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Arrivata a casa mi fiondai in camera e iniziai ad affogare, silenziosamente, in un mare di lacrime.
Poi, dopo quella che poteva essere un'ora, mi alzai.
Dove l'avevo messa? Iniziai a perlustrare freneticamente la mia stanza, sembravo impazzita.
Trovai finalmente ciò che cercavo e, incerta, camminai verso la scrivania fissando quel cassetto. Volevo aprirlo, volevo farmi travolgere dal mio passato, dalla mia vecchia vita.
Ma no, ancora non ce la facevo.
Lanciando un urlo allora, mi lasciai cadere sul letto stremata e, dopo poco, mi addormentai, nella speranza di far scivolare via tutti quei ricordi-da-dimenticare.

Aprii gli occhi lentamente avendo la sensazione di essere osservata. Era Jhonny.
- piccola, ehi
Sorrisi debolmente al ragazzo, occhi ancora rossi.
Aveva una copia delle mie chiavi di casa. Sì, mi fidavo molto di lui.
- ti va un caffè?
Mi si illuminò lo sguardo. Il caffè, una delle cose che accomunavano Hyemi e Hailey, non si trattava solo di bere qualcosa per svegliarsi, si trattava, per me, di una bevanda quasi afrodisiaca.
Annuii ripetutamente, come una bambina, felice. Mi fiondai giù dalle scale per andare al bar. Non c'era nessuno in casa, certo, altrimenti Jhonny non sarebbe entrato.

Quel giorno, fu una montagna russa di emozioni; avevo pianto la prima metà della giornata e riso a crepapelle per la seconda. Dopo il piccolo appuntamento notturno con il mio ragazzo, infatti, bighellonai per le strade di Chicago insieme agli altri per un paio d'ore e, credetemi, avevo proprio bisogno di quel paio d'ore. Sulla via di casa, Peter e Michael, come al solito, non riuscivano a non battibeccare tra loro come due fratelli all'asilo; questa volta, avevano litigato perché Peter non aveva lasciato un sorso di frappé al cioccolato per Michael, come sono finita con loro?

- tesoro, vieni un attimo?
Smisi di ridere distogliendo lo sguardo da quei due per incontrare gli occhi leggermente preoccupati di Jhonny; annuii, titubante, non capendo bene la situazione per poi seguire il ragazzo.

- che ti è preso in palestra oggi?
Velocemente tutti i nuovi ricordi-da-dimenticare mi tornarono in mente defenestrando con prepotenza la felicità fittizia che si era creata nella mia testa durante quella notte.
- cosa?
risposi scura in volto.
- sai bene di che parlo.
Sì, lo sapevo fin troppo bene, ma non era una cosa di cui volevo parlare, quindi decisi di mentire
- beh... ecco... il basket...
Non riuscivo a pensare a nulla, nessuna scusa plausibile, eppure, ero diventata così brava a mentire! Tanto da creare un'altra me, completamente diversa, ma perché tutto doveva essere sempre così difficile quando si trattava di Lee Taeyong?
- allora?
Dal suo tono traspariva impazienza cosa che non aiutò per niente e allora feci per la seconda volta quel giorno una delle cose che a quanto pare mi riusciva meglio: scappai.
Corsi via, velocemente, cercando di sfuggire ai miei stessi pensieri, cercando di sfuggire da quella sensazione di malinconia che sembrava non volermi abbandonare; l'unica cosa che volevo fare era stare a casa, volevo nascondermi sotto le lenzuola, volevo addormentarmi e non svegliarmi più.
E così feci.

Passai una settimana chiusa in quella camera. I miei genitori sapevano dell'entrata in scena di Taeyong e quindi sembravano capirmi.
Mia madre di tanto in tanto mi lasciava merendine e fazzoletti mentre mio padre, sia benedetto quell'uomo, non mi faceva mai mancare un buon caffè al mattino.
Ma quello che mi fece uscire dalla mia tana fu una chiamata.

Al settimo giorno di "letargo" mio padre si presentò alla mia porta ben due volte; per la prima aveva in mano una delle tazze del servizio che la nonna mi aveva regalato in Corea; mentre per la seconda mi passò semplicemente il cellulare mimando un rispondi.
Lo guardai confusa per poi rispondere al cellulare parlando, automaticamente, in inglese. Dopo un breve silenzio dall'altra parte sentii qualcuno schiarirsi la gola
- yoboseyo?

Adesso ero io quella a tacere, non capendo chi fosse il mio interlocutore. Accesi mentalmente l'interruttore della lingua coreana che si trovava nel mio cervello e risposi allo sconosciuto
- pronto chi parla?
- ... non mi riconosci... sul serio?
- ehm... no, scusi dovrei conoscerla?
- stai usando gli onorifici! Allora davvero non sai chi sono!
- mi scusi non capisco
- Hyemi!
- come fa a sapere il mio nome!?
- sono Jisung!
- Jisung? Vuoi dire Jisungie? Il mio piccolo cuginetto?
- in persona! Beh non in persona, cioè sul cellulare, non sul cellulare nel senso proprio sopra il cellulare, cioè attraver-
- sei proprio tu!
- oh sì.
Sorrisi pensando a quel feto di mio cugino che a quanto pare era cresciuto abbastanza per avere un proprio cellulare, chissà come stava lì, in Corea

- allora, riprese a parlare, mi è stato riferito che sei un po' triste, che succede Noona?
Io e quel bambino avevano sempre avuto il migliore dei rapporti, anche se ero sempre io ad ascoltare lui, ero sempre io a fare la spalla, a consolarlo, d'altronde ero più grande, era giusto così. Ma quel giorno, decisi di essere egoista ancora una volta e mi appoggiai a Jisung, con tutto il peso, raccontandogli per filo e per segno l'inaspettata apparizione del suo Hyung.

- hai intenzione di farti rovinare la vita da Taeyong-hyung?
- cosa? No!
- allora esci da quella camera.
- e che faccio se lo vedo? Mi odia! Sono stata terribile con lui! Non riesco a sopportare il suo sguardo deluso, semplicemente non riesco.
- non ti odia.
- che ne sai?
- lo so, lui non ti odia. Certo, era arrabbiato, ma ha avuto un anno per perdonarti e l'ha fatto. Volta pagina.
- voltare pagina?
- esatto. Ma comunque cos'è questa storia che non partecipi alle lezioni di educazione fisica? Ma sei impazzita?
- non lo so... volevo solo smettere di pensare a lui... ma comunque Jhonny mi ha vista giochicchiare, si sarà sicuramente chiesto cosa mi ha spinto a farlo.
- infortunio!
- infortunio?
- sì infortunio. Digli che hai avuto un problema al ginocchio per cui non hai potuto fare molta attività fisica l'anno scorso ma che adesso stai meglio, e nonostante faccia ancora male, volevi comunque provare a fare qualcosa.
- perché non gliel'avevo detto prima?
- non volevi che si preoccupasse per te.
- Jisung, dove hai imparato a mentire così?
- esperienza, noona.
- ma quale esperienza che sei un feto!
- ...
- offeso?
- tu-tu-tu...

Davvero? Mi ha appena attaccato in faccia?

non so nemmeno se è scritto bene. di capitolo in capitolo qui la forma in italiano peggiora, dovrei smetterla di leggere in altre lingue.

Liar _ lee tae yongDove le storie prendono vita. Scoprilo ora