Ricordo numero quattro
(Tre anni prima)
Ci fu un rumore metallico a interrompere quel silenzio.
C'era la mia amica appollaiata su una sedia non molto distante dal grande finestrone del balcone. Probabilmente si era lasciata sfuggire qualcosa tra le dita, che non aveva smesso di muovere nervosamente nemmeno per un secondo.
La sua rabbia stava contagiando anche me. Il sole intanto moriva all'orizzonte e riempiva la stanza di una luce luminosa e calda. Amavo il tramonto, l'inizio della sera, la melodia della notte che si sta per risvegliare.
C'era troppa calma nell'aria, e sapevo per esperienza che era un brutto presagio.
«Davvero ti piace?» chiese Sara cogliendomi alla sprovvista.
«Si credo, non ne sono sicura, ma devo scoprirlo» le faccio con incertezza.
Ero sicura che avrebbe reagito male a quella mia insensata decisione. Del resto nemmeno io capivo come avesse fatto a convincermi.
«Ti farà soffrire.»
«Lo so.» Sarebbe davvero stato un dolore intenso. Ne percepivo l'eco, era una sensazione che si insinuava dentro di me, avvolgendomi in uno strato spesso di dubbi e domande a cui non davo mai risposta.
«Ormai è tardi per tornare indietro, devo dargli una chance» mi giustificai.
«Sei una bugiarda. Tu non vuoi tornare indietro, siete due vigliacchi, con la sola differenza che lui non ha più niente da perdere e tu invece si.»
A quell'affermazione mi sentii decisamente in colpa. Mi sentivo in colpa per lei. Cercava di salvarmi, ma non volevo essere salvata, volevo sbagliare. Ero consapevole di ciò che stavo facendo.
L'unico modo per chiarire la confusione che avevo dentro, era affrontarne l'origine, anche se ciò rappresentava espormi troppo.
«Mi ha fatto conoscere i suoi amici, Alessandro in particolare mi sembra molto simile a te.»
Non era la cosa giusta da dire, ma in quel momento volevo soltanto che quella rottura tra noi non fosse così visibile e così ampia. Volevo riparare, volevo costruire un ponte che mi permettesse di raggiungerla, di mettere le cose apposto, ma forse non era ancora pronta a perdonarmi.
«Scherzi? Mio padre è in ospedale e tu credi che a me interessi? Poi degli amici di quell'essere che probabilmente ti farà soffrire come mai ti è capitato in vita tua?» mi aggredì.
Poi si alzò dalla sedia e riprese l'accendino che le era caduto a terra.
Suo padre aveva avuto un incidente d'auto, per fortuna a parte una distorsione non aveva riportato ulteriori ferite.
«Scusami hai ragione» non aggiunsi altro, mi stavo comportando da sciocca. Ero proprio una pessima amica.
Volevo andarmene da quella casa, ma andarmene significava tornare indietro, tornare a discutere con mio padre, a dire a mia madre che potevo accettarlo, anche se non era vero. Tornare a guardare fuori dalla finestra cercando di far finta che quella situazione non avesse inciso su di me.
Era chiaro che mi odiasse, che cercasse in ogni modo di soffocare il suo dolore. Ma io riuscivo a percepirlo lo stesso, graffiava gli angoli più interni del mio animo, andava a conficcarsi come tante piccole spine nel mio cuore. L'avevo tradita come spesso avevano tradito me e non sarebbe stato facile porvi rimedio.
«Come pensi di riuscire a tenere un legame del genere con tutta questa distanza di mezzo? Tra tre giorni tornerai dai tuoi genitori.» Era la domanda che mi tormentava più di tutte, ma non ero mai riuscita a farmela ad alta voce.
La mia migliore amica naturalmente, stava cercando ogni mezzo, ogni dettaglio, ogni pezzo mancante per spingermi a ripensarci, ma io non volevo mollare. Ed ero sicura che lui mi avrebbe rincorsa in ogni caso.
La sua memoria, le nostre frasi interrotte solo per prendere fiato, tutte le speranze che ci eravamo cuciti addosso, sarebbero venuti con me, ovunque io mi fossi spostata.
«Verrò a trovarlo» le dissi fingendo una sicurezza che in realtà non possedevo.
«Ti illudi. Vuoi illuderti solo per dimenticare chi non è restato per stare con te. Ally non esistono i principi azzurri, ci sono solo uomini a cui piace nascondersi sotto questa fantasia malsana che le donne si fanno da sempre.»
Se avessi avuto una psicologa, probabilmente mi avrebbe fatto lo stesso discorso e proprio per quel motivo le sue obbiezioni non fecero breccia, non raggiunsero nemmeno lontanamente l'obiettivo sperato. Io avevo scelto e avrei percorso quella strada fino la fine.
«Ora devo andare mi aspetta di sotto. Fammi sapere quando dimetteranno tuo padre.» Chiusi il discorso e lei capì velocemente di aver perso non solo la battaglia, ma anche la guerra.
«Anche se sei sciocca ti voglio bene lo stesso.»
«Te ne voglio anche io.»
Me la lasciai alle spalle.
Sembrava una specie di addio e forse in qualche modo lo era veramente. La nostra amicizia si stava per corrodere. Le incomprensioni si attecchivano a quel rapporto che si stava trascinando giorno dopo giorno alla deriva.
Poi lo vidi, tutto cominciò a sparire. Le preoccupazioni, i dubbi, la paura del domani, tutte quelle cose si erano dissolte completamente appena i miei occhi avevano incrociato i suoi.
Era una favola che nascondeva una cicatrice, era una favola destinata a sgretolarsi, ma era tutto così naturale, in apparenza perfetto.
continua...
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Angoli di cuore
ChickLitAllie e Manuel sono vicini di casa da diversi anni e tra loro scorre da sempre una certa antipatia, qualcosa di talmente viscerale che l'unico modo che conoscono per andare d'accordo è quello di evitarsi. Allie è una ragazza come le altre, se non...