11.

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"Fanny per favore mi sembri diventata una suora, esci un po', fai qualcosa", mormorò Savannah disperata fissando i rimasugli di pizza sparsi sul tavolino incastrato fra il divano e il suo letto.

Ne ero consapevole, dopo l'ultima festa disastrosa in cui avevo creduto che un figo m'avesse invitata per provarci, ma poi l'avevo colto nel pieno dell'azione con un'altra, dunque avevo deciso d'infilare la lingua in bocca al primo sconosciuto incontrato, per poi dileguarmi senza dargli mezza spiegazione, la voglia di vita sociale mi era decisamente passata. L'unica cosa che avevo in mente era concentrarmi sullo studio e non avevo intenzione di lasciarmi sconcentrare da niente e da nessuno.

Nel tempo libero guardavo film d'amore ed ascoltavo musica triste, avevo riguardato un centinaio di volte un amore splendido, domandandomi perché non fossi nata in altri tempi. Quei tempi in cui l'amore era un sentimento reale e non si riduceva ad una lista di scopate; quando gli uomini perdevano la testa per una donna e allora la corteggiavano sino allo sfinimento, e lei non aveva alcun dubbio d'essere l'unica agli occhi di lui.

Invece, oltre a essere nata in questi tempi da schifo in cui importavano solo le apparenze, avevo pure perso la testa per il cretino più cretino della scuola... quello che lo sai già dall'inizio quanto sia inaffidabile, dunque non puoi nemmeno lamentarti della sua cattiveria, ma solo della tua stupidità.

Io, poi, non avevo nemmeno diritto di comportarmi come mi comportavo... mi ero ridotta ad uno schifo per uno a cui non potevo nemmeno dire d'essere stata assieme, era evidente che le relazioni non facessero per me: se ero partita così non sarebbe che potuta finire peggio, con chiunque. Non solo con Jeremy l'alternativo dai ricci selvaggi.

"Savannah so che starai pensando che esagero", le risposi senza sapere bene come continuare.

"Certo che penso che esageri Fanny, guardati attorno: è tutto uno schifo, ti comporti come se fosse morto qualcuno e la tua vita non potesse andare avanti".

Aveva ragione e lo sapevo, eppure non riuscivo a comportarmi altrimenti. L'idea di rivedere quegli occhi luminosi mi faceva salire un groppo in gola e la voglia di nascondermi in un angolino della stanza, rannicchiarmici e non uscirne mai più.

"Voglio dire che capisco ti abbia fatto male, ma non puoi reagire così... non puoi per te stessa e nemmeno per darla vinta a lui, se davvero sei ancora convinta ti abbia invitata apposta per umiliarti".

Continuò Savannah vedendo che non rispondevo, le sue parole avrebbero dovuto calmarmi ma mi fecero sentire ancor più incompresa: Savannah, pur sostenendomi, s'ostinava a difenderlo un po'.

Secondo lei era andato con quella perché convinto che io non avrei mai messo piede alla sua festa siccome non avevo, effettivamente, accettato il suo invito.

A nulla erano servite le mie osservazioni sul fatto che l'avessimo incontrato appena arrivate, secondo lei infatti era andato a togliersela di torno, ma poi Jeremy è Jeremy e non aveva saputo resistere.

Che, dal mio punto di vista, restava comunque una grandissima scusa del cazzo.

"Lo sai che l'ha fatto apposta", sibilai alla mia amica. Non sopportavo che non fosse pienamente dalla mia parte, non riuscivo proprio ad accettarlo.

Savannah sembrò perdere la pazienza: "No Fanny non lo so. E non lo saprai nemmeno tu finché non ci parlerai, anche solo per dirgli che è uno stronzo".

Non mi lasciò il tempo di rispondere e varcò la porta, io afferrai l'ultima fetta di pizza rimasta sbuffando.

Sentii i passi di Savannah allontanarsi e i suoi borbottii indecifrabili che decisi d'ignorare, non avrei ceduto questa volta.

Quel disastro meravigliosoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora