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Hoseok col tempo si era creato attorno a sé un muro, ma invece di chiudersi in se stesso e non socializzare: fingeva

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Hoseok col tempo si era creato attorno a sé un muro, ma invece di chiudersi in se stesso e non socializzare: fingeva.

Ecco quello che faceva, faceva finta che tutto andasse bene quando in realtà voleva solo piangere fino a non ricordarsi persino il suo nome. Mascherava i suoi sentimenti dietro un finto sorriso e cercava sempre di essere quello più estroverso dei suoi amici, per non farli preoccupare o destare sospetti.

La sua più grande paura non era che venisse scoperto ad avere la sindrome di Münchhausen, ma di perdere il suo lavoro.
L'unica cosa che lo faceva sentire normale, fiero di se stesso e sopratutto l'unica cosa reale che la sua mente non gli propinava come vera quando in realtà non lo era. Gli fu diagnosticata quella malattia quando dopo una serie di settimane si presentava dal suo medico di famiglia accusando dolori e infezioni in varie parti del corpo.

Il suo comportamento fece insospettire il dottore e dopo una serie di esami per smentire le malattie che diceva di avere, alla fine ne aveva una, ma non quella che si aspettava l'arancio.
Con il cappuccio della sua felpa rossa sul capo camminava nelle strade notturne e desolate di Seoul, illuminate solo dalla fiocca luce gialla proveniente dai lampioni.

Nel vicolo di un palazzo lo aspettava un ragazzo anch'esso incappucciato, vestito completamente di nero. Hoseok c'è ne hai messo di tempo disse non appena vide l'arancio entrare nello stretto vicolo.
Zitto e dammi la roba” sbottò prendendo la busta e mettendola nella tasca dei jeans.

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