Capitolo 33: Il tradimento

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«Peccato che sia invisibile, è questo il grande dilemma Adam» affermò l'uomo, sospirando. Sentiva che Katherine stava ancora bene grazie al legame, ma non poteva sapere se gli ibridi stavano usando qualche trucco per farglielo credere. I due beta sembravano sconsolati, non sapevano cosa dire per farlo stare meglio, e in più Magnus si sentiva in colpa per quello che era successo. «Dobbiamo solo aspettare che ci consegnino quei materiali e poi potremo iniziare a fonderli e formare il Samario.» Sebastian sembrava più determinato che mai, in quel momento si immaginava solo il giorno in cui avrebbe intrappolato Halem per sempre. Si avviò alla volta dell'entrata della Villa e cercò di captare qualche movimento all'interno della foresta. Sfortunatamente sembrava tutto tranquillo e aveva come l'impressione che gli ibridi non avrebbero più attaccato per un po'. C'era una domanda che però continuava a porsi: Perché Halem non ha subito ucciso Katherine ma l'ha rapita? Non sapeva cosa pensare, ma di sicuro quel mostro aveva in mente qualcosa di orribile. Con l'aiuto di tutti i continenti i materiali sarebbero arrivati molto velocemente, almeno lo sperava. Incrociò le braccia al petto, mentre i lupi che passavano dietro di lui borbottavano cose tipo: «L'ho sempre detto che non sarebbe stato in grado di fare l'Alpha», «Ha perfino accettato un'ibrida nel branco». Il Re non fece niente e rimase ad ascoltare in silenzio quello che i suoi lupi avevano da dire. Non gli interessava granché, aveva sempre fatto tutto il possibile per proteggerli, di certo erano dei vigliacchi a voltargli le spalle così.


Nella parte opposta del bosco, in un castello invisibile, Katherine si era appena svegliata sopra un letto molto scomodo e sudicio. Si alzò lentamente e mise meglio a fuoco la stanza, notando che c'era solo quel letto. Il pavimento era molto sporco, così come il resto della camera. Deglutì e si accarezzò la pancia. Non le avevano fatto del male, ed era già un bel punto a suo favore. Chiuse gli occhi e tentò di contattare Sebastian, ma sembrava che qualcosa glielo impedisse, Sarebbe stato troppo semplice, in fondo. «Ti sei svegliata a quanto vedo» sussurrò una voce che aveva imparato a conoscere. Si guardò intorno e capì che era invisibile, così si sedette sul letto, ignorandolo. «Katherine, l'unica a essere scappata da me» sussurrò ritornando a essere visibile. Aveva un ghigno stampato sul volto che fece rabbrividire la bionda. «Quella notte ero così arrabbiato per non averti ucciso, ma forse era destino, era il fato che voleva che ci incontrassimo di nuovo.» Sorrise sghembo e si sedette al suo fianco. «Mi domando che aspetto potrebbe avere tuo figlio. Triste... sì, è triste non poter conoscere il proprio figlio» disse allargando ancora di più quello che non poteva definirsi un sorriso. «Non ucciderai mai mio figlio, non lo permetterò» affermò sicura Katherine, alzandosi e allontanandosi da lui. Anche se non sapeva come avrebbe fatto, suo figlio sarebbe nato illeso e al sicuro.

Anche se quell'uomo le faceva immensamente paura, sentiva che non la poteva toccare, non ora almeno. Lo guardò negli occhi, trattenendo il fiato nel vedere così tante cicatrici in tutto il suo corpo. «Come hai fatto a portarmi qui?» domandò trattenendo un conato di vomito. Quella situazione era troppo per lei, troppo per qualsiasi essere umano o soprannaturale. Non aveva nemmeno il coraggio di sputargli in faccia tutto il dolore che aveva provato a causa sua. «Non posso darti una risposta» rispose divertito nel vedere l'espressione sul volto di lei. «Ma posso dirti che i tuoi genitori hanno sofferto» replicò con tutta la cattiveria che aveva, per poi scoppiare a ridere come un pazzo. In quel momento il cuore della giovane venne stretto in una morsa di dolore che non a fece più nemmeno respirare. Era ovvio che i suoi genitori avessero sofferto, ma sentirselo dire era tutta un'altra cosa. Si passò una mano tra i capelli e tentò di non far cadere le sue difese davanti a lui. Assunse un'espressione impassibile, anche se dentro era come se un tornando avesse distrutto tutto. Halem scosse la testa, e i suoi capelli bianchi gli coprirono metà viso. «Ora devo andare, buona permanenza.» Scoppiò di nuovo a ridere e chiuse la porta a chiave in modo che lei non potesse uscire. Guardò fuori dalla finestra e notò che era troppo in alto per poter saltare giù. Tirò un pugno sul muro, facendosi molto male alla mano e gemendo di dolore.

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