Capitolo 2

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Bakugo aveva conosciuto Denki a inizio corsi universitari di ingegneria meccanica.

Per quanto la confidenza fosse un percorso insidioso da praticare con Bakugo, Kaminari era stato capace di oltrepassare gli insulti, le chiamate senza risposta e i messaggi inutili visualizzati.

Katsuki non era capace di tenersi stretto le amicizie, anche perché non ci provava e lo sguardo da serial killer non lo aiutava affatto.

"mh" rispose, alzandosi dal letto, facendo scricchiolare il legno sotto i propri piedi.

"un'altra rossa?" chiese l'altro, fallendo nel tentativo di non farsi udire mentre rideva sotto i baffi.

"un'altro giorno in cui non sei crepato?" infastidito, Bakugo, andò in bagno, a cercare, oltre le ante ai fianchi dello specchio, del lavandino, un'aspirina in grado di placargli il mal di testa atroce che annunciava la dipartita del suo, ancora utile, cervello.

"non riesco ancora a comprendere la tua fissa per il rosso" Katsuki se lo poteva già immaginare con il mento tra l'indice e il pollice, mentre lo sguardo viaggiava in mondi che non c'erano, in cerca di una risposta che non sarebbe mai giunta.

"non ho una fissa" digrignò i denti, Bakugo.

"allora perché, ogni sabato sera, torni a casa con una rossa?" lo infastidì ancora un po', giusto per assicurarsi di averlo fatto incazzare a dovere.

"perché mi piacerebbe vederti sporco di rosso in faccia, a causa di quanto ti pesterei in questo esatto istante" e attaccò, convinto di essere già colmo di collera di prima mattina.

Lo sapeva pure lui, che il rosso era diventato qualcosa di magnetico ai propri occhi.

Nelle ore di sonno, in cui poteva dirsi rilassato, senza quell'espressione di disgusto permanente sul suo viso, non vi erano che immagini di una persona, una persona che aveva i capelli rossi come rubino.

Poi si svegliava, di colpo, sudato, con la sensazione di essere caduto in un vuoto senza fine, privato di quel colore scarlatto che sembrò trarlo in salvo dal proprio essere impulsivo e irritato.

Si guardò allo specchio, giusto per notare le occhiaie, che sotto ai propri occhi, lo marcavano costantemente ogni giorno.

"Kirishima Eijiro" sussurrò, quasi quelle due parole non avessero un vero e proprio significato.

Il lunedì era giunto, e come tale, la metro che lo avrebbe portato all'università.

Era disgustoso il contatto fisico ristretto che Katsuki doveva sopportare all'interno di quel mezzo a rotaie.

Lo scontrarsi l'uno contro gli altri, l'odore pungente delle colonie femminili, il calore insostenibile che vi si creava con tutti quei corpi ammassati in un'unica cabina.

Finché qualcuno non si scontrò, di faccia, contro il proprio petto.

Avrebbe riconosciuto quella massa di capelli aggrovigliati tra mille.

"nerd di merda, levati" lo scrutò, dalla sua altezza.

"scusami, Kacchan" alzò lo sguardo, il giovane Midoriya, verso quello che era il più suo caro amico d'infanzia.

"tch" e rimase com'era, non gli chiese, o impartì in una minaccia, di spostarsi, non si lamentò oltre il necessario.

Non gli dispiaceva, non come un tempo.

In quei giorni lontani delle superiori lo avrebbe scansato, brusco, impertinente, ma tutto era cambiato.

Per quanto detestasse la sua vista, qualcosa gli impediva di staccargli gli occhi di dosso.

Le porte scorrevoli della metro si spalancarono, e come un fiume in piena, gli studenti, le varcarono.

Midoriya lo chiamò a gran voce, lontano, mentre sventolava la mano in sua direzione, salutandolo.

Avrebbe voluto avere il coraggio di rispondere, ma non lo fece, si limitò ad una smorfia, voltandosi a raggiungere la facoltà.

Denki lo attendeva fuori dalla stazione, con le mani seppellite nelle tasche del giubbotto che indossava, rabbrividendo.

"perché sei qui?" gli chiese Bakugo, senza fermarsi.

"è stato un piacere aspettarti Bakugo, prego" fece sarcastico l'amico.

Il freddo, quell'inizio ottobre, aveva preso alla sprovvista la maggior parte della popolazione, correndo ad acquistare sciarpe e guanti per proteggersi da esso.

"hai incontrato Midoriya?" fece Denki, mentre posava lo sguardo al suolo, con le guance imporporate.

"no" rispose secco, Katsuki.

I banchi e le sedie erano come esattamente le ricordava Bakugo.

Si sedette, in fondo all'aula, dove era sempre stato, solitario e in pace.

Pronto a prendere appunti e osservare le facoltà vicine dalla finestra.

Quella di psicologia, di Izuku, non era che difronte alla propria.

E come ogni giorno dell'anno precedente, lo vide entrare, sorridere ai propri compagni, e sedersi accanto a quel solito ragazzo, di cui Bakugo non poteva sopportare la vista.

Finché non fu realmente così, un petto, coperto solo da un maglione pesate, gli impedì di osservare, quanto più nei dettagli, la vita di Midoriya fosse.

"spostati" fece, senza pestarci, Katsuki.

"eppure, pensavo mi avresti riconosciuto" e quel sorriso, Bakugo, credette di averlo visto altre centinaia e di miglia di vite in passato.

Doveva mettere per forza Midoriya? Sì dovevo.

Non riuscirò più a pubblicare ogni giorno, la scuola non me lo permette, neppure mio padre se per questo.

Spero vi piaccia ♡ al prossimo capitolo

No type // KIRIBAKUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora