39.

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"Chissà se ti tremano le mani,
quando tiri i fili dei miei pensieri."


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Il buio mi circonda e io, terrorizzata, cammino per la stanza tastando con una mano il muro alla mi sinistra e tenendo l'altra davanti a me per evitare di finire addosso a qualcosa.
Ricordandomi della luce accecante dell'altra volta porto in anticipo le mani davanti al viso nel tentativo di proteggermi gli occhi.
"Le cose sepolte nella tua mente non sono scomparse."
La stessa voce melodiosa mi giunge alle orecchie pronunciando queste parole.
In sottofondo sento ancora quelle decine di voci sussurrare "trovami, trovami, trovami".
Sposto le braccia dal mio viso dato che i miei occhi si sono abituati alla luce, e mi guardo intorno cercando la ragazza che ha parlato.
"Chi devo trovare?" Domando questa volta, aspettando che mi compaia davanti.
L'ormai familiare folata di vento mi colpisce facendo volare i miei capelli davanti al mio viso.
Mi affretto a spostarli per trovarmi davanti la figura della ragazza vestita di bianco candido in contrasto con i suoi occhi azzurri ghiaccio.
Cerco di non mostrare il panico che mi invade mentre tutto si ripete nuovamente.
"Non dimenticarmi, la morte non è un'opzione." Mi sussurra la ragazza dal viso tremendamente familiare.
Mi affretto ad aprire la bocca per parlare, senza perdere tempo nel guardarla come l'ultima volta.
"Sei morta?" Chiedo curiosa velocemente con la paura che il sogno si interrompa da un momento all'altro.
La ragazza ridacchia e scuote la testa.
"Non sempre la verità corrisponde alla versione più diffusa." Mi risponde lasciandomi se possibile ancora più perplessa.

Mi sveglio nuovamente con il respiro pesante dopo aver affrontato lo stesso incubo che mi tormenta ormai da settimane.
La sveglia posata sull'elegante comodino in legno bianco segna le 4:36, così decido di alzarmi e andare a prendere qualcosa da bere in cucina per potermi calmare.
Scendo le scale cercando di non svegliare nessuno e al contempo di non cadere dato che questi calzini rendono il pavimento tremendamente scivoloso.
Sospiro sollevata una volta arrivata in fondo alle scale senza aver fatto alcuno scivolone o strano rumore.
Il respiro mi si blocca però nel momento in cui noto la luce della cucina già accesa, possibile che ci sia qualcun altro ancora sveglio a quest'ora? Che sia entrato un ladro in casa?
Mi guardo intorno spaventata e comincio a camminare sulle punte dei piedi fino alla porta della cucina, per poi entrarci abbastanza impaurita, notando che l'unica persona presente nella stanza, oltre a me, è Jason, vestito con solamente un paio di pantaloni da ginnastica, seduto sul ripiano della cucina, con lo sguardo perso mentre si rigira tra le mani uno dei lacci dei pantaloni.
"Ehi." Lo saluto appoggiandomi allo stipite della porta.
Alza di colpo lo sguardo e un brivido mi attraversa nel momento in cui i suoi occhi, profondi come l'oceano, investono i miei.
"Ehi." Mi saluta semplicemente, ancora scosso dai suoi pensieri probabilmente.
"Come mai ancora sveglio?" Gli domando notando per la prima volta le sue occhiaie.
"Non riuscivo ad addormentarmi, perciò dopo un po' ho deciso di arrendermi. Tu invece?" Mi chiede scendendo dal piano della cucina.
"Incubo." Rispondo semplicemente scrollando le spalle.
Il suo sguardo si trasforma immediatamente in preoccupato.
"C'entra con tuo padre?" Mi domanda stringendo i pugni.
"No." Gli dico semplicemente ridacchiando, trovando il sogno, ormai ricorrente, nulla in confronto agli incubi che hanno ormai smesso di tormentarmi da un po' di tempo.
"Un incubo, normale, nulla di che. Anzi è più che altro un sogno che si sta ripetendo più volte ultimamente." Gli racconto giocherellando con il braccialetto al mio polso sinistro.
"Vuoi parlarne?" Mi domanda, veramente interessato.
Scuoto la testa, trovando poco importante questo incubo, volendo concentrarmi su qualcosa di più importante.
"Com'è andata con tuo padre, questo pomeriggio?" Gli chiedo, curiosa di sapere se il signor Collins sia riuscito a far star male Jason.

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