Capitolo 41

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Non appena realizzo quello che ho detto, le parole dure che ho rivolto a quell'uomo col cuore a pezzi, vorrei rimangiarmele.

《Mi dispiace... Io...》Mi chiudo la bocca con una mano, cercando di limitare i danni e il dolore di Liam, però, lui, inaspettatamente mi sorride.

《Non dispiacerti...》mormora, con un sospiro.《Hai ragione su tutta la linea. Julia sicuramente non vorrebbe vedermi così, ma...》

La sua voce si affievolisce fino a svanire. Mi occorre qualche istante per capire che Liam si è assopito a causa dei medicinali in circolo e del dolore alla spalla.

In effetti mi stupisce il fatto che sia riuscito a rimanere sveglio fino a ora, ma il capitano è un uomo fuori dal comune in qualsiasi realtà.

Un dolce sorriso mi incurva le labbra mentre mi avvicino al suo letto.

Nell'incoscienza, i suoi lineamenti decisi si addolciscono, la preoccupazione sparisce, e Liam mi appare più come un giovane uomo con un luminoso futuro davanti che come un soldato che protegge il mondo da belve preistoriche.

Con un dito, lievemente, per non svegliarlo, percorro la linea del sua mascella, ruvida a causa della barba incolta, e la sofferenza per la perdita del mio Liam si acuisce.

《Non sei lui...》mormoro, con voce flebile e gli occhi colmi di lacrime.

Interrompo il contatto con il cuore a pezzi e mi allontano velocemente da questo Liam per raggiungere la porta.

Gli rivolgo una veloce occhiata prima di uscire e riuscire a respirare con più libertà.

Percepisco ancora le catene che soffocano il mio cuore, ma, lontano dal capitano, riesco a contenere il dolore che provo.

Chiudo la porta senza produrre rumore e mi appoggio con la schiena, cercando di schiarirmi la mente.

《Devo resistere... Riuscirò a tornare a casa...》ripeto a me stessa, con voce sempre più sicura.

Per quanto io mi sia affezionata a Ian e alle versioni di Connor e Liam, il mio posto non è questo.

Non lo sarà mai.

A testa bassa, persa nei miei pensieri, mi allontano dalla porta che mi separa da Liam e mi avvio verso l'ascensore in fondo al corridoio. Entro e schiaccio il pulsante che mi porterà al garage: voglio andarmene dal Centro.

Ho bisogno di pensare.

《Maledizione!》esclamo non appena mi accorgo di salire quando, invece, dovrei scendere.

Per sbaglio, ho pigiato il bottone corrispondente all'ultimo piano.

Ma si può essere più distratti?

Sbuffo, irritata con me stessa, e appoggio la schiena alla fredda parete metallica, nascondendo il volto fra le mani.

Dopo un tempo interminabile, le porte si spalancano con un leggero trillo e io alzo la testa, pronta a schiacciare il pulsante giusto.

Il mio sguardo si posa sul corridoio dalle pareti grigie che intravedo prima che l'ascensore di chiuda e il mio dito tentenna sopra il bottone.

Avverto una strana sensazione, come se fossi destinata a percorrere quel corridoio così vuoto e spoglio.

Ma sì...

Male che vada riceverò una paternale dal signor Smith, anzi dalla signora Smith...

Questo pensiero mi fa sogghignare, divertita per quel cambio di ruoli al vertice, e ritiro la mano per poi uscire dall'ascensore.

La curiosità è davvero una forza potente.

Lascio che le porte si chiudano alle mie spalle e avanzo lentamente, pronta a inventare una scusa per giustificare la mia presenza in questo piano riservato.

Il corridoio è serpeggiante come se l'avesse progettato un amante dei labirinti, tanto che quasi perdo il senso dell'orientamento addentrandomi in questo dedalo di curve.

I miei passi non fanno rumore sul pavimento liscio.

Nessuno esce delle molteplici porte che vedo per intimarmi di andarmene.

Giunta all'ennesimo angolo e pronta per tornare indietro data la scarsità di attrattiva del posto, scorgo una porta, bianca, priva di targhette come tutte le altre.

Ma questa, a differenza delle altre, è socchiusa.

Solo una sbirciatina...

Non so cosa mi spinga a percorrere quei pochi metri che mi separano dall'uscio.

Forse ho solamente bisogno di dedicare le mie energie a qualcos'altro che non siano la mia situazione, Ian e Liam.

Poggio la mano sulla maniglia, accostando l'orecchio alla superficie liscia. Non odo alcun rumore quindi sono abbastanza certa che la stanza sia libera.

《È permesso?》domando per precauzione nel caso ci fosse effettivamente qualcuno.

Mi risponde il silenzio assoluto.

Né un respiro né un suono.

Un brivido di insolita paura mi percorre la schiena, facendomi provare una strisciante sensazione di disagio.

Prima di ripensarci, spalanco la porta ed entro, senza voltarmi indietro.

La stanza si rivela essere un ufficio.

Niente di più e niente di meno.

Però percepisco ancora quella sensazione che mi dilaga dentro come un maremoto che investe coste impreparate alla sua potenza.

《Chissà a chi appartiene...》mi domando, iniziando a guardare in giro.

Con la mano socchiudo nuovamente la porta mentre studio l'ambiente che mi circonda.

L'arredamento è essenziale: una scrivania in legno scuro con una poltrona bianca e una libreria con tomi degli argomenti più disparati, che spaziano dall'astronomia alla fisica.

Sicuramente non si tratta di un ufficio in cui si accolgono ospiti: è tutto così freddo e alieno che non invita le persone a soggiornare per più di qualche minuto.

Continuando a vagabondare con lo sguardo, mi avvicino alla scrivania, ma inciampo su chissà cosa e perdo l'equilibrio. Allungo le mani davanti a me e riesco a frenare la mia caduta, reggendomi al bordo del mobile.

《Per un pelo...》

Sospiro di sollievo prima di accorgermi che ho rovesciato il portapenne, spargendo tutto sulla scrivania immacolata e sulla poltrona.

Accidenti!

Faccio il giro a comincio a raccogliere tutto, dandomi mentalmente della stupida pasticciona.

Rimetto tutto a posto, controllando di aver ripristinato l'ordine originale, quando lo sguardo mi cade su una piccola penna rossa che giace a terra.

《Tu mi sei sfuggita...》borbotto, abbassandomi per prenderla.

Non appena rialzo gli occhi, mi sento mancare: il mondo prende a vorticare intorno a me, lasciandomi priva di certezze.

Sotto la scrivania, agganciato ad una specie di fodero, vedo una cosa proveniente dalla mia realtà.

Da una realtà ormai perduta.

Da un realtà in cui la mia migliore amica Nina ha perso la vita.

Da una realtà in cui mio marito Kevin ha massacrato il Centro per averlo fra le mani.

《Impossibile...》sussurro, in preda allo sconcerto.

Mollo la penna, che scivola lontano da me, e allungo una mano verso il Manufatto.

Anomalie: New World Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora