Ancora più in su...

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NOTE DELL'AUTORE:

Signore e signori con abbastanza pazienza da aspettare il mio solenne ritardo, benvenuti a quella che è la terza ed ultima storia di questa saga nata per caso.

Promessa più di tre mesi fa, questa è la degna (spero) conclusione di una fic che ha riscosso un successo sbalorditivo persino per il sottoscritto. Visto e considerato che è un'opera ancora in stesura, funzionerà in modo diverso rispetto alle due precedenti: gli aggiornamenti saranno online a cadenza bisettimanale, quindi un giovedì' si ed uno no.

Spero che l'opera che vado a proporvi sia valsa la vostra attesa; dalla mia, come sempre, avrete il meglio che posso fare per dedicarvi un'altra storia che meriti quei minuti passati davanti al vostro schermo. Detto questo, bando alle ciancie e buona lettura.

Bogo guardò con occhi soddisfatti la sua scrivania finalmente libera da polvere, quelle penne esaurite che si era ostinato per tanto tempo a non buttare e di quella pila di dossier contenente casi, richieste, denuncie e fascicoli che avevano sempre troneggiato su di lui coperte di polvere e celate macchie di caffè. Aveva sempre sentito che era giusto che fossero lì ma quando finalmente era arrivato il momento di dar loro la fine che meritavano si era sentito libero.

Il tritacarte sopra il cestino era fermo, alcuni brandelli di fascicolo erano ancora appesi alle lame interne e l'ufficio, insonorizzato ed isolato dal mondo esterno, era pregno di un silenzio in grado di risvegliare ricordi. Si prese qualche istante per spaziare, perdere di vista il presente fumoso e di una tonalità bluastra sempre più flebile, e tornare in una camera illuminata da un sole caldo che filtrava dalle finestre semiaperte.

Vedeva la scrivania, i libri che lo attendevano ed il vociare degli amici proveniente dal parco sotto casa. Lui non poteva uscire, non poteva giocare: lui sarebbe diventato qualcuno di grosso, di importante, qualcuno davanti a cui tutti avrebbero chinato il capo, incespicato con la lingua, tolto il cappello.

"Sei un bufalo" gli ripeteva suo padre. "Una delle prede più grosse della natura, ma una preda: devi diventare un bufalo predatore". L'aveva fatta facile il suo vecchio, all'interno della sua divisa decorata al valore militare, e davanti alla sua pagella scolastica in cui l'unico voto basso era una B nella condotta aveva scosso la testa e muggito.

"Hai fatto del tuo meglio..." annuiva, con un sorriso finto e la delusione che gli faceva capolino timidamente negli occhi. "Adesso cerca di fare del mio meglio". E lui era veramente il meglio.

Quella frase l'aveva detta per la prima volta dopo l'ultimo giorno delle elementari e sarebbe stata l'ultima che avrebbe sentito da lui. Loro erano dei bufali: enormi e pacifici, ma inarrestabili quando si lanciavano in corsa. E l'unico modo per non essere fermati mai era cominciare a correre molto presto.

Quel ricordo era il suo diciottesimo compleanno e stava guardando il regalo di suo padre con occhi confusi; la sua vita era sempre stata una corsa verso l'alto, un percorso scolastico eccelso ma che apparentemente non bastava mai. Quello era solo il passaggio da cucciolo a bufalo adulto, altro che torta, regali, feste e cose da mammiferi qualsiasi. Da bufali qualsiasi.

Un bufalo predatore arriva in alto, in testa al branco, e lo guida nella sua corsa travolgendo e distruggendo qualunque cosa sul suo cammino. Un bufalo predatore viene istruito nel migliore dei modi ed ogni fallimento viene severamente punito.

E dall'alto della sua maggior età raggiunta da appena un'ora guardava la domanda di arruolamento nelle forze di polizia già celermente compilata dall'ordinata calligrafia del padre che aveva deciso per lui la strada che conduceva al perfetto bufalo predatore: lui sarebbe diventato qualcuno, e quel qualcuno era alla fine della strada su cui era stato messo.

Distopia ScarlattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora