13.

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Con mia grande sorpresa Jeremy era arrivato a scuola in moto, lo guardai titubante prima di accettare il casco che mi stava porgendo.

"Che c'è Riccioli d'oro non sei mami stata su una due ruote"? Mi domandò lui a metà fra l'ironico e il sinceramente sorpreso.

"No, è solo che.... ma quanti mezzi di trasporto hai"?

Non gli dissi che in realtà non avevo mai messo piede su una due ruote, come diceva lui, e che il farlo m'intimoriva non poco. Afferrai il casco che mi stava passando e lo allacciai, per fortuna, abbastanza velocemente.

"Ne ho due, ma potrei averne di più se volessi", mi rispose una volta che mi fui accomodata dietro di lui.

"Ci son le maniglie dietro, ma se ti vuoi tenere a me non mi dispiacerà affatto", mi disse prima di mettere in moto vedendomi con le mani in mano.

Tastai dietro di me, senza guardare, finché non trovai le maniglie a cui tenermi, non avrei sopportato l'imbarazzo di doverlo toccare per tutto il viaggio.

La motocicletta sfrecciò sulla strada, l'aria fresca mi pizzicò piacevolmente la pelle mentre io inalavo i più disparati profumi.

Ero una delle poche persone al mondo che amava gli odori della città, mi piaceva passare davanti ai condomini e sentire i profumi delle loro pietanze tutti mescolati: io e Savannah giocavamo sempre ad indovinare cosa stesse mangiando la gente in base all'odore che sentivamo fuori dai palazzi.

Jeremy svoltò in un vicolo che portava al fiume Genessee, percorremmo tutta la strada che lo costeggiava con mia grande sorpresa e piacere fino a svoltare sino alla città greca. Uno dei miei luoghi preferiti di Rochester. Superammo le cascate e i turisti intenti a fotografarle per poi imboccare una via laterale, un vicolo che non avevo mai notato prima d'allora.

Arrivammo al ristorante fin troppo in fretta per i miei gusti, nonostante la strada fosse tutt'altro che breve, il giro in moto mi era davvero piaciuto e mi domandai come fosse possibile che io non vi fossi mai salita. Probabilmente perché non avevo mai conosciuto qualcuno che ne avesse una. Cioè, non conoscevo molte persone in generale. E, tranne Savannah, le poche amicizie che avevo coltivato nel corso della vita le avevo perse rinchiudendomi in una relazione logorante durata fin troppo, durante la quale non avevo più frequentato nessuno all'infuori di lui.

Jeremy salutò il cameriere, come se lo conoscesse molto bene, mi domandai quanto spesso andasse in quel posto e se fosse solito portarci tutte le sue ragazze.

Scacciai quei pensieri alla svelta ed afferrai il Menu.

Odiavo mangiare insieme ad altre persone perché ero complicata sul cibo: amavo mangiare, ma non sapevo mai decidermi al ristorante. Cambiavo idea ogni due minuti ed ero il terrore di qualsiasi cameriere. Decisi per un Hamburger - Jalapenos e dovetti farmi forza per non cambiare idea venticinque volte prima di ordinare.

Jeremy, seduto di fronte a me, sembrava perfettamente a suo agio, mi raccontò degli esami, delle nottate passate a studiare e di Clay ed Ethan che avevano impiccato nel bagno il suo modellino anatomico e di quanto l'ultimo anno, per quanto duro, fosse spensierato perché in fin dei conti arrivi ad apprezzare talmente la scuola che anche l'idea di doverci passare un po' di tempo in più smette d'essere un problema.

Gesticolava e sorrideva mentre mi parlava, ogni tanto una ciocca di capelli gli cascava sulla fronte e lui la respingeva con un soffio. I suoi occhi verde smeraldo luccicavano mostrando tutta la sua soddisfazione personale per aver superato un periodo tanto duro. Non osai mettermi nei suoi panni e provare ad immaginare come ci si dovesse sentire durante gli esami dell'ultimo anno, se già quelli del primo mi avevano causato tanta ansia.

Quel disastro meravigliosoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora