Capitolo 11

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- Matt, ti serve qualcosa? Matt, mi stai facendo preoccupare! Matt! – era Mello, che lo chiamava. Il suo angelo. La sua vita.

"Mells, se non ci fossi tu... Io non ci sarei..."

- Mmmmh. Che c'è? E perché siamo fermi? Siamo già arrivati? – chiese il rosso, come se si fosse appena svegliato.

- No. Watari va a prendere da bere a un bar. Vuoi qualcosa? – gli chiese Mello, dal sedile del passeggero, davanti.

Watari guardava il rosso, accigliato. Matt non rispose. Era come se fosse in un altro universo. Mello, sempre più preoccupato, gli posò una mano sulla fronte.

- Smettila di appoggiare sempre la mano sulla mia testa! Mica ho la febbre! – fu l'unica cosa che disse il rosso.

Mello ritrasse subito la mano e si voltò.

"Ma perché l'ho detto? È ovvio che è preoccupato per me. E io... Non merito una persona come Mello. Non merito nessuno, sono solo capace a ferire le persone. Chissà adesso Roxie... Si sarà dimenticata della bambola?"

- Watari, vai pure. Me ne occupo io. – disse Mello. Il maggiordomo scese dalla macchina e si diresse verso un bar dall'altra parte della strada.

- Near, prenderesti il mio posto? – continuò il biondo. Il ragazzino si alzò per fare questo scambio, senza dire una parola. Matt non capì fino a quando non si trovò Mello seduto accanto a lui, nei sedili posteriori della macchina.

- Non pensarci nemmeno, Matt! – lo rimproverò il biondo, guardandolo negli occhi.

"Perché sono così belli, i tuoi occhi, Mello? E perché sono sempre liquidi? Come se potessi metterti a piangere da un momento all'altro? Boh! Sarà sicuramente per colpa mia. Tu ti fidi di me. Solo io posso ferirti. Solo io so come farlo. Solo io sono importante per te. Solo il mio parere conta, gli altri possono andare a farsi fottere, loro e anche i loro insulti. Ma questo comporta che la tua tristezza dipenda da qualcosa che ho detto, o fatto, o pensato... E io non voglio."

- Pensare a cosa? – chiese Matt.

- Che non sei abbastanza. Non è così. – sussurrò vicino al suo orecchio, per non farsi sentire da Near.

"Quindi riesci anche a capire a cosa penso... E io? Non credo sia capace di farlo: riesco a prevederti solo quando pensi all'incidente e alla cicatrice. Niente di più. E dopo otto anni, capire solo questo è troppo poco. Io non ti merito, Mello, mettitelo in testa!"

- Come hai fatto a capirlo? – gli chiese il rosso.

- Non c'è un perché, è solo che ti conosco. E i tuoi occhi parlano più di quello che credi. –

"Già, i miei occhi mi tradiscono. I tuoi no. Riescono sempre a tenere tutto celato. Dietro una coltre vitrea. E la cosa mi fa stare ancora peggio. Perché riesco a scorgerle, quelle ombre. Ma so che non potrò mai vederle propriamente. Non le farai mai uscire. E non saranno mai paure tangibili. Solo ombre. Il loro destino è quello di stare intrappolate lì, a farti stare male, a farmi stare male quando tu non hai più la forza per provare alcuna emozione. Perché io sto male per te quando sei stanco di soffrire. E loro rimangono lì, semicelate, e ridono di me, e di te..."

Matt non rispose, distogliendo lo sguardo. Mello gli si avvicinò ancora, mettendosi gattoni sui sedili, per poi sporgersi e trovarsi davanti il viso di Matt.

- Mi sgridi quando cerco di scappare, ma sei tu il primo a farlo... – soffiò Mello. Matt rimase zitto.

Non gli piaceva quando Mello si comportava così. Quando le redini del gioco erano nelle sue mani. Quando comandava lui. Perché Matt non poteva far altro che ubbidire.

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