Chapter 13

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Maura's pov

Il campanello suona insistentemente svegliandomi. Mi guardo intorno, devo essermi addormentata sul divano dopo che Nina mi ha lasciato sola. Mi chiedo chi possa essere dato che Nina ha le chiavi e Nicky anche.

Apro la porta e Jane mi si butta addosso cercando un appiglio.

«Piccola, che succede?» la stringo mentre sento il suo corpo venire scosso dai suoi singhiozzi

Ho sempre pensato che fosse una persona forte, che odia farsi vedere debole, chiedere aiuto agli altri e probabilmente non mi sbagliavo. Deve essere successo qualcosa di davvero brutto.

«L'azienda» balbetta tra un singhiozzo e l'altro

Mi viene in mente la telefonata che ha ricevuto questa mattina.

«Vieni, siediti sul divano» la accompagno verso il sofà dal quale mi sono appena alzata «Calmati e poi me ne parlerai»

Scuote la testa cercando di andare verso la porta.

«Ehi, dove vuoi andare?» le chiedo dolcemente

«Non dovevo venire qui» scuote la testa cercando di andarsene

«Non pensarlo neanche. Hai fatto benissimo, sono qui per te» la stringo a me cercando di tranquillizzarla

Dopo qualche minuto il suo pianto disperato inizia a calmarsi, fino a dissolversi del tutto.

«Mio padre ha sempre avuto problemi al gioco, deve un sacco di soldi ad uno strozzino, gli ha promesso la proprietà della R&Brothers però l'azienda non è mai stata sua» cerca di spiegarmi molto confusamente senza che però io capisca

«Non credo di aver capito tesoro» sorrido accarezzandole i capelli

Lei scuote la testa come per allontanarmi, come quando i cuccioli smarriti si avvicinano a te in cerca di protezione ma poi se cerchi di accarezzarli si allontanano con le orecchie basse. Mi sembra tanto un cucciolo in questo momento, il mio cucciolo. Il più bello di tutti.

«Mio padre fin da ragazzo giocava a poker, scommettendo, quindi il nonno non gli ha mai passato la proprietà dell'azienda nonostante fosse diventato mio papà il capo di essa. Non ha mai passato a nessuno la proprietà finché io non sono diventata maggiorenne e l'ha data a me. Prima che io diventassi capo della casa editrice c'è stato bisogno che mio padre desse le dimissioni però ero già da tempo io l'effettivo proprietario di essa. A mio padre non è mai appartenuta» sospira chiudendo gli occhi e lasciandosi cadere sullo schienale del divano

«Non capisco cosa» inizio a parlare quando Jane alza una mano come per zittirmi e poi riprendere a parlare senza mai aprire gli occhi

«Probabilmente per te tutto ciò che ho detto non ha senso logico» afferma mentre io sorrido, anche se lei non può vedermi, perché ha capito perfettamente ciò che stavo pensando «Però ciò che voleva Hoyt oggi era la casa editrice stessa. Mio padre gli deve milioni a poker e così hanno raggiunto un accordo. Mio padre gli cede la R&Brothers e Hoyt cancella tutti i suoi debiti»

«Mi sembra il minimo» sbotto senza riuscire a controllarmi mentre la mano di Jane, che era ancora sollevata, cade come morta sulla mia gamba

«Il punto è che mio padre non ha alcun diritto sulla casa editrice, non l'ha mai avuto» scuote la testa desolata

«Tesoro, non so come la veda tu ma questa è la soluzione al problema» commento in un soffio

«Dopo discutiamo su come mi chiamerai» esclama aprendo gli occhi e dedicandomi un sorriso «Però prima spiegati» mi sprona

Jane's pov

Dopo aver discusso con Hoyt esco di corsa dal mio ufficio, Red tenta di parlare con me ma io non le do ascolto. Ho bisogno di andare dall'unica persona che può farmi sentire meglio in questo momento.

Mi trovo a suonare insistentemente alla sua porta senza ricordarmi come io l'abbia raggiunta. Quando apre la porta mi getto tra le sue braccia lasciandomi trascinare dalla sensazione di disperazione che mi attanaglia da quando Hoyt ha detto ciò che io non avrei mai voluto che dicesse.

Una volta che mi sono calmata un po' cerco di spiegare, in modo più o meno sensato, a Maur cosa stia succedendo. Lei dopo avermi ascoltato dice: «Tesoro, non so come la veda tu ma questa è la soluzione al problema»

Il modo in cui mi ha chiamato mi fa scaldare il cuore ma non so se posso sentirla chiamarmi così sempre senza che il mio cuore ne risenta.

«Dopo discutiamo su come mi chiamerai» sorrido aprendo gli occhi per la prima volta da quando mi sono lasciata cadere addosso tutte le preoccupazioni abbandonandomi sullo schienale del sofà «Però prima spiegati» la sprono sistemandomi meglio per guardarla mentre parla

«Se tuo padre non ha mai posseduto la casa editrice, di fatto non può cederla a nessuno. E visto che tu non c'entri nulla con i suoi debiti, l'azienda rimane a te e lui dovrà trovare un'altro modo per saldare i suoi debiti» mi spiega convinta di aver trovato la soluzione al problema

«C'è una cosa che non hai tenuto in conto temo» abbozzando un sorriso per ringraziarla di essersi preoccupata per la mia azienda tanto da cercare una soluzione

«Speriamo che non sia nulla di insormontabile» esclama positiva

«Charles Hoyt non è una persona che si arrende facilmente»

«Non mi è sembrato che Jane Rizzoli sia una persona che si fa mettere facilmente i piedi in testa» mi sorride lei

«È diverso questa volta Maur» le accarezzo il volto

«Perchè?» chiede mentre il suo volto si dipinge in una smorfia più che adorabile

«Perchè c'è di mezzo quello per cui la mia famiglia a sempre lottato» le rispondo

«Per questo non puoi permetterti di arrenderti, specialmente adesso» mi sprona

«Maur, sono sempre stata abituata a stare con persone con l'abitudine del gioco. Mio padre è il primo, e sinceramente non so cosa mai ci avesse visto e continui a vederci mia mamma, ma anche mio fratello Tommy è così. Adesso lavora da me, è vero, ma da sempre ha giocato. Lui si dedicava alle scommesse sulle corse equestri però ha perso un sacco di soldi anche lui. Per questo adesso non abbiamo nessuna possibilità di difenderci da Hoyt» spiego mentre una lacrima ribelle cade dai miei occhi al solo pensiero di perdere la mia casa editrice, la mia azienda, per la quale ho lavorato tutta la vita

«Sono sicura che troveremo una soluzione» mi stringe a sé Maura

Cosa ho fatto per meritarmela, per meritarmi una persona che dopo quasi neanche un mese pensa già ad un futuro dove siamo una cosa sola senza aver bisogno che io glielo chieda.

«Ci porterà in tribunale piccola» scuoto la testa mentre altre lacrime seguono la prima

«Non può avere possibilità di vincere in tribunale. Il gioco è illegale, andrà in prigione per questo» prova a dire per tirarmi su mentre con dei movimenti decisi ma teneri mi toglie ogni lacrima dal volto

«E mio padre lo seguirà, laddove probabilmente non avrà nessuno che lo potrà difendere»

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