ALLIE (Parte 3)

27 1 0
                                    


Le luci si spensero. Era rimasto solo il buio e il suono dei passi a riempire quel silenzio, quella distanza tra di noi.

I nostri corpi avrebbero anche potuto avvicinarsi, toccarsi o fare l'amore, ma tutto si sarebbe fermato a un breve istante. Un istante che non avrebbe mai guarito le cicatrici che ci portavamo dietro da anni.

La sua storia si era mischiata con la mia, per un attimo avevo creduto di poter lavare via tutto ciò che un tempo era stato per ripartire da zero.

Quando arrivammo sotto casa di Sara, mi resi conto che non mi aveva lasciato le chiavi per entrare e io mi ero completamente dimenticata di chiedergliele.

«Accidenti, ora che ci penso non posso aprire la porta, non ho le chiavi» sbuffai rassegnata.

«Interessante, sei bloccata con me» aggiunse compiaciuto.

Una notte con quell'individuo non era proprio la cosa giusta da fare, ma del resto quante possibilità mi restavano?

«Levati quel sorrisino dalla faccia, si tratta solo di un inconveniente.» Naturalmente fu tutto inutile, quello che a me non stava bene, a lui invece andava benissimo.

«Se va a mio vantaggio tanto meglio» precisò.

«Sei veramente irritante.»

«Lo so» confermò come se ne andasse fiero.

Mise in moto l'auto e senza fare alcuna domanda rivolsi la mia attenzione alla strada.

Tutto scorreva velocemente fuori dal finestrino. Le luci dei lampioni si mischiavano con i pensieri, con la stanchezza che si posava sugli occhi e creava un tripudio di colori che si mescolavano tra loro.

Potevo dirgli di portarmi in un albergo, ma una voce mi impedì di farlo. Qualcuno che mi ripeteva sempre che non ero in grado di vivere davvero.

"Scommetto che sei una cagasotto, per questo te ne stai sempre seduta su quella panchina, non hai il coraggio di vivere e ti nascondi eh?" Era la voce di Manuel, ancora quel suo tono arrogante mi faceva da eco nella mente.

Per quella ragione decisi che per una volta avrei seguito gli eventi, ovunque mi avessero portata, anche se era la cosa più incosciente che avessi mai fatto.

Quando arrivai a casa di Mattia, la sua solitudine toccò la mia. Anima contro anima, essere contro essere. Nuda, vera, reale quel tanto che bastava per diventare inquietudine.

Casa sua era piuttosto grande, mi fece strada lungo tutto il corridoio facendomi segno di fare piano. Mi trascinò nella stanza in cui probabilmente dormiva.

In un lato della camera c'era un letto a una piazza, mentre dall'altro c'era un armadio che occupava gran parte dello spazio, che già di per se non era molto ampio. Infine, accanto a una piccola finestra c'era una scrivania piena di fogli, pacchetti di sigarette e una vita buttata un po' alla rinfusa.

«Scusa mia madre è anziana e non voglio svegliarla» si scusò un po' agitato.

«Pensavo vivessi da solo.»

«Vorrei, ma mia madre ha bisogno di qualcuno che si occupi di lei e quindi non mi va di lasciarla da sola» si giustificò prima che potessi aggiungere altro.

Era insolito che un uomo della sua età vivesse ancora con i suoi genitori, ma decisi di non darci molto peso, forse sua madre non era in buona salute e lui voleva solo starle accanto come farebbe qualsiasi figlio.

Tra le carte sparse davanti a me, c'era qualcosa che improvvisamente catturò la mia attenzione. Le mie dita andarono ad accarezzare i tratti a matita di un disegno, percorrendo lentamente le sue linee, e ricalcando passo dopo passo quel paesaggio in cui non ero mai stata.

Angoli di cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora