{Capitolo 2}

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Arrivai nella stanza di Pietro, stavano tutti bene fortunatamente. Lui non siera ancora svegliato, Evangeline mi disse che lo avrebbe fatto tra poche ore. Io mi sedetti vicino a lui aspettando che il suo risveglio.

Passarono due settimane, Pietro si riprese subito dall'operazione, era in gran forma. Non aveva nessun nuovo superpotere ma solo un potenziamento alla sua velocità, era più veloce e più forte. Per un'intera settimana insistette sul fatto di voler tornare a combattere, io avevo paura che non fosse ancora pronto e che doveva riprendersi al cento per cento.

Ero nella palestra dello S.H.I.E.L.D. insieme a Pietro e ci stavamo allenando, era un modo non solo per migliorare ma anche per farlo riprendere visto che correva veloce solo per pochi minuti. Pietro stava correndo mentre io cercavo di prenderlo con le mie palle di fuoco.

«Non ti ricordavo così pessima nel combattimento»

«E io non ti ricordavo così lento» lui si fermò e mi guardò male, io sorrisi sperando di farmi perdonare anche se fu lui ad iniziare. Mi avvicinai a lui e lo baciai, ero felicissima che fosse lì con me. Era davvero un momento romantico finché lui non ricominciò con la storia di voler tornare in campo. Gli dissi che aveva rovinato quel bel momento ma a lui non si fermò e cominciò a fare un elenco di motivi sul perché doveva ricominciare il suo "lavoro".

«Smettila di insistere, non ti lascerò andare. Sei ancora troppo debole» dissi io seria mentre prendevo la mia bottiglietta d'acqua che avevo lasciato a terra qualche minuto prima. Continuava ad insistere dicendo che mi stavo sbagliando e che dovevo pensarci, stavamo per discutere quando Joanna non mi venne a chiamare. Dissi al mio ragazzo che avremmo continuato dopo il discorso e seguii la mia amica, mi stava portando da Tyron che doveva dirmi una cosa importante. Arrivammo nella sala controllo, mi sedetti vicino al ragazzo mentre la mia amica mi aspettava fuori dalla stanza. Tyron cominciò a farmi vedere un filmato del notiziario in cui una giornalista stava intervistando un uomo. Quest'ultimo diceva che la sua fidanzata è scomparsa pochi giorni prima e non sa dove sia, aveva chiesto aiuto alla polizia ma ancora non avevano notizie. Non potevano affermare che fosse morta perché il suo corpo non era stato ritrovato. Alla fine del filmato Tyron disse che quella settimana alla polizia arrivarono altre cinque denunce di scomparsa, probabilmente qualcuno aveva rapito quelle persone. Gli chiesi se aveva qualche notizia, per esempio nome e cognome, delle persone che avevano esposto denuncia e lui mi stampò i loro nomi e i nomi delle persone scomparse. Decisi di uscire e incontrare almeno una di quelle persone, per trovarle chiesi aiuto a Tyron che avrebbe controllato le telecamere della città e mi avrebbeportato da loro. Insieme a me venne anche Joanna, in due avremmo fatto più in fretta. Io andai da un tizio chiamato Michael, sua figlia di quattro anni era scomparsa. Mi venne il magone pensare che un padre non sapeva dove fosse la figlia per colpa di qualche psicopatico ma anche il fatto che avesse il nome di una persona che avevo ucciso mi fece stare male. Non avrei mai pensato che buttare dalla finestra il mio ex ragazzo mi avrebbe fatto stare così male, era da giorni che pensavo a quella scena e mi chiedevo se c'era un modo per salvarlo. Mi ripeto che avevo fatto il possibile e che doveva morire, cercavo di convincermi. Misi da parte quei pensieri per concentrarmi di più sulla missione e sul perché ero davanti ad un bar. L'uomo era seduto al bancone che sorseggiava un caffè, presi un sospiro e entrai e mi sedetti di fianco a lui. Ordinai una latina di Coca-Cola prima di cominciare una conversazione con il signore, mi presentai porgendogli la mano e aspettando che accettasse di conversare con me.

«Piacere, sono Michael. Come posso aiutarti?» disse stringendomi la mano e sfoggiando un finto sorriso, probabilmente stava pensando alla figlia. Gli feci un po' di domande sulla bambina sperando di non essere stata troppo dura e invadente ma dal suo volto sembrava infastidito, mi guardò storto e se ne andò subito dopo aver pagato il caffè. Pagai la mia bevanda e mi misi ad inseguirlo, cercavo di spiegargli il perché di quelle domande ma lui non voleva ascoltarmi. Appena mi sentii pronunciare "S.H.IE.L.D." si fermò, si voltò verso di me e mi disse di continuare il discorso, voleva ascoltarmi finalmente. Andammo nel parco più vicino in modo da parlare con calma, ci sedemmo in una panchina che era sotto alla folta chioma di un albero. Al parco c'era poca gente, qualche bambino correva e giocava e qualche anziano che prendeva quel poco sole che c'era o che leggeva il giornale. Michael mi chiese cosa doveva dirmi, gli risposi di parlarmi di sua figlia, del suo aspetto, di dove l'aveva vista l'ultima volta e anche di qualche dato più particolare come per esempio il gruppo sanguigno.

«Mia figlia si chiamava Sophie, ha quattro anni e ne compie cinque tra due mesi. Il suo colore preferito è il verde...» fu così che iniziò a parlarmi di sua figlia, mi parlava di lei con le lacrime agli occhi e con un falso sorriso. Con quel sorriso cercava di nascondermi la tristezza che provava, non era facile per lui parlarmi di lei in un momento del genere. Mi diceva anche le cose più scontante e insignificanti che per lui erano davvero importanti, ricordava me quando morì mio padre Phil. Lui e sua figlia erano davvero legati, si volevano un gran bene da quel che capivo e mi veniva in mente quanto eravamo legati io e mio padre.

«Pensi che con queste informazioni riuscirete a trovarla? E a trovare anche il colpevole?»

«Speriamo, non sei l'unico che è e sarà "interrogato" oggi. Oltre a me anche una mia collega sta girando per la città e sta facendo le stesse domande alle altre persone che hanno perso qualcuno. Ora che ho quello che mi serve me ne posso andare, grazie per aver parlato con me. Arrivederci» sorrisi e strinsi la mano di Michael, mi alzai dalla panchina e me ne andai a cercare le altre persone della lista.

Passarono delle ore e io avevo finalmente finito, Joanna aveva finito prima di me e mi stava aspettando nella sala di sicurezza insieme a Tyron. Arrivai e i due iniziarono a comportarsi in modo strano, come se avessi interrotto qualcosa, ma feci finta di niente e diedi i risultati al mio amico. Gli dissi di controllare se le vittime avevano qualcosa in comune e di chiamarmi appena aveva finito, lui non era contento del compito e mi chiese se potevano farlo Evangeline e sua sorella. Gli risposi di no e gli spiegai il perché del mio rifiuto: Evangeline aveva la giornata libera e tutti gli altri erano impegnati in altri casi, gli unici liberi erano lui e sua sorella. Roteò gli occhi e accettò anche se di malavoglia, si girò verso i computer e mi salutò perché stavo andando via. Salutai anche la mia amica per poi uscire dalla stanza e incamminarmi verso casa, dovevo prepararmi per uscire con Pietro.

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