Non appena Jeremy si fu allontanato Savannah mi trascinò per un braccio fino in cucina, poi mi spinse in un angolo, e, solo dopo aver lanciato rapide occhiate in giro fulminando con lo sguardo chiunque ci osservasse, mi sussurrò: "Il padre di Jeremy è morto l'anno scorso".
"Hanno sempre una storia triste che giustifica i loro atteggiamenti stronzi" conclusi guardando Savannah che non mi sembrò per nulla concorde.
"Fanny smettila, Jeremy non è Killian. Il tuo ex è una storia che non ha a che vedere con questa!".
"Sarà che Jeremy non è una storia!" Intervenni prontamente, Savannah assunse un'espressione annoiata e un po' scettica, alzò un sopracciglio continuando a fissarmi:
"Come vuoi..."
"Beviamoci su" dissi finendo di trangugiare la mia vodka ed afferrando la bottiglia, decisa a prepararmi un altro drink
"Alle tue innumerevoli figure di merda amica mia" disse Savannah sdrammatizzando quella situazione assurda.
Non l'avrei mai ammesso, ma le parole di Savannah mi fecero sentire un po' in colpa. Avevo giudicato Jeremy in fretta perché il lusso sfrenato del suo appartamento, così, in netta dissonanza con il suo personaggio d'alternativo pronto a combattere il sistema, mi aveva indotta a pensare che fosse un figlio di papà come tanti, e, cinicamente, non trovavo che la morte di suo padre cambiasse questo dato di fatto.
Nessuno studente, nemmeno i più benestanti che avevo conosciuto in vita mia, avrebbe mai potuto sognare un appartamento simile per passare i suoi giorni universitari. Jeremy era uno che sarebbe dovuto andare a Yale, ad Harvard, non nella mia scuola, tra l'altro coinvolta in scandali recentissimi a causa dei quali si era notevolmente abbassata la sua reputazione accademica.
Tutto sommato non ero certo così stupida da non rendermi conto quanto potesse avergli fatto male il mio commento, la mia idea su di lui non era cambiata ma io ero stata fuori luogo.
Savannah mi propose di tornare di là a ballare, ma non mi sentii affatto dell'umore adatto e rifiutai con una scusa poco originale: l'impellente necessità di dover utilizzare il bagno.
Fui sollevata quando, quasi implorandomi mi domandò: "Ti dispiace se non ti accompagno? È giusto in cima alle scale... se mai chiedi a Clayton".
Ovviamente non avrei chiesto a Clayton, non mi scappava e volevo solo allontanarmi dalla folla e commiserarmi pensando alla figura barbina fatta con Jeremy.
Ora, oltre che ad una perfetta deficiente dovevo essergli sembrata una stronza insensibile.
Mi allontanai velocemente dalla sala dove lasciavo Savannah, e, tra l'altro, in buona compagnia siccome le si era subito avvicinato un ragazzo dall'aria interessante. Giunta dinnanzi alle scale gettai una rapida occhiata nella direzione della mia amica per vedere come stava procedendo il suo flirt.
Notai che continuava a guardarmi, probabilmente per assicurarsi che non mi perdessi e non mi capitasse l'ennesima gaffe, per cui, arrivata di fronte alle scale, decisi di fingere d'andare davvero in bagno. Mi sarei rinfrescata un attimo il collo e i polsi, l'acqua avrebbe aiutato a ritrovare un po' di lucidità.
Arrivai davanti alla porta dei servizi, ma la trovai chiusa dunque mi misi ad attendere lì di fianco.
Mi sentii infinitamente stupida ad essere in coda per la toilette senza avere nemmeno bisogno di utilizzarla; cominciai a guardarmi in giro per ingannare il tempo, nella speranza che i miei occhi potessero scorgere una via di fuga: le scale dell'uscita d'emergenza fuori da una finestra o una corda con la quale calarmi, sempre dalla finestra, lasciando la festa senza dare nell'occhio.
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Quel disastro meraviglioso
ChickLit"E chi sarebbe stato tanto scortese nei suoi confronti"? Continuò con il suo sarcasmo snervante. Mosse un passo verso di me e io mi sentii svenire. Percepii un fremito attraversarmi il corpo: partire dalla gamba sinistra espandersi fino alla punta...