Neve

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Rolf si piegò sulle zampe anteriori, scoprendo i denti aguzzi e giallognoli in un ringhio feroce. Il doberman lanciò delle occhiate attente intorno a sé, che comprendevano la decina di mastini che gli si erano radunati intorno. Un bulldog si avvicinò di un passo, con la bocca gocciolante di bava.Stavano aspettando. Erano pronti, pronti ad attaccare.Quando Lord William gettò nel recinto una coscia di manzo, i cani vi si avventarono sopra, sollevando un polverone di terra e iniziando a dilaniare la carne con ferocia, ringhiando e mordendosi a vicenda per accaparrarsi un pezzo più grosso.Lord William osservava la scena con il suo solito sorriso simile ad un ghigno.Hanno fame, pensò.Era passato diverso tempo da che aveva ucciso l'ultima volta, e i cani cominciavano ad essere inquieti. Lord William aveva allevato quei cani al fine di farne una macchina di morte, li aveva addestrati sin da cuccioli ad uccidere, sottoponendoli ad una dura disciplina: li teneva a digiuno per giorni in modo da renderli più famelici, spesso erano legati e frustati al fine di incattivirli. Lord William aveva insegnato loro a riconoscere gli odori delle proprie vittime: quando fiutavano la pista, allora era praticamente impossibile fermarli, non ritornavano al padrone se non prima di aver sbranato la preda.Erano stati addestrati per uccidere, e ora la prolungata assenza di carne e sangue li stava rendendo sempre più inquieti e nervosi. Ma Lord William non si preoccupava troppo di questo; sapeva come tenerli a bada e, in ogni caso, presto avrebbe di nuovo avuto bisogno di loro.Il pensiero lo rese immediatamente di malumore. Non che uccidere lo facesse sentire male; aveva sperperato il patrimonio di famiglia già da un pezzo, e non avrebbe potuto continuare a condurre la vita lussuosa che tanto amava, se non sfruttando la sua abilità al gioco e liberandosi di quei rifiuti umani che si opponevano al pagamento dei loro debiti. Insomma, scatenare i suoi cani contro quei nobili era una specie di necessità, per lui; senza contare il fatto che provava una specie di gioia perversa, nel farlo, si sentiva quasi come se, con quel gesto, stesse liberando il mondo intero da individui mediocri e inutili che non avrebbero meritato di vivere un secondo di più.Quello che l'aveva fatto rabbuiare in quel momento era stato il pensiero di chi sarebbe stata la sua prossima vittima. Non ne conosceva né l'aspetto né il nome. Non sapeva niente di lui.Niente, tranne il fatto che si scopava la sua donna.Lord William digrignò i denti e strinse i pugni intorno alla staccionata del recinto, fino a conficcarsi alcune schegge di legno nei palmi. Ormai era fatta: quell'idiota di Henry Kingston aveva acconsentito a vendere sua sorella per salvare la faccia, ora l'unico ostacolo che si frapponeva fra lui e Catherine era quel maledetto che se la portava a letto.Di nuovo quella visione: Catherine bella, sorridente, svestita. E ancora quella sensazione, quel fuoco infernale che lo bruciava dentro, lo distruggeva lentamente.Lord William si strinse ancora di più al recinto, piegando il capo in avanti e lasciando che i capelli castani gli ricoprissero gli occhi.Lei è mia...lei è mia!Si asciugò la fronte imperlata di sudore, imponendosi di ritrovare la calma. Avrebbe ammazzato quel bastardo, oh, sì, eccome se l'avrebbe fatto, l'avrebbe ammazzato e si sarebbe ripreso Catherine, che lei lo volesse o no. Ma prima doveva trovarlo.E solo il mercante sapeva dove si trovava...

***

Rosalie si aggrappò al corrimano della scala, iniziando a salire i gradini. Suo fratello era in paese, Lydia invece era uscita in giardino. In casa c'erano solo lei e suo padre. E Lady Julia.La ragazzina giunse al secondo piano, attenta a non far rumore. Da che Catherine era morta e suo padre si era ammalato, lei se ne era sempre stata ben attaccata alle gonne di Lydia; aveva ottime ragioni per pensare che Lady Julia la credesse in giardino con l'anziana governante. Per questo doveva badare bene a non far rumore, a non farsi scoprire. Quella era la sua occasione per scoprire cosa stesse veramente tramando Lady Julia.Rosalie era sicura che qualcosa non quadrasse, in tutta quella storia. Suo padre era malato da troppo tempo, ormai; a casa loro non s'era mai vista l'ombra di un medico, e Lady Julia si ostinava a propinare al mercante le medicine che aveva appreso dal suo terzo marito. Ma era evidente che la cosa non funzionasse, altrimenti suo padre sarebbe già guarito da un pezzo.Anzi, a Rosalie sembrava quasi che le sue condizioni peggiorassero di giorno in giorno. Se prima la malattia era ridotta ad una semplice febbre e ad un po' di debolezza, e il mercante riusciva ancora a mettersi seduto a letto e a parlare con lei, ora suo padre passava le giornate disteso a letto, scosso da brividi di freddo, rantolando di tanto in tanto senza riuscire ad articolare delle parole chiare, e nemmeno ad aprire gli occhi. Perfino un cieco avrebbe capito che la situazione era grave, e che continuava a peggiorare; ma Lady Julia non voleva sentire ragioni. Secondo lei le sue medicine erano più che efficaci, e anzi era lei, Rosalie, a peggiorare la situazione: con le sue continue visite, i suoi schiamazzi, lo affaticava troppo. Doveva stargli lontana.Ecco cos'aveva fatto Lady Julia: le aveva categoricamente proibito di entrare nella stanza di suo padre.Ma Rosalie, dopo tanto tempo trascorso a non fare nulla, alla fine si era decisa ad agire; non sapeva bene cosa avrebbe fatto, ma iniziare a capire cos'avesse intenzione di fare la sua matrigna era già un passo avanti. La ragazzina desiderò con tutto il cuore che sua sorella fosse lì: Catherine avrebbe saputo cosa fare. Ma Catherine non c'era più. Ora era in Paradiso, accanto a sua madre, le aveva detto Lydia, nel tentativo di consolarla. Cathy non era più con loro, e ora toccava a lei prendere in mano le redini della situazione.Rosalie attraversò in punta di piedi il corridoio, ritrovandosi a pochi centimetri dalla stanza di suo padre, ringraziando che la porta fosse aperta. Lady Julia era lì dentro; Rosalie ne sentiva il fruscio della gonna e i colpi secchi dei suoi tacchi sulle assi del pavimento. La ragazzina si avvicinò, appiattendosi con la schiena contro lo stipite della porta. Sporse un po' il viso ovale verso l'apertura, in modo da vedere ma di non essere vista.Lady Julia era in piedi, china su un bicchiere d'acqua e una boccetta contenente un strano liquido violaceo, mentre canticchiava una melodia a labbra serrate. Era come al solito vestita in maniera impeccabile. Ormai avevano smesso il lutto, e Rosalie indossava un abito di taffetà rosso; allo stesso modo, Lady Julia indossava un abito di seta viola scuro, scollato, così che sul petto si intravedesse la sua inseparabile collana d'oro con incastonato il rubino rosso.Rosalie osservò la matrigna versare nell'acqua una goccia del liquido contenuto nella boccetta, la quale colorò immediatamente l'acqua di viola. Lady Julia si avvicinò al mercante lentamente, con un sorriso compiaciuto sulle labbra; l'uomo scosse piano il capo, socchiudendo le palpebre. Non appena la vide, il mercante sbarrò gli occhi, cercando di aprire la bocca per urlare, ma Lady Julia lo zittì, avvicinandogli il bicchiere alle labbra.- Bevi questo, caro...- sussurrò, con voce melliflua.- Ti farà star meglio, vedrai...Il mercante mugolò, scuotendo con energia il capo, rifiutandosi di bere; Lady Julia digrignò i denti, innervosita, afferrandogli il mento con il pollice e l'indice.- Andiamo, da bravo!- ringhiò, premendogli il bicchiere contro le labbra.Lo costrinse ad ingurgitare tutto il liquido d'un fiato, fino all'ultima goccia.- Ecco, così...Il mercante tossì violentemente, mentre un po' del liquido violaceo gli sfuggiva dalle labbra, macchiando il cuscino; tuttavia, l'uomo si calmò immediatamente, voltando il capo di lato e chiudendo gli occhi.Lady Julia ghignò, avviandosi verso l'uscita.Rosalie si spostò prontamente dal suo nascondiglio, correndo a nascondersi dietro ad una cassapanca poco lontano; si rannicchiò su se stessa, abbracciandosi le ginocchia, riuscendo a celare completamente la sua presenza grazie al suo fisico esile e minuto.Udì i passi di Lady Julia uscire dalla stanza; Rosalie la sentì dirigersi verso la propria camera.La ragazzina sgusciò fuori dal suo nascondiglio, avanzando carponi fino alla stanza della matrigna. Trovò la porta socchiusa; si inginocchiò, sbirciando attraverso lo spiraglio aperto.Vide Lady Julia seduta alla toeletta, mentre si acconciava i capelli biondi, legandoli dietro la nuca e avvolgendoli in una retina argentata; le dava le spalle, ma Rosalie riusciva comunque ad intravederne il viso giovane e affascinante che si rifletteva nello specchio di fronte a lei. Lady Julia continuò a pettinarsi ancora per qualche minuto, quindi posò la spazzola. Si rimirò allo specchio, osservando con attenzione il proprio viso e il collo, esaminandosi con aria critica. La distanza non era molta, e Rosalie poté vedere chiaramente che la pelle sul dorso delle mani della matrigna era leggermente raggrinzita, meno soda, mentre sugli occhi erano spuntate alcune rughe di vecchiaia.La ragazzina capì che anche Lady Julia le aveva notate, ma la matrigna non si scompose. Rosalie la vide portare l'indice e il medio sul rubino al suo petto, cominciando a disegnare dei piccoli cerchi sulla pietra.Sotto gli occhi increduli della ragazzina, la pelle sulle mani ridivenne immediatamente liscia e soda, mentre le rughe sugli occhi scomparvero. Sulle labbra carnose di Lady Julia si dipinse un sorriso trionfante.Rosalie rimase paralizzata, i grandi occhi castani sbarrati. Era incapace di muoversi, non riusciva a respirare regolarmente, ansimava.E' una strega!, urlò una voce nella sua testa.Lady Julia continuava a rimirarsi compiaciuta nello specchio.E' una strega! Oh, santo cielo, è una strega! Una strega!La sua matrigna era una strega. Ne era sicura. Quella era magia nera, Lydia gliel'aveva detto un migliaio di volte. Era magia nera, peccato mortale.Doveva fare qualcosa, si disse. Doveva avvisare Henry, o Lydia. Doveva portare suo padre via da lì.Doveva...Indietreggiò, appoggiando una mano su un'asse smossa. Il legno scricchiolò, uno scricchiolio forte e acuto. La ragazzina trattenne il fiato.Lady Julia si voltò di scatto; non appena scorse Rosalie, i suoi occhi si riempirono d'odio. Si alzò velocemente, facendo andare in frantumi alcune boccette di profumo sul pavimento. Si diresse a passo svelto in direzione della figliastra; Rosalie lanciò un grido, mentre la donna l'afferrava per la radice dei capelli e la tirava in piedi. Lady Julia la strattonò con rabbia fino alla sua stanza, dove entrò chiudendo la porta.Non appena furono dentro, Lady Julia, furente, fissò per un secondo un'atterrita Rosalie negli occhi, prima di darle un sonoro ceffone che la scaraventò a terra. Rosalie finì distesa sul tappeto, tenendosi una mano premuta contro la guancia, mentre i grandi occhi scuri le si riempivano di lacrime.- Piccola spia!- ululò Lady Julia.Sembrava quasi posseduta, i capelli biondi scompigliati le ricadevano disordinatamente sul volto arrossato dalla rabbia, gli occhi fiammeggianti.Strega!, pensò Rosalie.- Piccola spia!- ripeté, in un sibilo.Lady Julia si volse verso il camino, e con un gesto fulmineo afferrò l'attizzatoio di ferro.- Questa me la pagherai, piccola stronza!- gridò, sollevando in aria l'attizzatoio; Rosalie indietreggiò, strisciando disperatamente sul tappeto.- Te l'insegno io la punizione per chi spia!- Signora Kingston!Lady Julia si bloccò con ancora l'attizzatoio a mezz'aria, voltandosi verso la porta chiusa.- Signora Kingston!- la voce dolce di Lydia giunse dall'esterno della stanza.- Cosa c'è?- gracchiò Lady Julia, irritata.- Una visita, signora Kingston. Dice che è urgente.Lady Julia ringhiò, scaraventando a terra l'attizzatoio che sbatté sulle mattonelle del pavimento con un rumore fastidioso e metallico.- Va bene. Digli che arrivo subito.Si volse a guardare Rosalie.- Con te facciamo i conti dopo - sibilò.Lady Julia uscì sbattendo la porta, lasciando Rosalie distesa sul tappeto, confusa e terrorizzata.Strega.

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