Capitolo 1: L'evento inaspettato (✅)

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Un gorgoglio proveniente dallo stomaco le fece prendere coscienza della realtà. Si portò una mano sopra di esso, girando poi la testa per osservare quasi famelica la frutta e la verdura che aveva poggiato sopra al tavolo. Era molto affamata, soprattutto perché non si nutriva bene come ogni creatura avrebbe dovuto, anzi, cercava di razionare quello che comprava al villaggio di tanto in tanto in modo da non dover uscire e mettere in pericolo gli abitanti e lei stessa. Si alzò lentamente, riluttante nel lasciare il posto davanti al camino, ma se non voleva morire di fame, era obbligata. Si avvicinò al tavolo, prendendo una mela e portandosela alle labbra, mangiandola velocemente e sbuffando visto che sarebbe dovuta sopravvivere per un mese.

Ormai era abituata, però la fame era difficile da domare e lei non ci riusciva più. Guardò l'altra mela, mordendosi il labbro inferiore e agguantandola di scatto. «Non morirò, non oggi almeno» soffiò, mordendola e sorridendo felice. Continuò a mangiare tranquillamente col sottofondo del fuoco che in qualche modo la faceva sentire in quella casa che tanto aveva amato e dove era cresciuta. Un leggero bussare alla porta la fece quasi soffocare. Sbarrò le palpebre, colpendosi il torace molto forte per cercare di respirare. Quando il pezzo di mela scese lungo la gola, poté finalmente prendere grandi boccate d'aria.

Poggiò il frutto mangiucchiato sul tavolo e si avviò alla volta della finestra, notando l'unica donna che l'aveva sempre aiutata. Sorrise sornione, anche se era strano che fosse lì visto che la giovane le aveva ordinato di non presentarsi frequentemente davanti alla sua porta. In effetti aveva ubbidito alla sua richiesta visto che non la vedeva da un bel po', ma quella sua visita cominciò a provocarle stati d'animo orrendi. Dalla finestra notò l'espressione dell'anziana; era davvero preoccupata per qualcosa. Decise di non farla aspettare oltre e si avviò alla volta della porta, aprendola molto lentamente. Il cigolio che ne uscì le mozzò il fiato. Certe volte quella casa le metteva più paura di qualsiasi altra cosa. Scosse la testa e finalmente la fece entrare velocemente.

Si guardò intorno, non notando nessuna cosa fuori posto, poi chiuse la porta di scatto. Si voltò repentinamente verso l'anziana che aveva già le lacrime agli occhi. «Katherine...» mormorò, allungando la mano rugosa verso il viso della giovane, che non si ritrasse, anzi, chiuse gli occhi e si godette quella carezza che aveva aspettato per tanto tempo. Vivere senza ricevere affetto era la più grande tortura a cui un essere umano potesse essere sottoposto.

Chiuse gli occhi, sentendo che una lacrima leggera percorreva la sua guancia e successivamente anche il collo.
«Elisabeth» soffiò la giovane con voce tremante, riaprendo le palpebre e guardando meglio quella donna che era stata una seconda madre per lei. Non sembrava invecchiata molto, tranne forse per la postura leggermente gobba. Il lungo cappotto che portava doveva essere abbastanza pesante visto che se lo tolse non molto velocemente. Katherine lo prese subito, agganciandolo all'appendiabiti che non era sicura avrebbe retto il suo peso.

Lo appoggiò, felice che invece non era caduto. Si voltò nuovamente verso l'anziana che aveva un bastone su cui poggiarsi. Prima non l'aveva notato. Si morse il labbro inferiore e si sentì dannatamente triste e vederla in quelle condizioni. Lei non avrebbe mai raggiunto quell'età, invecchiava molto lentamente e questa cosa piaceva molto all'anziana donna, sempre affascinata dalla giovane lupa. «Mi servirebbe una mano» commentò Elisabeth, facendole segno che voleva sedersi sul divano che non sembrava la superficie migliore su cui accomodarsi per una della sua età.

Katherine però non disse niente, aiutandola lo stesso a sedersi sul sofà su cui c'erano delle molle che uscivano e di cui non si era resa conto. Scosse la testa e si passò una mano tra i capelli. «Bambina... sei troppo magra, sai che ti posso portare tutte le pietanze che vuoi» affermò l'anziana, facendo segno alla giovane di sedersi al suo fianco. La lupa non poteva di certo permettere che la donna andasse incontro a situazioni spiacevoli per colpa sua, quindi ogni volta negava la sua proposta.

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