ALLIE (parte 1) Ricordo numero cinque

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(Tre anni prima)

I miei genitori erano persone comuni, di quelle che vedi tutti i giorni per la strada o a lavoro, persone a cui basterebbe veramente poco per essere felici. I miei genitori sono stati l'esempio vivente di un amore sbagliato.

Forse un tempo si erano amati, di quell'amore che consuma, forse mia madre che era da sempre vissuta con due genitori troppo restrittivi, aveva trovato la sua libertà in una favola dal risvolti drammatici.

Si era donata completamente, lasciando che qualcun altro si prendesse la sua energia, lasciando che lui le causasse tanti piccoli tagli sul suo cuore ancora giovane.

Non sapevo come ci fosse riuscita, ma invece di inaridire, era sbocciata nuovamente, come se fosse diventata una donna più consapevole, più forte, una donna che non aveva bisogno necessariamente di un uomo per stare bene con se stessa.

Nella nostra famiglia non ci riunivamo mai a tavola a chiacchierare, spesso ci chiudevamo nelle nostre stanze e rimanevamo soli. Stavamo lontani dai parenti e i parenti stavano ben lontani da noi.

Pensavo che volessero tutti evitare mio padre, che cercava senza sosta di mettere zizzania con ogni persona che gli si avvicinava.

Più crescevo e più mi abituavo al silenzio. Più diventavo un'adulta e più mi vergognavo di confidarmi o chiedere aiuto a loro. Quante volte avrei desiderato avere qualcuno accanto che mi asciugasse le lacrime. Magari sul maglione gigante di mia madre, sentire da mio padre che mi avrebbe voluta bene sempre, anche se non ero come mi avrebbe voluta.

Naturalmente non era mai successo, per quella ragione stavo facendo nuovamente le valigie. Ero tornata da malapena una settimana a casa mia e dopo le ripetute liti, Mattia mi aveva chiesto di ritornare da lui.

Visto che il rapporto tra me e la mia migliore amica era ormai irrecuperabile, si era perfino offerto di farmi dormire a casa sua.

«Quando tornerai a trovarci di nuovo?» chiese mia madre non togliendomi gli occhi di dosso nemmeno per un momento.

A lei non volevo mentire. «Non lo so, forse non tanto presto.»

«Dovresti risolvere i tuoi problemi con tuo padre.»

«Lo sai che non capirebbe.»

In quel momento mi era sembrata così indifesa. Era tornata bambina, non voleva lasciarmi andare, glielo leggevo chiaramente sul volto.

«Promettimi che chiamerai»

«Lo prometto.» Poi sentii i suoi passi allontanarsi dalla mia camera, lasciandomi all'intimità di quelle quattro pareti bianche che mi avevano vista crescere.

Ero una figlia che non si meritava una madre tanto comprensiva. Non riuscivo mai a dimostrarle l'affetto che si meritava, non le dicevo mai quanto l'amassi. Di come il mio amore per lei fosse l'unica cosa che custodivo gelosamente nel cuore.

Il mio vero punto di riferimento, era l'amore per mia madre, un amore assoluto, privo di sbavature o dubbi, era uno di quel legami che non mi avrebbero mai delusa.

Se con i miei genitori non riuscivo a confidarmi, con Mattia invece parlavo di tutto. Di quelle cose che non racconteresti nemmeno alla tua migliore amica, confidenze anche banali che però non avevo il coraggio di svelare a nessuno. I motivi che mi spingessero a farlo erano un'incognita, in fondo ci conoscevamo solo da poche settimane.

Non sapevo nemmeno il suo cognome o quale fosse il suo cibo preferito, non sapevo se gli piaceva più il colore giallo o il rosso, non conoscevo il numero delle storie che aveva avuto e quante di queste erano state veramente importanti.

Angoli di cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora