido fingendo tranquillità.
"Salgo, arrivo tra una decina di minuti. Se ti va guardati ancora intorno." Mi invita correndo su per gli scalini con la mia carta d'identità tra le mani.
E ora cosa faccio?
Se riconoscesse il mio nome o il mio cognome potrebbe scoppiare un putiferio, il mio piano di ritrovare Lyn potrebbe andare in fumo e morirei ancora prima di aver scoperto qualsiasi cosa, e tutto per il mio stupido nome, sempre colpa del mio dannatissimo nome.
Comincio a muovermi nervosamente per la stanza e le continue vibrazioni del cellulare non affievoliscono per nulla l'ansia.
Sobbalzo quando dopo alcuni secondi di silenzio sento delle botte pesanti contro il muro apparentemente vuoto.
Mi guardo attorno inquietata e mi sembra quasi i muri stiano diventando sempre più stretti. Non agitarti, Lena, mi ripeto.
Eppure un'altra volta quei battiti.
Mi avvicino al muro da cui provengono e do un colpetto contro la parete. Un suono rimbombante, il muro e fino, dietro è vuoto, c'è un'altra stanza.
Cominciano a tremarmi le mani dall'ansia e non ho la più pallida idea di cosa fare.
"Chi c'è?" Provo a urlare, abbastanza forte perché chiunque dall'altra parte mi senta, ma che dal piano di sopra le urla non siano udibili.
"Aiuto, sono Lynette, Lynette Collins." Grida dall'altra parte una voce disperata.
Ho un tuffo al cuore che comincia a battere a dieci volte la normale velocità. Vengo scossa da un'onda di brividi.
"Lynette, sei tu?" Chiedo confusa cercando qualcosa per liberare la ragazza dall'altra parte.
"Come posso liberarti?" Le domando presa dalla frenesia senza capirci più nulla.
"Ci-ci deve essere una maniglia alla tua sinistra, nascosta sotto al tavolo, tirala." Mi spiega con un mix inspiegabile di emozioni.
Tasto il muro sotto al tavolo con le mani, stando attenta ad essere sicura di non essere beccata dall'uomo, ormai convinta che abbia scoperto la mia identità. Se è lui che tiene imprigionata Lynette, vuol dire che lavora per mio padre.
Sorrido quando sento la maniglia in metallo freddo sotto le mie dita, spaventata però dalla prospettiva di liberare una persona che per quanto potrei saperne potrebbe star fingendo di essere la sorella di Jason.
Fanculo tutti i film horror!
Tiro la maniglia con forza.
Un forte stridore. Non funziona.
L'agitazione di fa strada dentro di me, come è possibile, no, no!
Tiro di nuovo, questa volte più forte, il metallo arrugginito mi provoca tagli alle mani dai quali comincia a sgorgare sangue, ma ancora niente.
Così, con un colpo deciso col manico della pistola la rompo, infuriata.
Un forte stridore e una parte di muro scorre sull'altra, rivelando una seconda stanza, illuminata da una piccola luce arancione, un letto senza coperte, un lavandino arrugginito e l'acqua che cola da soffitto. Storco il naso per l'odore stantio che proviene da lì e respiro profondamente prima di spostare gli occhi sulla figura immobile in piedi sul ciglio delle porta.
Alzo lo sguardo verso la ragazza e mi si mozza il respiro in gola.
Lynette Collins è in piedi di fronte a me, sporca e con i vestiti stracciati, ma viva.
Un sorriso si fa largo sul mio viso e sul suo contemporaneamente, esalo un respiro e poi ci abbracciamo, entrambe incapaci di dire nulla.
"Dobbiamo andarcene." Le sussurro all'orecchio, contagiata da un'improvvisa frenesia. "Quel Jonny avrà di certo capito chi sono e avrà chiamato i rinforzi." Le spiego cercando di non andare in panico.
"Vieni con me." Mi afferra la mano e mi tira dietro di sè su per le scale.
Senza obbiettare le corro dietro, anche quando, una volta arrivate al piano terra, gira per poi correre a nascondersi dietro un bancone leggermente rialzato da terra. Ed è negli scomodarti lì sotto che vedo buste e buste di polveri bianche. Storco il naso ma resto in silenzio, guardando la ragazza di fianco a me, con lo sguardo concentrato mentre si sporge ad a controllare che non ci sia nessuno vicino a noi. L'unico fattore da cui posso riconoscere la paura che sta in realtà attanagliando la sua mente è il corpo così rigido.
La chiamo mettendole un braccio sulla scapola, per poi porgerle una delle due pistole che mi sono rimaste in mano da prima di liberarla.
Mi ringrazia con un gesto della testa, niente più sorrisi riconoscenti, ora è il momento di passare all'azione.
Rifletto un secondo sulla situazione, concentrandomi sul ticchettio dell'orologio presente nella stanza, unica fonte di rumore.
"Stanno arrivando convinti di prendere me." Sussurro. Lei si gira e mi scruta, un'espressione sorpresa si fa largo sul suo viso e apre leggermente la bocca, riconoscendomi solo ora, probabilmente, ma come posso biasimarla, sono passati anni.
"Appena iniziano a scendere le scale noi usciamo di qui e se siamo fortunate troveremo ancora la loro macchina aperta, altrimenti devi essere pronta a correre il più veloce possibile e non fermarti." Le spiego concisamente, facendola più facile di quanto sia realmente.
Mi osserva con quei suoi occhi azzurri come il ghiaccio, facendomi tornare di nuovo in mente lui, gli occhi mi si inumidiscono ripensando alla strana piega che abbia preso questa mattinata e cerco di ricacciare via immediatamente il pensiero di quello sguardo, per poi diventare quella ragazza che è stata addestrata all'organizzazione.
Nessun pensiero, se non la missione che ho, riportare a casa sana e salva Lynette Collins.

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