ALLIE (Parte 2)

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Con il passare degli anni qualcosa si era portato via anche quel momento e non aveva più fatto ritorno. La spensieratezza, l'allegria che mia madre mi donava ogni volta che aprivo gli occhi, era lentamente scomparsa. Qualcosa l'aveva portata via, cancellando per sempre quel lato così luminoso di lei.

Non era rimasto altro che il dolore di una donna che faceva di tutto per tirare avanti, anche quando la realtà si era fatta simile a un buco nero informe. Mia madre era la colonna portante della mia esistenza, la donna che mi aveva insegnato a rialzarmi anche dopo una brutta caduta.

Era la voglia di farcela più sfrontata e prepotente che avessi mai visto.

«Ok, ecco qui a lei signorina» disse Mattia poggiando il piatto con il cornetto appena sfornato sul tavolino. E fu così che ripresi coscienza del presente e mi concentrai su quello che stava succedendo intorno a me.

«Grazie.»

«Sembri infelice, ma anche la prima volta che ti ho visto mi hai dato la stessa impressione» notò lui quasi come se stesse riflettendo a voce alta, ignorando la mia presenza.

Mi stava ricamando addosso il suo punto di vista, che non corrispondeva esattamente a quello che diceva. Non ero una persona triste, ma forse non ero nemmeno felice. Semplicemente vivevo senza espormi troppo, restando in equilibrio.

«Sono costretta a stare con te è normale che lo sia» lo stuzzicai. Lui in tutta risposta rise divertito a quella evidente frecciatina.

«Hai ragione, ma devi ammetterlo non ti è andata poi così male» si pavoneggiò con tutta la sua arroganza.

«Scommetto che lo hai detto anche a Sara.» Il mio era una specie di avvertimento, volevo fargli sapere che ero a conoscenza di ogni cosa.

Per un attimo vidi un lampo di sorpresa attraversargli lo sguardo facendolo diventare improvvisamente serio. Ma continuò a studiarmi con una tale intensità che mi fece rabbrividire.

«Sara mi ha messo gli occhi addosso e io non ho una moglie che mi aspetta a casa o una fidanzata che riempia le mie giornate. Quindi è inutile che cerchi di rimproverarmi come se avessi fatto qualcosa di sbagliato» precisò con assoluta calma.

«Bhe certo, perché calpestare i sentimenti delle persone non ti sembra un comportamento discutibile?» insistetti imperterrita.

«Una volta mi hanno ferito e adesso sono io a ferire, mi sembra un giusto compromesso non trovi anche tu?» mi chiese, come se cercasse un modo per giustificare se stesso attraverso quella domanda.

«Per un codardo probabilmente è così. Proprio perché ci hanno ferito in passato dovrebbe spingerci a non fare la stessa cosa agli altri.»

Sapevo che la mia amica era abbastanza adulta per decidere per se stessa, e che prendermela con lui non avrebbe certo cambiato niente, ma preferivo dargli addosso, per il solo fatto di vedere come reagiva.

L'atmosfera tra noi diventò carica di pretese, di accuse taciute e incomprensioni non chiarite. Lui non era nulla per me, ma chissà perché mi ostinavo a sfidarlo, a far valere le mie ragioni, sperando che le comprendesse.

Volevo capirlo, ma la motivazione che mi spingeva a farlo era come un istinto che non ero in grado di reprimere. Volevo capire cosa gli fosse successo per essere diventato così cinico.

«Sei così agguerrita, così sicura delle tue convinzioni che ti ammiro, proprio per questo mi piaci. Sei diventata un problema» confessò nervosamente, come se quel piccolo attimo di sincerità gli fosse costato una fatica enorme.

«A me tu invece non piaci per niente. Sei tutto quello che non cerco in una persona. Però sei abbastanza interessante, devo riconoscerlo.»

«Io sono tutto ciò di cui hai bisogno in questo momento, vuoi dimenticare e io riesco a farti dimenticare. Non ho idea di cosa stai cercando di eliminare dalla memoria, ma tutto quest'odio che hai verso di me è sicuramente scatenato da qualcos'altro. Un'altra cosa, sono più che interessante Allie.»

Mi morsi il labbro inferiore, rischiando quasi di provocarmi una ferita. Quello che aveva detto era assolutamente vero. Me la stavo prendendo con lui solo per sfogare la rabbia repressa che avevo dentro.

«Ammettiamo che sia vero quello che dici, resta il fatto che tu non mi piaci» ribadii sempre più convinta.

Lo dicevo più che altro per cercare di convincere me, invece che l'uomo che avevo di fronte.

«Quindi se mi avvicinassi a te adesso, ti sarei indifferente?» mi sfidò.

Non ebbi nemmeno il tempo di replicare a quella domanda, quando con uno scatto veloce sopraggiunse al mio fianco spostandosi con tutta la sedia.

Le sue labbra sfiorarono le mie guance e subito mi paralizzai. Il cuore mi batteva così forte che per un attimo avevo pensato che mi uscisse fuori dal petto. Un brivido lungo la schiena si mischiò ad altre sensazioni tutte diverse tra loro. La paura, il disagio, la voglia di restare e quella di andarsene.

Respirai il suo profumo, era un misto di tabacco e dopobarba. Trovai che gli donasse, che gli appartenesse come se fosse il rivestimento della sua anima.

Quel suo gesto era riuscito a farmi attorcigliare lo stomaco su se stesso.

«Lo so che vorresti che ti baciassi» mi sussurrò avvicinando la sua bocca al mio orecchio.

Come un lampo al ciel sereno le parole di Sara risuonarono rumorosamente in una parte recondita della mia mente. Mi allontanai come se fossi stata punta da una vespa.

«Stammi lontano, non provare più a toccarmi» lo aggredii furente.

«Ti ho solo sfiorata. Sei sulla difensiva senza motivo, se avessi voluto toccarti, fidati che non avresti avuto modo di scostarti da me come hai fatto poco fa» disse compiaciuto.

«Non te lo avrei permesso» protestai con sicurezza.

Mi sentivo una perfetta ingenua, non tanto per come avevo reagito, ma perché gli avevo permesso di avvicinarsi a me così facilmente.

«Solo perché non hai il coraggio di affrontare i tuoi sentimenti. Andiamo adesso, ti porto a casa.» Si alzò e mi fece cenno di seguirlo fuori. 

Continua....

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