Capitolo 10. Prossima meta? La Spagna

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Dopo quel giorno non accadde più nulla di significativo e singolare. Mio padre prendeva regolarmente le sue pillole anche davanti a me e riprendemmo le nostre abitudini quotidiane. Si avvicinava sempre di più il giorno della partenza per la spagna: il mese di Giugno era ormai terminato e Luglio apriva le porte a nuove esperienze. Non avevo mai viaggiato e finalmente lo stavo facendo con l'unico pezzo della mia famiglia che mi era rimasto, mio padre.

Iniziai a fare le valigie, tra qualche giorno sarei partita, proprio il secondo giorno del mese. Ero emozionata, per questa avvincente avventura. Già sapevo che come una bambina col suo nuovo giocattolo, come anche tutte le persone di questo mondo, avrei raccontato alle mie amiche tutto ciò che avevo vissuto in quella terra di cultura, tradizioni e allegria. Così mi ero immaginata la spagna, soprattutto dopo aver visto l'albergo, vicino alla Sagrada Familia, così grande, luminoso e addirittura con la piscina!

Iniziai a far le valigie quella mattina, volevo che non mancasse nulla all'appello, dovevo esser preparata ad ogni occasione, perciò iniziai a riempire la mia grande valigia di costumi di tutti i colori e le forme, alcuni prendisole, top e pantaloncini. Provai tutti i tipi di occhiali da sole alla moda e di scarpe, i cappellini e le creme da portare. Ero così emozionata, ma l'idea di non vedere Nathan per due mesi mi spezzava il cuore . Tenevo molto a lui, come alla nostra amicizia, ma più lo gradavo e più in me nasceva un sentimento così vero e profondo: mi sentivo come in un altro mondo quando rimanevo a guardarlo negli occhi, quando mi sussurrava le sue follie all'orecchio per prendere in giro qualche suo amico e fare altre bravate al college. Soffrivo di una terribile nostalgia. Dovevo vederlo almeno un'ultima volta, così gli inviai un messaggio con su scritto "Prima di partire oggi ho bisogno di scappare e di vederti".

Poco dopo mi arrivò una sua notifica con scritto "Quando vuoi fare le follie sai a chi rivolgerti ;) Stasera sotto la tua finestra"

Quel messaggio mi riempì il cuore di felicità, così mi rimisi a preparare in fretta la valigia. Non vedevo l'ora che fosse già notte per poterlo guardare un'ultima volta negli occhi e trascorrere almeno un'ora con lui, anche se già sapevo che quell'ora non sarebbe bastata. Questa sua voglia di vedermi, di stare con me e di aiutarmi quando lo cercavo, mi faceva sentire davvero fortunata ad averlo vicino. Tutte queste parole avrei tanto voluto sussurrargliele all'orecchio , ma provavo imbarazzo e timidezza. Quando stavo con lui so che stavo bene, provavo un sentimento mai provato prima, ero felice e incantata dai suoi modi così dolci e da quegli occhi allo stesso tempo. Non sapevo spiegarlo, so solo che rimanevo immobile nella stanza pensando a lui, annullando tutto il resto. Così scossi via i pensieri e ripresi a rimpinzare quella valigia di idee e nuovi vestiti.

Mio padre era ignaro di ogni sospetto, perché io stessa dopo che sarebbe andato a dormire, avrei aperto il cancello, calato la scaletta e fatto salire Nathan. Ancora era solo pomeriggio ed io non smettevo di pensare a come avrei fatto per vedermi con Nathan. Le ore passavano e tra un libro da leggere, un messaggio raro delle mie amiche a cui rispondere, qualche disegno da fare, pareva che queste non passassero mai. Il mio cuore ardeva dal desiderio di vedere Nath e non riuscivo a non pensarci, ma cosa mi stava succedendo? Mi sentivo così strana.

Scesi giù per vedere cosa stesse facendo mio padre che serenamente vedeva la TV. Mi chiese se io stessi facendo una lista delle cose da portare in viaggio, ma lui pareva non curarsene minimamente delle sue.

Tornai di sopra in camera mia e decisi di ordinare la stanza, almeno quando sarei tornata avrei trovato tutto in ordine, anche se già sapevo che domani l'avrei di nuovo resa impraticabile!

Poco dopo mio padre mi disse di scendere per aiutarlo a ordinare il soggiorno e la cucina e così andò via tutto il pomeriggio. Poi la sera io e mio padre ci divertimmo ad azzardare una creazione culinaria delle nostre, sprovvisti di un ricettario provammo a cucinare la paella, un piatto che avremmo dovuto mangiare in spagna, all'americana. Mio padre mi disse scherzosamente che in questo modo avremmo potuto valutare bene la vera paella di qualità. Tra risate, macchie nei grembiuli e disordine ci divertimmo a creare qualcosa di nostro, almeno di questo ci potevamo proclamare fieri per averci provato. In quel momento ad essere la più felice ero io, perché finalmente trascorsi un po' di tempo con mio padre e ciò non accadeva da quando ero piccola. A causa del college i nostri rapporti si raffreddarono, ma quella sera ci divertimmo ed io anche se abitavo sola con mio padre, risentii quel calore che non provavo da molto tempo. Dopo aver pulito e riordinato la cucina, ecco che tutto finì. Mio padre andò a dormire in camera ed io salii nella mia attendendo con ansia Nathan. Dopo circa venti minuti mi arrivò un suo messaggio: era qui, davanti al cancello. Mi affacciai dalla finestrella e lo vidi, ma io, per non far sospettare altro, scesi dalla scaletta e corsi ad aprirgli il cancello. Salì su da me e seduti sulla panca, sotto la finestra, ci guardammo e lui subito mi abbracciò e poi disse:

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