ALLIE (parte 3)

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Rientrai nel pub e la prima persona che vidi fu Mattia, stava intrattenendo alcune ragazze sedute al bancone con la sua solita aria da don Giovanni.

I suoi comportamenti, il suo modo di muoversi, erano così ammalianti, che perfino io feci fatica a ritrovare la concentrazione per rimettermi a lavorare. Sentii un senso di nausea per quell'insolita situazione.

«Ehi, ho notato la scenetta di prima, non lo avevo mai visto così incazzato» interferì Sara quasi compiaciuta.

«Bhe è il tipo che ho incontrato l'altro giorno, ti ricordi? Te ne avevo parlato» le spiegai.

Ero consapevole che sarei stata continuamente presa di mira, in attesa di un più piccolo errore.

«Sei proprio sfortunata Allie.» Detto quello, continuò con noncuranza a fare quello che stava facendo prima del mio arrivo.

Non mi avrebbe aiutata, lei era fatta così. Eravamo amiche per caso, non ci dicevamo più di ciò che era necessario.

L'avevo conosciuta in un raduno di cosplay, e avevamo deciso di comune accordo di andare a tutti gli eventi successivi insieme.

Quella passione ci aveva reso amiche, ma in quanto a personalità, eravamo veramente l'opposto. I suoi capelli neri e corti le conferivano sempre un'aria da maschiaccio, ma nascondeva un fascino nei gesti e nei modi di fare a cui nessuno poteva resistere.

La serata continuò senza altre complicazioni, anche se quello che era il mio capo non fece altro che riprendermi per cose che non avrei mai e poi mai potuto sapere, visto che era il mio primo giorno come cameriera.

Quella esperienza si era rivelata ben presto più insidiosa di quel che avrei mai immaginato.

Quando quella tortura giunse al termine, ne fui veramente sollevata. Sistemai le sedie del locale e uscii all'esterno per aspettare Sara che era rimasta un po' più indietro di me.

Non volevo stare un minuto di più in presenza di un uomo che non aveva fatto altro che assillarmi di critiche per tutta la serata.

«Sei scappata per l'ennesima volta» disse Mattia seguendomi fuori.

«Cosa ci fai qui?» gli risposi senza nascondergli minimamente il mio fastidio.

«Volevo solo dirti che non mi dispiace per come mi sono comportato con te, quello che ti ho detto ti servirà per imparare. In fondo non sei qui per divertirti» mi spiegò con superiorità.

«Lo so, non serve che tu me lo faccia presente.»

«Sei permalosetta, te lo hanno mai detto?» sottolineò, divertito dal mio atteggiamento.

«A volte.»

Per fortuna a interrompere quella discussione fu l'arrivo di Sara, che ci guardò entrambi con fare interrogativo. Dopo un breve scambio di battute, salutammo Mattia e salimmo in macchina.

«Mi spieghi cosa stavi facendo sola col capo?» chiese la mia amica, per niente contenta di quella faccenda.

«Guarda che è stato lui a seguirmi» mi giustificai sperando che credesse alle mie parole. Non avevo nessuna intenzione di passare per quella che si appartava con il proprio superiore per ricavarne dei vantaggi.

«Stai attenta Ally, non è il genere di uomo che fa per te. Lui è una persona che usa gli altri come oggetti.»

«Ci sei andata a letto e ti ha scaricata vero?»

Era chiaro che lo conoscesse piuttosto bene, altrimenti non si sarebbe mai presa la briga di avvisarmi.

«Beh è stato un errore, non fare come me.»

Le feci cenno di aver capito e non aggiunsi altro. Ero arrivata da un pezzo a quella conclusione. Sarei dovuta stare alla larga da lui o quantomeno cercare di averci un rapporto maturo senza complicazioni.

Sarebbe stato semplice, l'esperienza con il mio migliore amico mi aveva insegnato a fare più attenzione. Ma la mia vera preoccupazione era un'altra, presto sarei tornata a casa mia e avrei dovuto affrontare tutto ciò che mi ero lasciata dietro.

Sentivo già le risate sarcastiche di mio padre, l'atteggiamento remissivo di mia madre, che per quanto si sforzasse non sarebbe mai riuscita a lenire il rapporto difficile che avevo con lui.

Più volte mi era stato detto, proprio da chi avrebbe dovuto amarmi più di chiunque altro, che era difficile volermi bene

Per altro non avevo mai capito il senso di quell'affermazione. Forse il fatto che raramente mi lasciavo avvicinare da qualcuno era sufficiente per far scaturire una tale considerazione di me.

Arrivate a destinazione, andai direttamente a letto e lasciai perdere tutto.

Da bambina mi ripetevano spesso che bisognava scegliere le persone giuste, ma non ero mai stata in grado di capire come riuscire a riconoscerle. Quindi senza volerlo avevo finito per allontanare tutti e avevo cominciato a vivere solo nel mio immaginario.

Forse era per quello che il mio vicino non riusciva a parlarmi normalmente, nonostante abitassimo uno accanto all'altro da anni. Forse davo l'impressione di voler essere lasciata in pace

Dovevo dare una possibilità agli altri, la possibilità di farmi conoscere.

Nascondersi non era più tra le alternative.

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