Capitolo 8 <Ian>

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Maledizione!

Forse non avrei dovuto dirle nulla...

Liv sta piangendo da svariati minuti e sembra non esserci nulla per alleviare la sua pena.

Da un lato, la capisco.

Ho visto cos'è capitato al primo infetto, il cosiddetto Paziente Zero, e non ci tengo a ripetere l'esperienza.

E poi...

Non voglio che capiti nulla alla bella signora sdraiata in questo letto: forse lei possiede le risposte alle mie domande.

《Allora, Genietto, che mi dici?》domando a Connor in tono duro, allontanandomi dal letto in cui giace Liv.

《Nulla di nuovo, purtroppo...》mormora lui, continuando a fissare all'interno del microscopio.

Oggi, stranamente, il ragazzo si è vestito in maniera molto sobria, forse per merito della reprimenda del Capo.

Sta guardando da ore interminabili quel maledetto vetrino e ancora non sa dirmi cosa posso fare per salvare la vita a questa donna.

《Come nulla di nuovo?》ripeto in tono ferale, accostandomi al suo orecchio. Sta tremando e ne sono segretamente contento.《Tu ora ti dai dà fare e trovi una cura. Non permetterò che lei muoia. Hai capito?》

《Ho capito, Ian》mi risponde, prontamente Connor, nonostante la mia vicinanza lo intimidisca.《Ma è tutto così... nuovo... Non esiste una cura specifica perché una cosa del genere non è mai successa.》

Avverto la sua frustrazione aleggiare nell'aria come una nube temporalesca  pronta a travogerci. Vorrei tanto abbandonarmici anch'io, ma non posso: ho una missione da portare a termine.

《D'accordo...》sospiro, allontanandomi da lui.《Dobbiamo tentare un altro approccio...》

Appoggio la schiena alla parete e mi lascio cadere a terra, dove mi porto le gambe al petto, per riflettere meglio.

《Ripetimi cosa sappiamo per certo...》incoraggio Connor a parlare.

Magari insieme riusciremo a trovare una soluzione.

Scocco un'occhiata al braccio della donna e noto con angoscia che il fungo le sta raggiungendo la spalla ad un ritmo allarmante.

《Genietto! Forza!》Lo richiamo all'ordine, schioccando le dita in maniera odiosa, visto che non si schioda dal microscopio.

《Accidenti... Lo sai che ti detesto quando fai così...》si lamenta il ragazzo, abbandonando il tavolo e voltandosi verso di me con la sedia.

Ha l'aria stravolta e vistose occhiaie: nemmeno lui riesce a dormire bene quando un caso è aperto.

È uno dei motivi per cui lo rispetto.

《Allora...》esordisce, dopo essersi schiarito la gola.《Sappiamo che si tratta di un fungo che ha bisogno di un ospite per vivere e che uccide il suddetto ospite, privandolo dei liquidi. Ho provato a sottoporre un campione di tessuto a varie condizioni, quali il freddo, il caldo, l'assenza d'aria, la solita prassi insomma, ma nessun test mi ha dato risultati soddisfacenti.》

Da qui deriva la sua frustrazione.

《Con risultati soddisfacenti cosa intendi?》gli domando, curioso.

Solitamente non mi interesso di certi aspetti del mio lavoro, però questo è un caso... speciale.

《Beh, il fungo sopravvive a temperatura estreme come i meno cento gradi, ma... Poi è successa una cosa strana: più innalzavo la temperatura più il fungo rallentava la sua avanzata》mi spiega Connor in tono pensieroso.

《Quindi qualcosa l'hai scoperto!》esclamo, quasi infuriato col ragazzo.

Perché diavolo non mi ha detto nulla?!

《Ma è una scoperta inutile》ribatte lui, scuotendo la testa, sconsolato.《Il caldo rallenta la fagocitazione, ma non la ferma. Non è una cura. È una speranza.》

《Meglio di nulla...》mormoro, rialzandomi da terra con uno scatto felino.

In due falcate, raggiungo la porta dove si trova il termostato e lo regolo sulla temperatura più alta possibile, ossia cinquanta gradi. Non è esageratamente alta quindi non so se il piano funzionerà, però ci serve ancora un po' di tempo.

《Rimettiti al lavoro, Connor》gli ordino, avviandomi verso il letto dove giace Liv, ora silenziosa e immobile.《Io controllo le sue condizioni.》

Il ragazzo annuisce con un cenno della testa, si gira verso la piccola scrivania che ho fatto portare in camera e si china nuovamente sul microscopio, cambiando vetrino diverse volte in poco tempo.

Non so come interpretare questo fatto quindi mi concentro su ciò che, invece, posso fare, cioè scoprire chi è in realtà questa donna.

Recupero la sedia che avevo scostato malamente e la avvicino al letto. Mi siedo e controllo i segni vitale della bella sconosciuta.

Sembra che l'apporto di ossigeno sia nelle norma, però, le sue pulsazioni stanno rallentando, anche se in maniera quasi impercettibile.

《Liv...》La chiamo sottovoce, scostandole una ciocca sudata dalla guancia terrea.

Il lenzuolo è spiegazzato a causa dei suoi movimenti convulsi e lo sistemo prima di sfiorarle la mano sana.

Non vorrei svegliarla.

Non ora che sembra finalmente aver trovato pace, ma...

《Liv!》Alzo un poco la voce e vedo le palpebre fremere prima di aprirsi e rivelare due splendidi occhi color smeraldo.《Ehi, bellissima... Come stai?》

Il suo sguardo appannato e vitreo si posa su di me dopo aver vagabondato per l'asettica stanzetta.

《Come vuoi che stia...》La sua voce è roca a causa della disidratazione, dovuta al fungo.《Sto morendo, idiota... Sono furiosa... e triste... e...》

Anche se è qui davanti a me, sdraiata in un letto, quasi moribonda, intrisa di un dolore che le strazia il corpo e l'anima, Liv, quella sconosciuta apparsa da un'altra epoca, è magnifica.

I capelli corvini, lunghi e sciolti, le incorniciano il volto, magro e provato.

La pelle rosea ora ha preso una sfumatura malaticcia, ma riesco ancora a vedere la sua abbronzatura.

Le labbra secche e aride dovevano essere state morbide e lisce.

E quegli occhi...

Così perspicaci e vivi che sembrano scavarti dentro...

《Non morirai》le prometto con voce dura.《Non lo permetterò.》

Appena pronuncio quelle parole, avverto lo sguardo di Connor su di me: sicuramente si starà chiedendo perché mi prendo tanta cura di una sconosciuta.

Le mie sono ragioni che non posso condividere.

Anche Liv punta i suoi occhi su di me e io non mi sottraggo al duello visivo a cui io stesso ho dato inizio.

《Perché?》mi domanda lei con voce flebile.

So che non si accontenterà di una risposta sarcastica e neppure di una risposta enigmatica.

Liv è la tipica persona che pretende la verità.

Qualcuna essa sia.

《Perché tu sei come me.》

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