p r o l o g o

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Giugno, 1990

La sensazione più brutta in assoluto per un bambino è quella di sentirsi solo, abbandonato ed involuto, sentirsi come uno scarto della società.

Io mi sento così da quando sono nata.

Mia madre, che si vocifa essere ora un'infermiera, mi ha avuto quando aveva solo sedici anni e, ovviamente, quasi dodici anni fa, questo rappresentava uno scandalo.

I suoi genitori le diedero solo due possibilità: tenere il bambino ed andarsene, oppure sbarazzarsene e restare.

Una scelta difficile per entrambe le parti, dettata principalmente dalla paura di uno scandalo.

I miei nonni, infondo, pensavano che fosse meglio mantenere una vita agita e raffinata piuttosto che diventare nonni.

Mia madre trovò comunque la soluzione definitiva: quella di farmi adottare.

Sembrava la scelta più giusta, almeno al tempo, ma sicuramente un ragazzina ingenua come lo era lei non poteva comprendere come sarei potuta crescere.

Sicuramente non sapeva che, a causa dei miei capelli rossi, molte persone avrebbero fatto delle smorfie di disgusto, preferendo qualcun altro a me, qualcuno di meno scandaloso, qualcuno che non avesse la nomea di portafortuna.

Non sapeva che avrei passato i primi dieci anni della mia vita in una stanza così piccola da riuscire a farci entrare solo un letto, su cui però dormivamo in quattro.

Non sapeva delle mie tutrici, tutte suore e molto legate alle tradizioni, che mi punivano lasciandomi senza cibo per giorni se combinavo qualche marachella o facevo semplicemente dei capricci.

Mia madre non avrebbe mai pensato che a dieci anni, le cose sarebbe migliorate, ma solo di un poco, quando mi trasferirono in una vera casa famiglia, dove conobbi Nina Santiago, una neo educatrice messicana a cui  piacqui subito.

Nina prese a cuore il mio caso, forse perchè anche lei, durante la sua infanzia, aveva provato le mie stesse sensazioni, dato che in diciott'anni di prigionia nessuno decise di prenderla in affidamento per via del colore della sua pelle, che io ho sempre trovato quasi affascinante.

Quando mi vide per la prima volta, penso di averle fatto pena, perchè decise subito di darsi da fare per trovarmi una famiglia, qualcuno di disposto a prendersi carico della ragazzina curiosa che nessuno vuole.

E, per il mio dodicesimo compleanno, il suo regalo fu l'avvertirmi di possibili nuovi genitori, ed è proprio per loro che ora sono seduta su questa vecchio taxi, stringendo forte la mia piccola borsa che riesce a contenere abbondantemente tutti i miei averi.

"Non sembrano male." Mi informa Nina, continuando a leggere le schede relative a Jenna e Marc Collins dal suo librone nero "Anche se vivono una vita un pò rustica."

A me non interessa il loro modo di vivere, qualsiasi esso sia, perchè al contrario di me, loro sono liberi.

"Non dovresti preoccuparti, se l'incontro di sta sera non va bene ti riporterò subito a casa." Mi rassicura la mora, sorridendomi gentilmente.

La guardo, sempre rimanendo seria "La casa famiglia non è casa mia, e nemmeno quella dei signori Collins."

Nina mi fissa, forse rimanendoci male per i miei capricci, ma poi cambia espressione, sorridendomi: lei è un'incurabile ottimista.

"Starai bene, Hannah, lo sai: te l'ho promesso."

Ed è vero, ma ormai non riesco più a crederci, non dopo dodici anni di rifiuti.

Out of the window {Cody Christian}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora